Ecco il sequel di Benvenuto Presidente che prende spunto dalle ultime elezioni
Premessa
Devo ringraziare l’attore e concittadino Antonio Petrocelli, alter ego del presidente Mattarella nel film, che mi parlato di questo progetto (senza svelarmi parti di trama o quant’altro) poco prima di partire per Torino per le riprese.
Prendendo spunto dal filone della commedia americana politica stile Vice di Adam McKay, anche in Italia ultimamente i film sulla politica stanno tornando alla ribalta. Prima con l’ironico remake Sono tornato di Luca Miniero su un ipotetico ritorno di Mussolini ai tempi nostri, poi con il primo cinepanettone di Vanzina targato Netflix, Natale a 5 stelle, e la commedia Moriremo tutti democristiani del Terzo Segreto di Satira. Senza dimenticare il doppio film di Paolo Sorrentino su Berlusconi e i suoi seguaci in Loro (parte 1 e parte 2) e l’ottimo Viva la libertà di Roberto Andò).
E poi presto arriveranno film più impegnati e meno satirici come Il traditore di Marco Bellocchio sul pentito di mafia Tommaso Buscetta (dato per probabile al prossimo Festival di Cannes) e “Hammamet di Gianni Amelio che parlerà di Bettino Craxi. Entrambi i protagonisti saranno interpretati da Pierfrancesco Favino (qui le prime foto dei rispettivi film).
Adesso tocca al sequel di un film che fece molto bene al botteghino: Benvenuto presidente.
Nel 2013 il regista Riccardo Milani (marito di Paola Cortellesi) portò sullo schermo una commedia politica molto interessante. Non era poi così lontano dallo stile grottesco di Andò, Bellocchio e Sorrentino, ma sicuramente meno graffiante. Benvenuto Presidente era una commedia piacevole che ci parlava di un cittadino qualunque, di nome Giuseppe Garibaldi, che veniva eletto Presidente della Repubblica italiana per scherzo.
Sinistra, destra e centro infatti non volevano assumersi responsabilità sul disfacimento del Paese. Così per burla decisero di eleggere Giuseppe Garibaldi. Il problema è che esisteva un cittadino con età superiore ai 50 anni che era omonimo del celebre patriota e condottiero risorgimentale. Il film alludeva all’ascesa del Governo tecnico (Mario Monti divenne presidente nel novembre 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi) e alla crisi dei partiti politici tradizionali.
Quel film, per i livelli del cinema italiano contemporaneo, era molto interessante, aveva delle buone invenzioni di sceneggiatura e degli attori molto in parte (Bisio e soprattutto la Smutniak).
Indigo Film e Vision Distribution, con lo sceneggiatore del primo episodio Fabio Bonifacci, dopo diversi tentativi hanno avuto un’idea: far tornare alla ribalta Giuseppe Garibaldi ai tempi del Governo giallo/verde.
Sì perchè realtà e finzione tendono a confondersi sempre più spesso.
6 anni dopo l’elezione al Quirinale, Peppino Garibaldi (Claudio Bisio) si gode la vita con la moglie Janis (Sarah Felberbaum che sostituisce Kasia Smutniak, ma purtroppo non è all’altezza) e la figlia Guevara.
Il primo episodio si concludeva con il matrimonio. Janis era incinta. Proprio nel mezzo della cerimonia, Peppino riceverà una chiamata misteriosa dal Vaticano. Lo vogliono eleggere Papa (Ratzinger si dimetterà proprio nel 2011), ma lui preferisce godersi la vita.
Il secondo episodio ricomincia da qui, ma al timone non c’è più Riccardo Milani. Ecco i giovani rampanti Stasi e Fontana (già autori dell’apprezzata black comedy Metti la nonna in freezer), provenienti dalla scuola del programma tv Un, due, tre stella di Sabina Guzzanti. La differenza si nota subito: mentre il film di Milani aveva la sua centralità su Bisio e sull’interazione fra gli attori, qui c’è più coralità. Ma soprattutto si ride in maniera molto amara. La finzione è già diventata realtà. Attori, sceneggiatori, registi, montatori, direttore della fotografia lavorano sul messaggio che si vuole dare: finzione e realtà si scambiano i ruoli continuamente. Ed ecco infatti perchè il film cambia vari registri: dalla favoletta iniziale alla farsa, passando per la spy story e sprazzi “fantascientifici”. Anche perchè nel finale si sente l’influenza di antiche lezioni di cinema di John Landis e soprattutto dei Monty Phyton.
Partendo dallo stallo post elezioni del 4 marzo 2018, lo sceneggiatore Fabio Bonifacci ha scritto un istant movie della situazione attuale del Paese. È in parte una riflessione sull’attualità, ma molti lo vedranno come un film di “fantascienza” nel senso di proiezione futura (il finale medita non solo su come ci siamo ridotti, ma anche sulle ripercussioni di tutto ciò). Perchè, come dice Bisio in conferenza stampa, “è rivolto a quelli che si sono stufati dell’odio reciproco, in un mondo dove i social network, da questo punto di vista, non aiutano”.
Uno degli obbiettivi più evidenti del film rispetto al primo episodio è sicuramente il cambio di rotta: nel film di Milani i sondaggi erano l’elemento fondamentale, qui invece lo sono i social. La comunicazione è tutto nella politica di oggi. Ci sono persone che sono costrette a seguire la narrazione (o storytelling) che finiscono per snaturare se stesse. Il personaggio di Calabresi, in particolar modo, è descritto come una persona bipolare che diventa una scheggia impazzita non appena viene ripreso da una telecamera. Ma stavolta anche il premier non è un puro, ma uno che pecca di egoismo e interesse personale.
Infatti Peppino preferisce la quiete della montagna agli impegni politici, mentre naturalmente la rampante Janis non è d’accordo. “La vita è questa, tanto dicono sempre le solite cose” – sostiene il primo.
Janis, richiamata dagli impegni al Quirinale, lascia Peppino e parte per Roma con la figlia. Il buon Garibaldi si presenta dal Presidente della Repubblica (interpretato dal concittadino Antonio Petrocelli) con l’intenzione di farsi eleggere premier. In realtà è per ricomporre la frattura con Janis e la figlia.
Questa volta dovrà accettare il compromesso tra due vice importanti: un alto rappresentante del Partito dei Guerrieri (interpretato da un bravissimo Paolo Calabresi) e quello del Partito dei Candidi (interpretato da Guglielmo Poggi di Smetto quando voglio). L’idea dei due vicepremier è quella di manovrare Peppino come un burattino. Soprattutto Calabresi tratteggia un alter ego molto calzante di Salvini e della sua “dialettica da bar”. A tal proposito c’è una scena molto riuscita in merito alla questione che dovrebbe far meditare.
«Il problema è che tutti e due vorrebbero fare il Presidente del Consiglio, litigano, non trovano l’accordo e alla fine trovano un cretino, che sono io», ha scherzato Bisio con la stampa.
Ovviamente tutto è differente dall’attualità politica. Ogni riferimento a Conte, Salvini e Di Maio è puramente casuale.
Talmente casuale che il capo del partito dei Guerrieri ha una certa passione per le felpe, mentre l’altro vice rivela a Garibaldi che il liceo non l’ha mai fatto. Mentre il leader dell’opposizione di Sovranità Democratica, Vincenzo Maceria (Marco Ripoldi del Terzo segreto di satira), arriva alle consultazioni con la Delorean di Ritorno al futuro. Il riferimento rimanda chiaramente a Renzi. Gli sceneggiatori hanno preso spunto da una foto dell’ex segretario del PD alla convention della Leopolda (qui trovate una immagine per rinfrescarvi la memoria).
Naturalmente oltre a loro, però, ci sono i “dinosauri” della vecchia politica (Cesare Bocci e Massimo Popolizio) e un’attrice non protagonista da non sottovalutare. I registi raccontano che un giorno mentre giravano a Montecitorio hanno incontrato la star del web che ha urlato “Maledetti!” durante la diretta su Sky (qui). La signora però ancora non era famosa. Stasi e Fontana hanno raccontato che il suo urlo era talmente potente che avevano scelto di cancellarlo, ma poi hanno deciso di reintegrarlo in post produzione, dopo la famosa diretta di Sky.
Nel complesso Bentornato Presidente! non è un certamente un capolavoro, sicuramente non è ai livelli delle commedie di Monicelli e Risi, ma almeno si sforza di trovare dei guizzi per uscire dal solito pantano della retorica. C’è un intento, una costruzione dei personaggi, una voglia di far vedere che il cinema italiano, con tutti i suoi difetti, può ancora dire la sua.
Basterebbe questo per promuovere il film, ma c’è qualcosa di più.
Su La Stampa di giovedì 28 marzo, Fulvia Caprara fa notare una cosa fondamentale. Per la prima volta, in tempi in cui la gente crede nello slogan “prima gli italiani”, il cinema va in controtendenza dicendo che la vera casta non sono i politici, ma è lo smemorato popolo italico. Prendete i “furbetti”, gli evasori, i finti invalidi e quant’altro: che piaccia o non piaccia sono loro a decretare il livello medio di riferimento della popolazione del Paese.
Coloro che vengono eletti non sono altro che il riflesso di chi rappresentano. Al netto di chi si astiene che (involontariamente ?) finisce per dare ragione alla minoranza che ancora va a votare.
Bentornato Presidente
Paese: Italia, 2019
Genere: Commedia
Regia: Giuseppe G. STASI e Giancarlo FONTANA
Sceneggiatura: Fabio BONIFACCI
Cast: Claudio BISIO, Paolo CALABRESI, Antonio PETROCELLI, Pietro SERMONTI, Sarah FELBERBAUM, Massimo POPOLIZIO, Cesare BOCCI, Guglielmo POGGI, Ivano MARESCOTTI, Marco RIPOLDI
Fotografia: Gian Enrico BIANCHI
Durata: 1h e 36 minuti
Produzione: Indigo Film e Vision Distribution
Distribuzione: Vision Distribution (500 copie in tutta Italia)
Uscita italiana: 28 Marzo 2019
Backstage qui
La frase cult: Io me ne fotto! Stampiamo 200 miliardi. Se all’Europa non va bene, li mandiamo a cagare, almeno producono qualcosa di organico.
Immagine di copertina da news.cinecitta.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.