Tre quesiti su otto sono stati respinti dalla Corte Costituzionale: eutanasia, cannabis e responsabilità civile diretta della magistratura.
Quesiti troppo vasti, con effetti tali da portare al rifiuto della possibilità di sottoporli al voto della cittadinanza, ha detto il nuovo Presidente di questo organismo, Giuliano Amato, che pure poco tempo prima aveva invitato alla massima apertura per il rispetto delle numerose firme depositate per sostenere il passaggio elettorale.
Restano in piedi cinque referendum sulla giustizia, proposti da un’inedita coppia Partito Radicale – Lega (anche se la forza politica di Salvini si è affermata sugli alleati). Potrebbero decadere nel caso di una tempestiva approvazione di esaustive modifiche nella cosiddetta “riforma Cartabia”.
Lo strumento abrogativo ha avuto ruoli diversi nel corso della storia italiana, ma è sempre stato al centro del dibattito pubblico.
Delle ultime novità si occupa la nostra rubrica a più mani di questa settimana.
Leonardo Croatto
Piergiorgio Desantis
Non è qui il posto per esprimere perplessità giuridiche sui quesiti referendari presentanti rigettati dalla Corte costituzionale. Sarebbe comunque interessante approfondire il quesito portato e le motivazioni del respingimento. Resta, invece, quasi imbarazzante l’afonia parlamentare in materia di fine vita e legalizzazione delle droghe leggere. Entrambi temi polarizzanti ma che necessiterebbero un dibattito pubblico nonché parlamentare di ampio spettro senza posizioni aprioristiche. Quello che appare è una certa ritrosia che la politique politicienne riserva per alcuni temi, magari relegandoli alle urla di talk show televisivo. In ciò si avverte un certo ritardo dell’Italia su alcune questioni che centrano la modernizzazione e l’emancipazione individuale di alcuni diritti civili. Sarà il caso, comunque la si pensi, di principiare il dibattito.
Francesca Giambi
Il vecchio detto “non c’è due senza tre…” in questo caso mi sembra proprio azzeccato. Dopo la rielezione di Mattarella (parlamento “incapace”, dopo Draghi (“re senza corona”), Giuliano Amato (lui che ha voluto la punibilità dei consumatori di droga) presidente della Corte Costituzionale.
E c’è stato davvero qualcuno che ha pensato che fosse un fatto positivo? È stata una nuova sconfitta bella e buona. Sapevano bene la posizione del Dottor Sottile ed è stata sgradevole la conferenza stampa che ha tenuto dopo la decisione dell’inammissibilità dei quesiti referendari. È stato imbarazzante, è stato un intervento politico, sembrava non aver letto bene nemmeno i quesiti, ha fatto esempi che non c’entravano niente con il testo. Questa conferenza è stata definita inusuale anche perché non abbiamo ancora letto le motivazioni. Abbiamo saputo che i quesiti erano scritti male, ma lo sa che si parla di referendum abrogativi e non legislativi?
Dalle sue parole abbiamo finalmente capito, per chi non ci credeva ancora, che si sta parlando di un nuovo soggetto politico che si insinua nel grande silenzio della politica che, come nel caso del fine vita, non è mail riuscita a decidere sui diritti.
Proprio sui diritti la sinistra dovrebbe ritrovare una voce che non ha più. Più di un milione e mezzo di firme per i quesiti sulla giustizia, più di 600 mila per la cannabis… A cosa sono servite? È stato uno schiaffo in faccia! Noi siamo il potere e voi cittadini non contate niente. Uno stato proibizionista, uno stato che non capisce i cittadini, che non comprende i veri problemi, che antepone la propria sopravvivenza schiacciando ogni piccolo dissenso, ogni manifestazione.
È terribile ma è così… E continuano ad aspettare qualche spiraglio di luce…Invece per ora c’è lo shock del Dottor Sottile, che dà lezioni a tutti, come ha detto la Repubblica. Da sottolineare la affermazione di Marco Cappato dopo la conferenza stampa: “La Consulta presieduta da Giuliano Amato ha completato il lavoro di eliminare dei referendum popolari. Dopo l’eutanasia anche la cannabis. Hanno così assestato un ulteriore micidiale colpo alle istituzioni e alla democrazia”. Non voglio entrare nei quesiti della giustizia perché ho trovato vergognoso l’atteggiamento di Salvini… E dire che anche su anche su questi cinque referendum rimasti ci sarà da ridere… I fronti si liquefanno… Presi dalla campagna elettorale. Ma i cittadini meritano questo? La Corte Costituzionale nel 2019 ha consentito il suicidio assistito a determinate condizioni. Allora di cosa ha parlato Amato? D’altra parte penso che non interessi a nessuno se per morire con dignità e poca sofferenza qualcuno sia costretto ad andare in Svizzera, come ha dovuto fare Lucio Magri.
Dmitrij Palagi
Il referendum è uno strumento particolare nel nostro ordinamento, ci è capitato di scriverlo altre volte. La facilità con cui si è arrivati a ottenere le firme necessarie per il quesito sulla cannabis dice quanto sia sensibile la cittadinanza su questo tema, anche se le posizioni conservatrici e proibizioniste devono essere fondate su un consenso reale (perché in politica difficilmente si tiene una posizione impopolare a lungo, senza pagarne le conseguenze).Il tema dell’eutanasia registra da tempo una “doppia reazione”: grande comprensione per i singoli casi, forte preoccupazione per il principio generale.
I quesiti sulla giustizia sono un capolavoro politico della Lega, ai danni del Partito Radicale (ideatore dell’iniziativa, ma poi completamente sparito rispetto al protagonismo di Salvini). Diverse indiscrezioni parlano di un passaggio parlamentare per annacquare l’iniziativa. La conferenza stampa di Amato è stata irrituale, mentre dal sito della Corte Costituzionale arrivano i podcast sulle sentenze che hanno cambiato la storia. La politicizzazione della carica del Presidente della Repubblica pare allargarsi a un altro ambito del sistema italiano, quasi il diritto stesse cambiando la sua natura, anche a livello massimo.
In attesa di comprendere meglio le ragioni specifiche dei no e su cosa il Paese sarà chiamato a votare, le forze politiche dovrebbero urgentemente confrontarsi con il mondo accademico e l’associazionismo democratico, per capire dove stiamo andando. Sempre che ci sia una direzione comune e non un protagonismo di singoli pezzi dello Stato, in tempi di costante esibizione mediatica.
Jacopo Vannucchi
Il tempo sembra dispensare le proprie lezioni con ironia. Dopo aver per mesi gridato all’attentato antidemocratico contro presunte manovre per rinviare o cassare il referendum, si è scoperto che i promotori del quesito sulla cannabis hanno fatto tutto da soli. A meno di non voler pensare, solo per un attimo, che la legalizzazione della produzione privata degli oppioidi rientrasse deliberatamente in un più ampio disegno libertario.
Al di là della maggiore o minore capacità di scrivere un quesito referendario, e al di là dei temi dei cinque quesiti ammessi, restano due questioni che è degno affrontare.
I quesiti riguardanti l’omicidio del consenziente e la produzione privata dei cannabinoidi sono stati definiti, non solo dai promotori ma anche da alcuni commentatori, “i più popolari”. Sono in effetti accomunati da un’esigenza di estensione della libertà individuale a danno sempre maggiore della responsabilità sociale; esprimono cioè un’affermazione di diritti che non solo prescinde totalmente dai doveri, ma si confonde sempre più spesso con pretese e desideri.
Non penso certo che si possa porre sul medesimo piano l’esigenza di sballarsi tramite droghe e quella, molto più seria, di evitare l’accanimento terapeutico e di scegliere in autonomia come e quando abbreviare un’esistenza incatenata senza speranza a una malattia terminale. Quest’ultima esigenza ha evidentemente un contenuto di dignità umana che alla prima è totalmente ignoto. Ma nel modo in cui i due quesiti hanno entrambi acquisito popolarità, il focus è il medesimo: l’individuo è il giudice supremo di se stesso e non è vincolato da legami se non da quelli che esso decide di intrattenere.
La seconda questione riguarda l’istituto referendario. In molti, e la voce più autorevole è forse quella della senatrice Bonino, hanno lamentato l’assenza in Italia del referendum propositivo e la difficoltà di usare quello abrogativo per addivenire a una soluzione legislativa democratica. Purtroppo sfugge che secondo la Costituzione il potere legislativo spetta non al popolo, bensì al Parlamento. Il che non significa che alla popolazione sia interamente preclusa la possibilità di legiferare: esistono le leggi d’iniziativa popolare; anzi, se il 4 dicembre 2016 la riforma Renzi-Boschi fosse stata approvata dal popolo oggi il Parlamento avrebbe l’obbligo costituzionale di discuterle. Ma il popolo ha voluto che non ce l’avesse, e infatti non ce l’ha.
Però l’uso del referendum a fini legiferativi, tanto da richiedere l’istituzione di quello propositivo, è anche un sintomo. Un sintomo dell’incapacità dei partiti di legiferare efficacemente in Parlamento. D’altronde, è forse possibile, quando il Parlamento è alle prese con la riforma di regolamenti e commissioni per far fronte alla propria automutilazione? O quando in Parlamento siedono persone che rispondono a partiti che sopravvivono grazie al finanziamento privato? La popolazione avrebbe certamente più possibilità di farsi sentire se potesse contare su partiti finanziati pubblicamente e su un Parlamento ampio e rappresentativo. Ma nell’ordine di priorità sembra che questo venga dopo la coltivazione di cannabis nel tinello.
Alessandro Zabban
Difficile, per chi non è esperto in materia, poter prendere posizione sulla decisione della Consulta in merito alla bocciatura dei referendum sull’Eutanasia e la Cannabis. Ha stupito l’attacco molto duro che i principali esponenti del comitato promotore di queste due battaglie hanno lanciato contro la Corte Costituzionale, con Marco Cappato che ha addirittura parlato di “killeraggio incostituzionale”. D’altra parte ha anche sorpreso la bocciatura di entrambe le proposte dopo che Amato aveva affermato preventivamente che la Consulta non sarebbe andata a cercare il pelo nell’uovo sui quesiti.
Al di là delle polemiche sulle bocciature, emergono comunque due tipologie di questioni. Da una parte la necessità di rendere più semplice poter presentare una proposta referendaria. La firma online ha rappresentato una novità importante ma non è certo risolutiva nell’estendere l’unico strumento di democrazia diretta nel nostro paese.
Dall’altra parte, la questione sul referendum non solo abrogativo ma anche propositivo, riforma attualmente arenata in Parlamento dopo una prima approvazione alla Camera, si intreccia con il ruolo che deve avere il Parlamento nella nostra democrazia.
Secondo Habermas in una democrazia matura il Parlamento ascolta i desideri popolari che vengono dal basso e ha il compito di tramutarli in legge. Ora, non ci sarebbe bisogno di un referendum propositivo se il Parlamento si impegnasse a recepire i segnali che vengono dagli elettori, o quantomeno a discuterne seriamente. Di eutanasia e cannabis legale se ne parla in Italia da molti anni. È allucinante che un parlamento con una maggioranza di forze che si ritengono progressiste non provi quantomeno a dare delle risposte, dopo la marea di firme raccolte.
Immagine da flickr.com
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