Quest’anno si celebra il primo secolo e mezzo dell’incredibile intuizione di Mendeleev; un’occasione per capirci qualcosa in più.
Quando Dimitrji Ivanovic Mendeleev ritagliò le carte con i 63 elementi conosciuti e iniziò a disporle secondo il loro peso atomico crescente, seguendo i calcoli del chimico italiano Stanislao Cannizzaro, si rese conto che le proprietà chimico-fisiche degli elementi seguivano un pattern ricorrente, come se perfino le proprietà degli elementi ancora da scoprire potessero essere previste. Questa enorme scoperta, detta Legge della Periodicità1, fu il lampo che mise in moto gli ingranaggi nella testa del chimico di origini siberiane e lo portò a disegnare quella che è ancora oggi, con poche e lievissime correzioni, la Tavola Periodica degli Elementi.
La storia della Tavola però non iniziò qua, bensì molto più indietro nel tempo, con le radici affondate nell’antichità, in un mondo dove la chimica ancora non esisteva. Infatti, molto prima di Gesù e dell’Impero Romano, erano noti almeno una decina di elementi (Carbonio, Ferro, Oro, Argento, etc), senza che esistesse una vera e propria scienza che li studiasse, mentre con l’avanzare del tempo altri furono scoperti, in special modo tra il Medioevo e il XVI secolo, grazie alla nascita dell’alchimia, la pseudoscienza antenata della chimica.
La svolta arrivò solamente grazie a Robert Boyle nel 1661 ed al suo trattato Il Chimico Scettico2, considerato come la pietra fondante della Chimica moderna e la sua elevazione a scienza autonoma e indipendente. In questo scritto Boyle affidò al protagonista il compito di scremare dalla chimica le credenze tipiche dell’alchimia e di applicarvi il metodo scientifico. Così, con il passare da una pseudoscienza dedita alle credenze e alle arti magiche ad una scienza moderna e compiuta, Boyle segnò la nascita della chimica.
Boyle tracciò però solo l’inizio di un’epoca, mentre la strada era ancora molto lunga. Il passo successivo avvenne nel 1789, in piena Rivoluzione Francese. In quel anno Antonie Lavoisier pubblicò il Traité Élémentaire de Chimie, il primo vero trattato di chimica moderno, che conteneva una prima versione della legge di conservazione della materia (“rien ne se perd, rien ne se crèe”, niente si crea, niente si distrugge), la confutazione della teoria del flogisto sulla combustione, retaggio dell’alchimia, e una prima schematizzazione dei 33 elementi conosciuti fino a quel momento.
Lavoisier divise gli elementi in gas, metalli, non metalli e terrosi, lasciando però tra essi anche la luce e il calore, considerati ancora erroneamente come cose materiali e quindi al pari degli elementi. Questa prima classificazione, seppure molto approssimativa, spinse con decisione la chimica verso la ricerca di un sistema compiuto di schematizzazione degli elementi.
Non possiamo sapere come il chimico francese avrebbe potuto contribuire ancora a tale studio, dato che fu ghigliottinato a soli 51 anni per via della sua nobile origine, per il suo incarico come esattore della monarchia e per alcuni contrasti con importanti esponenti del Governo Rivoluzionario. Una cosa però è certa: il giudice che lo condannò, un certo Jean-Baptiste Coffinhal, sentenziò, con una frase quanto mai profetica oggi, “La République n’a pas besoin de savants” (La Repubblica non ha bisogno di saggi). Chi vuol capire, capisca.
Nel XIX secolo lo studio sulla sistematizzazione proseguì di pari passo con la scoperta di nuovi elementi: Johann Wolfgang Döbereiner nel 1829 propose una classificazione basata su triadi di elementi con proprietà simili3, mentre negli anni ’40 e ’50 altri chimici lavorarono partendo da questa base per elaborare teorie e schemi, sempre riguardanti gruppi parziali di elementi. In contemporanea altre teorie nascevano, come quella di Kekulé sul numero di legami che ogni atomo può formare, e prime bozze di sistemi periodici venivano pubblicate, come quello proposto dal chimico francese Alexandre-Émile Béguyer de Chancourtois, il primo in cui si sottolineava la periodicità di alcune proprietà degli elementi.4
Propedeutiche all’intuizione di Mendeleev, altre scoperte vanno ricordate per rendere giustizia a questo enorme sforzo collettivo: intorno al 1864 furono pubblicate due tavole, la prima a cura di Julius Meyer, vedeva ordinati 44 elementi in base alla valenza (il numero di legami massimo che un atomo può formare), mentre la seconda, redatta da William Odling, disponeva 57 elementi in base al peso atomico. In entrambe venivano sottolineati il ripresentarsi ciclico di alcune proprietà, senza però che l’argomento venisse approfondito nel dettaglio.
Altri scienziati, come l’inglese John Newlands e il danese Gustavus Hinrichs proseguirono lo studio di razionalizzazione degli elementi noti tra il 1863 e il 1867, ancora una volta rilevando un certo ritorno periodico delle proprietà, ma senza riuscire a dare alle loro tavole una forma definitiva. Newlands provò a enunciare una legge, nota come Legge delle Ottave, per spiegare questo comportamento degli elementi paragonandolo alle ottave musicali, ma il suo articolo venne rigettato dalla Chemical Society.
Così, alla fine, fu il russo Mendeleev a dipanare la matassa, grazie ai suoi cartoncini e, così dice la leggenda, ad un sogno rivelatore. Sistemati gli elementi in ordine di peso, il chimico siberiano riuscì a dare un senso alle proprietà di ognuno dei 63 elementi noti grazie alla più banale delle intuizioni: lasciando vuote le caselle che non avevano un elemento con proprietà adatte. In fondo non era assolutamente sicuro che non esistessero altri elementi da scoprire, quindi perché fissarsi solo su quelli conosciuti senza considerare quelli che avrebbero potuto esser scoperti? Nello stesso periodo anche Meyer pubblico una tavola periodica molto simile a quella di Mendeleev, ma senza lasciare spazi vuoti e senza considerare, nel riempimento, prioritarie le proprietà rispetto al peso atomico. Per questo motivo la tavola periodica che ancora oggi viene usata è quella del chimico russo e non quella del tedesco.5
La tavola periodica, originariamente, vedeva gli elementi organizzati in base alle loro proprietà chimico-fisiche e per questo motivo favorì in maniera decisiva la scoperta degli elementi che si ipotizzava esistessero (es. Gallio e Germanio). In un secondo momento, con lo sviluppo delle teorie atomiche la tavola cambiò pochissimo, proprio perché l’osservazione sperimentale di Mendeleev e la sua razionalizzazione riflettevano alla perfezione ciò che veniva scoperto o dimostrato successivamente.
Al giorno d’oggi gli elementi sono numerati in base al numero di protoni presenti nel nucleo (numero atomico, A), non più per peso atomico, e vanno dall’idrogeno (A=1) all’oganesso (A=118). Gli elementi si ripetono in righe, chiamati periodi, che presentano una struttura elettronica similare e in colonne, dette gruppi, con proprietà simili. In base alla posizione nella tavola possono essere predette con estrema precisione molte proprietà chimiche e fisiche, proprio come era nei migliori auspici dei tanti chimici che tentarono, prima di Mendeleev, la razionalizzazione della conoscenza degli elementi chimici.
Da 1869 ad oggi la chimica ha fatto enormi balzi in avanti, soprattutto grazie a tecnologie sempre più avanzate. La tavola periodica odierna, che conta ben 118 elementi, di cui circa una ventina ottenuti per via sintetica, mantiene la stessa linea logica che aveva 150 anni fa e questo riflette l’importanza enorme che l’intuizione di Mendeleev ha avuto nel capo della chimica, della fisica e delle scienze tutte.
Una questione molto discussa resta sul tavolo: esiste un limite alla tavola periodica? E in caso positivo, qual è? In merito a ciò esistono varie teorie, che coinvolgono la complessità dei sistemi atomici e la visione quantistica e relativistica della fisica. Una delle più accreditate teorie6, sostenuta ad esempio da Richard Feynman, è che non possa esistere un elemento con più di 137 protoni perché il più esterno degli elettroni in orbita attorno a tale nucleo dovrebbe viaggiare con una velocità superiore a quella della luce, violando la relatività, per non collassare sul nucleo. Sicuramente oggi questo è un argomento di acceso dibattito scientifico, che vedrà impegnati i chimici e i fisici per molti decenni ancora.
Nel frattempo possiamo celebrare i primi 150 anni della Tavola di Mendeleev, una scoperta fondamentale per la scienza, uno strumento che troppo spesso vediamo senza darvi molta importanza.
Immagine di Antonio Ciccolella ripresa liberamente da commons.wikimedia.org
- https://www.scientificamerican.com/article/the-periodic-law/ ↑
- https://www.nature.com/articles/469030a ↑
- Eureka!: Scientific Breakthroughs That Changed The World, New York, John Wiley, 2002, ISBN 978-0-471-23341-1, OCLC 5076682 ↑
- http://corrosion-doctors.org/Periodic/Periodic-de-Chancourtois.htm ↑
- https://www.chemistryworld.com/features/the-father-of-the-periodic-table/3009828.article ↑
- https://www.smithsonianmag.com/science-nature/when-will-we-reach-end-periodic-table-180957851/ ↑
Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull’Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!