Il teatro Puccini stipato ha dato l’ennesima riprova del trasporto, emotivo e insieme politico, con cui donne e uomini di ogni età stanno accompagnando la lotta operaia delle tute blu GKN. L’occasione dell’assemblea aperta alla cittadinanza indetta dal Collettivo di Fabbrica era duplice: tenere accesi i riflettori sulla vertenza evitandone la “normalizzazione”, come ha efficacemente spiegato Dario Salvetti, generalizzando e unificando in parallelo le lotte in corso da un capo all’altro della penisola, fino ad arrivare a uno sciopero generale, e misurare la pressione in vista dell’odierna manifestazione di Roma in occasione del G20.
Il risultato è stato ben più che confortante, visto che all’alba di oggi [29 ottobre, ndr] sono partiti pullman su pullman, sia dallo stabilimento di Campi Bisenzio che dagli altri abituali punti di raccolta della città, con la Rete degli studenti medi e gli Studenti di Sinistra dell’ateneo in prima fila a raccogliere adesioni per il viaggio.
Se poi l’immancabile striscione “Insorgiamo”, che naturalmente abbelliva il palco del teatro, è diventato nell’immaginario collettivo il simbolo comune delle realtà studentesche, operaie e sindacali che muovono in perfetto accordo la contestazione, civile, ai “grandi del pianeta”, non resta che prendere atto ancora una volta della contagiosità positiva (una tantum) innescata dai 500 lavoratori e lavoratrici GKN che non accettano la chiusura immotivata della loro fabbrica.
“Perché noi abbiamo le capacità per condurre l’azienda – ancora Salvetti – come e anche meglio di quanto successo fino allo stop della produzione”.
Aprendo così un circolo virtuoso che ha portato al Puccini, dopo il monologo d’apertura di Gaia Nanni. i volti e le voci di tante altre realtà, da Alitalia alla Piaggio, dai portuali di Genova ai familiari delle vittime della strage di Viareggio, dagli studenti di Fridays For Future all’esercito dei lavoratori precari della cosiddetta “economia di mercato”. Tutti applauditssimii da una platea attenta e coinvolta, compresi i giuristi progressisti (Capialbi, Conte, Orlandini, Solimeno) artefici delle “legge operaia” anti delocalizzazioni, per oltre tre ore.
È dalle loro parole, e ad esempio dai racconti di chi come la versiliese Daniela Rombi ha visto straziata la figlia Emanuela a causa dell’endemica insicurezza sul lavoro in Italia, che si può misurare la distanza sempre più grande fra la vita di ogni giorno e l’algida competenza di un governo “dei migliori” che però è spesso dimentico di quanto il lavoro esiga diritti e tutele, dignità e salari che facciano arrivare decentemente a fine mese. Per diventare davvero quel “valore aggiunto” per il paese, sempre richiamato dalle più alte istituzioni.
Al Puccini si entrava con il green pass, e chi aveva fatto il tampone per partecipare è stato rimborsato attraverso la Cassa di Resistenza GKN. Pochissimi sono rimasti fuori.
Perdendosi, fra i tanti, ammesso che fossero interessati, l’intervento di Carlotta del coordinamento donne GKN, che prima della pandemia aveva lasciato il lavoro avendo il marito in fabbrica. “Uno stipendio c’era e ci bastava – ha ricordato – poi a luglio è cambiato tutto e sono tornata a lavorare, in una fabbrica metalmeccanica. Da precaria e senza prospettive, perché se va bene mi rinnovano il contratto a tre mesi. Ma alle mie compagne va peggio, tante sono immigrate e sono costrette a subire ogni sorta di molestia, anche sessuale, per mantenere la famiglia qui e mandare qualche soldo al loro paese”.
Alla fine una signora sempreverde si è alzata dalla sua poltroncina rossa ed è andata ad abbracciarla. Dagli applausi è cascato il teatro.
Apparso su Il Manifesto in data 30.10.2021
Lanciando una nuova manifestazione per sabato 20 novembre insieme agli studenti, le tute blu GKN dicono di non essere troppo preoccupate dalla direttiva Lamorgese, comunque definita da Dario Salvetti «autoritaria e furbesca», perché in questi quattro mesi di vertenza e di cortei l’intera cittadinanza dell’area fiorentina è sempre stata al fianco degli operai.
Al tempo stesso il Collettivo di Fabbrica, con un lungo intervento su Facebook, lancia una proposta per il recupero di una serie di stabilimenti in dismissione o a rischio chiusura. Un progetto per la creazione di un polo pubblico che effettui ricerca nel settore auto, per nuove tecnologie ad emissioni zero. Il Collettivo chiede così la nazionalizzazione della fabbrica, nell’ambito di «un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di mobilità sostenibile che parta dagli stabilimenti Stellantis in dismissione, passi per le acciaierie, arrivi a GKN, recuperi la ex Irisbus e Bekaert, che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto realmente ad emissioni zero, esplorando tecnologie alternative alla stessa auto elettrica la quale determina, potenzialmente, una follia estrattiva. Si creino task force per la reindustrializzazione pubblica nelle università, si stimolino brevetti pubblici, si trasformi da subito GKN in un laboratorio socialmente e produttivamente integrato con tutto questo».
Non viene dimenticata la spada di damocle di una nuova procedura di licenziamento collettivo dei 422 addetti diretti di Campi Bisenzio: «GKN ha fatto sapere che non riaprirà la procedura di licenziamento a novembre, questo implica che si prepara a farlo a dicembre. Ma se GKN la riaprirà promettiamo rabbia, per le strade e per le piazze. E scusaci Firenze per qualsiasi disagio».
Infine, quanto alla trattativa al MiSE, gli operai GKN offrono la loro chiave di lettura: «Possiamo sperare in un buon accordo in sede ministeriale? Certamente, cercheremo di ottenerlo. Ma il passato è pieno di casi in cui le stesse multinazionali hanno violato e si sono rimangiate accordi firmati. Non è questa la storia di Whirlpool? Possiamo allora affidarci all’ammortizzatore per guadagnare tempo? Potrebbe essere un passaggio necessario. Ma la storia del paese non è forse pieno di aziende cotte a fuoco lento e poi chiuse a suon di ammortizzatori?».
Per certo, chiude il Collettivo di Fabbrica, «l’azienda non ha alcun interesse a lasciare uno stabilimento in continuità produttiva. E la recente storia è piena di aziende morte in attesa del compratore che è sempre dietro l’angolo ma non arriva mai. Noi non vogliamo attendere, né essere prima campati e poi soppressi ad ammortizzatore. Chiediamo di essere nazionalizzati e di essere rimessi al lavoro». Anche se non ci si fanno troppe illusioni: «Anche in questo caso facciamo i conti con le vergognose nazionalizzazioni di Mps, Ilva, Alitalia: nazionalizzazioni a perdere, o peggio usate come nel caso di Alitalia per una operazione di ricatto sociale».
Apparso su Il Manifesto in data 12.11.2021
Immagine di Valentina Ceccatelli da flickr.com
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.