Il cinema odierno è a corto di idee originali. Basta vedere Walt Disney che sta ripropinando solamente sequel e remake in live action dei suoi classici. Il perché è molto semplice: sono soldi facili (l’andamento dal 2010 a oggi si può vedere qui). Senza dimenticare l’acquisizione della Lucas Film, di 20th Century Fox e della Marvel, galline dalle uova d’oro della casa di Topolino (Avengers Endgame è il film che ha incassato di più nella storia del cinema).
Proprio i fumetti sono stati riscoperti dalle trasposizioni cinematografiche. Le più famose sono quelle di Dc Comics (il prossimo 3 ottobre arriverà anche “Joker”) e Marvel, ma non dimentichiamoci Sin City e 300 di Frank Miller, oltre a V per Vendetta di Alan Moore. La qualità delle pellicole non sempre è elevatissima perché gli Studios spesso allungano un po’ troppo il brodo per farci soldi facili.
Anche l’Italia finalmente si è attrezzata, dapprima con “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Il grande successo di quel film, ha provocato una voglia di rinascita nel nostro cinema. Toni Servillo ha convinto l’eclettico fumettista sardo Igor Tuveri, alias Igort, ad esordire al cinema con la sua opera più famosa: 5 è il numero perfetto. Il risultato è nel complesso coerente, folle, ma qualcuno potrebbe trovarlo perfino parziale (nel senso di troppo estetico) o superficiale.
Il suo autore è il direttore di Oblomov Edizioni, ha fondato Coconino Press con cui ha pubblicato, nel 2000, “Sinatra”, una sorta di prequel di 5 è il numero perfetto (qui la recensione del fumetto a cura del nostro Niccolò Bassanello). Uno dei pochissimi autori occidentali ad avere disegnato i manga. Attualmente Igort è il direttore della rivista Linus.
Ideato nel 1994, ma completato soltanto nel 2002, “5 è il numero perfetto“ finalmente al cinema passando per la prestigiosa vetrina del 76° Festival di Venezia (non in concorso, ma alle Giornate degli Autori). Igort non solo ha scritto la sceneggiatura, ma è perfino il regista.
La storia è ambientata a Napoli a partire dal 26 settembre 1972. La cosa si nota fin da subito: Igort, pur essendo sardo, è stato nel capoluogo campano tra le persone. Si vede dalle più lievi sfumature, nell’accurata descrizione dell’ambiente. Inoltre ha voluto che gli attori principali fossero napoletani (Servillo, Golino, Buccirosso). Probabilmente deve averlo colpito la sensibilità di alcuni dei personaggi-simbolo napoletani, come Toto’ e Caruso, omaggiati nella storia. Ma non c’è solo questo: Igort ha saputo cogliere il cambio generazionale al vertice della malavita. Napoli conquistata da personaggi senza scrupoli, da stranieri. Non esistono più i valori, i codici cavallereschi che, una volta, i criminali rispettavano. Chi proviene da quelle zone saprà sicuramente meglio di me capire cosa sto dicendo.
In una Napoli “notturna, piovosa e metafisica” (parole dell’autore) dominata da vie vuote e di ombre riflesse sui muri, la voce di Toni Servillo ci fa da Cicerone. Peppino Lo Cicero (il solito straordinario Servillo) è un killer, vedovo, di seconda classe della camorra ormai in pensione. È costretto a tornare in pista, pianificando una vendetta che provocherà una catena di azioni e reazioni violente. Il figlio Antonino, che fa lo stesso mestiere del padre (anche se con meno passione), infatti è stato ucciso in un agguato. Peppino decide di rimettersi in gioco: dapprima va dal Gobbo (personaggio nuovo non presente nel fumetto) a scegliere l’arma giusta, poi si riunisce con Totò il Macellaio (uno spiazzante Carlo Buccirosso), complice e amico da una vita, e con l’amante Rita, detta ‘a Maestrina perché legge “Il Gattopardo”, che lo ha atteso per tanto tempo. Mentre Totò e Peppino sono due gregari che non diventeranno mai dei leader, Rita sa cosa vuole dalla vita: ha un padre ex criminale, un fratello galeotto, ma soprattutto è l’unica che ha cultura. Seguendo le antiche regole del loro boss, Don Guarino, non mancheranno inseguimenti, esplosioni, rapimenti, sparatorie.
Ma la cosa più importante è espressa dal titolo. Il numero perfetto non è più il 3, come è tramandato da sempre. Come racconta Lo Cicero, suo cugino Lino (che faceva il poliziotto), detto la Tartaruga, gli ripeteva sempre 5 è il numero perfetto. “2 gambe, due braccia e sta faccia. Questa è casa mia“ (potete vedere la scena qui). Tuttavia a ogni inquadratura sembra sostituirsi la “tavola” del fumetto con tanto di suddivisione in 5 capitoli. Eccola la coerenza: 5 capitoli per raccontare una storia. È il dettaglio che fa la differenza, nel disegno, ma anche nell’inquadratura. Igort per la sua opera prima sceglie la strada più difficile perché mescola vari generi: dal noir all’hard boiled giapponese passando per elementi del western alla Sergio Leone. È difficile trovare nel cinema italiano odierno tali raffinatezze.
Anche se Igort purtroppo ha sacrificato qualche sequenza più visionaria del fumetto. Si nota a livello di regia che ci sono alcuni difetti: il contrasto tra campi lunghi e primi piani può andare, ma i rallenty rendono meno fluido il movimento.
Il dramma, seppur velato sotto l’ironia della scuola napoletana, esplode in tutta la sua forza, con forti influenze letterarie e teatrali di Simenon, De Filippo e Checov, passando per il cinema asiatico (John Woo, Tsui Hark) e quello italiano (Corbucci, Leone, Antonioni e Fellini). Senza dimenticare l’exploit di Sin City di Frank Miller. Per Igort “musica, pittura, cinema per me sono vasi comunicanti. Alla fine il cinema si riduce a due elementi, profondità e ritmo. Ho cercato di catturarli e riproporli nel mio film”. Un esempio è il personaggio di Servillo: l’impermeabile bianco indossato da Lo Cicero omaggia Alain Delon in “Le Samoraui” e Bogart di “Casablanca” con look alla Dick Tracy, ma c’è anche un chiaro riferimento a un famoso quadro di Piero Della Francesca conservato nella Galleria degli Uffizi, a Firenze. Il naso di Lo Cicero con la vistosa “gobba” ricorda molto il ritratto di Federico da Montefeltro, duca di Urbino.
In ogni caso il vero valore aggiunto della pellicola è il direttore della fotografia, il danese Nicolai Bruel (che con Garrone sta terminando anche “Pinocchio”, in uscita a Natale). Igort ebbe modo di vedere alcuni fotogrammi inediti di “Dogman” di Matteo Garrone durante la lavorazione del film. Il livello pittorico, i tagli di luce e alcune inquadrature hanno dato l’ispirazione a Igort. Bruel è stato da sempre la prima scelta.
Il film è davvero qualcosa di inedito per il cinema italiano. La cosa si avverte soprattutto in una scena: il lungo pianosequenza che omaggia il cinema di Hong Kong (con la supervisione artistica di Johnnie To), le sparatorie chiaramente coreografate come se fossero dei balletti. Tanta roba, ma manca il sangue, la sporcizia. Si spara tanto, ma Igort sceglie di non rappresentare la violenza come ad esempio fa Tarantino.
Anche i colori fanno la loro nel contesto dell’opera. Nel fumetto la scelta cromatica era incanalata sul dominio del blu e del nero. Nel film invece c’è il blu degli esterni e il giallo ocra degli interni per evocare atmosfere da universo noir. “Ho voluto colori saturi in stile anni ’60, esagerati come quelli del technicolor, volevo quell’energia, quella pasta del cinema. Volevo rivelare una Napoli piovosa, deserta, cupa, fatta di ombre che prevalgono sulle luci. Una potente metafora dell’esistenza” – ha rivelato Igort sulle pagine di “Best Movie”. Napoli sembra così oscura e spettrale come Gotham City.
Quando gli autori del nostro cinema si impegnano, i risultati si vedono. Basta osservare le interpretazioni: (l’eccelso) Servillo e Buccirosso, già insieme con Sorrentino per Il divo e La Grande Bellezza, senza dimenticare la Golino. Sono attori che il cinema internazionale ci invidia.
Vedere per credere.
Regia ***1/2 Fotografia ****
Interpretazioni ***1/2 Sceneggiatura ***1/2
FILM ***1/2
Fonti: Best Movie, Cinematographe, Sentieri Selvaggi, Bad Taste, Cinematografo, Mymovies
5 È IL NUMERO PERFETTO ***1/2
(Italia 2019)
Regia e Sceneggiatura: Igor Tuveri alias Igort
con Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso, Iaia Forte
Fotografia: Nicolai Brufi
Durata: 1h e 40 minuti
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 29 Agosto 2019
Tratto dall’omonima graphic novel di Igort
Presentato alle Giornate degli Autori al 76° Festival d Venezia
Trailer qui
Frase celebre: Quando chiedi a un uomo di uccidere un suo simile devi sapere che ti affidi alle mani giuste. Io ero quelle mani.
Immagine da www.mondofox.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.