Di fronte a un ministero dello Sviluppo economico che con la viceministra pentastellata Alessandra Todde batte un colpo, convocando per giovedì [15 luglio, ndr] una prima riunione per chiamare i vertici aziendali e i padroni del fondo inglese Melrose a rispondere della chiusura a freddo della GKN di Campi Bisenzio, si muovono anche i sindacati.
“Stiamo organizzando proprio per giovedì – anticipa Daniele Calosi che guida la FIOM CGIL di Firenze – al massimo per venerdì, uno sciopero generale di tutte le categorie dei lavoratori della provincia”. Una reazione che fa il paio con l’ordinanza che introduce il divieto di avvicinamento dei mezzi pesanti al perimetro aziendale della fabbrica.
“Da lì non uscirà nemmeno una vite – assicura il sindaco campigiano Emiliano Fossi – ed è un segnale amministrativo e politico chiaro: non accettiamo lo smantellamento dello stabilimento”.
Intanto va avanti l’assemblea permanente dentro la fabbrica, iniziata venerdì [9 luglio, ndr] dopo l’annuncio via mail dei 422 licenziamenti dei dipendenti diretti, di un altro centinaio dell’indotto primario (dalle pulizie alla mensa), e nei fatti di tanti altri operai le cui ditte lavoravano per conto del grande sito produttivo di componentistica auto.
“C’è un presidio costante dei dipendenti – spiega ancora il sindaco dem Fossi – che stanno portando avanti la loro legittima battaglia in modo dignitoso e corretto. E c’è un continuo flusso di cittadini, che portano cibo e bevande ai lavoratori, e di rappresentanti istituzionali”. Fra i tanti, da segnalare la visita di Giorgio Cremaschi e Francesca Conti di PaP, mentre Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana ha fatto una interrogazione parlamentare.
L’obiettivo dichiarato è quello di far ritirare i licenziamenti e scongiurare la chiusura della fabbrica.
Ma il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, che il MiSE lo guida, guarda al metodo e non al merito: “Purtroppo è inevitabile che queste cose accadano, però non possono succedere in questo modo perché noi abbiamo in mente di `fare il west´, non il `far west´”. Una risposta nemmeno troppo velata a Maurizio Landini, numero uno della CGIL che ha etichettato i casi della GKN e della Gianetti Ruote in Brianza (152 operai licenziati, anch’essi con una mail come previsto dal Jobs Act) appunto come “far west”.
Sulla presunta “inevitabilità” interviene la CNA fiorentina, che incontrando i lavoratori fa le pulci ai vertici GKN: “La chiusura contrasta con quanto contenuto nel bilancio GKN dello scorso aprile. I primi mesi dell’esercizio 2021 hanno confermato il trend positivo in termini di consolidamento dei volumi rispetto all’ultima parte dell’esercizio 2020. Il primo trimestre ha evidenziato infatti un incremento del fatturato complessivo del 7%, e del 14% rispetto al budget. Un consolidamento riferibile alle vendite verso clienti terzi, che incrementano del 17%, e dell’11% rispetto al budget”.
Tira le somme Francesca Re David, segretaria generale della FIOM: “GKN e Gianetti Ruote sono entrambe strategiche, di componentistica auto e di proprietà di fondi esteri, ai quali non importa niente né di Draghi, né di Bonomi né di Landini. Non sono in crisi, ma licenziano per andare a produrre da un’altra parte. Questo denuncia la totale assenza di politiche industriali che c’è stata in questo Paese per vent’anni. E se affrontiamo il PNRR con fabbriche che vanno bene e che vengono chiuse, siamo nei guai. In questo senso, l’apertura del tavolo al Mise è importante”. Non manca però una stoccata al governo “dei migliori”: “La condizione data l’ha determinata il governo e ha sbagliato, noi avevamo detto che i licenziamenti non andavano sbloccati. E il tema non erano le crisi ma tutte le riorganizzazioni, perché prima bisogna avere una politica su come affrontarle”.
Anche Stefano Fassina di LEU tira a sua volta le somme: “La proroga del blocco dei licenziamenti sarebbe stata utile, ma la GKN è l’ennesimo frutto avvelenato di un problema strutturale. Una delocalizzazione verso uno Stato dell’UE, non il Vietnam. Perché se costruisci il mercato unico europeo senza alcuna regolazione protettiva del lavoro e con tassazioni da paradiso fiscale, alimenti la delocalizzazione dove il costo del lavoro è un terzo o un quarto degli Stati a welfare strutturato, e determini dumping sociale e fiscale, cioè svalutazione del lavoro. Invece di ipocrita indignazione, servono radicali correzioni delle Direttive UE per incisivi interventi di regolazione dei movimenti di capitali, merci, servizi e persone dentro il mercato unico europeo”.
Apparso su Il Manifesto in data 13.07.2021
“Fatevi un favore, unitevi alla nostra lotta”. Il messaggio del Collettivo di Fabbrica dei Lavoratori GKN di Firenze fa il paio con il piccolo striscione “La lotta è fica”, appeso ai cancelli dellostabilimento in mezzo a cento altri. Due boccate di ossigeno, in tempi di disperante conformismo comunicativo.
Due inviti che di ora in ora vengono raccolti da un numero sempre più grande di realtà organizzate e singoli cittadini. Al punto che già nel primo pomeriggio di oggi [15 luglio, ndr], quando in Prefettura si aprirà il primo faccia a faccia tra vertici aziendali, organizzazioni sindacali e istituzioni fiorentine e toscane, con la regia della viceministra pentastellata Alessandra Todde, il contestuale presidio organizzato in via Cavour da CGIL e FIOM si annuncia molto affollato. Sarà comunque un antipasto, rispetto al piatto forte dello sciopero generale provinciale di quattro ore indetto per lunedì dai sindacati confederali, con quelli di base che a loro volta incroceranno le braccia per l’intera giornata.
Epicentro dell’agitazione la piazza più grande di Firenze, quella delle grandi occasioni di lotta, Santa Croce. Lì dove, sotto il grande striscione “Firenze difende il lavoro”, annunciano la loro presenza anche realtà come Confartigianato, che non si vedono spesso in manifestazioni del genere.
Del resto si deve alla CNA locale una certosina analisi di conti e strategie messe in atto da GKN e dal fondo Melrose che dal 2018 la controlla. In una frase, fare più profitti tagliando sedi e dipendenti. Così da arrivare a prendere il 10% annuo sul capitale. Il 10%. E allora si chiude Campi Bisenzio, si chiude Birmingham, si chiude anche uno degli stabilimenti tedeschi del gruppo.
È per questo che l’assemblea permanente dei lavoratori e della lavoratrici GKN sta andando avanti, secondo i normali turni e con operai e impiegati che continuano a timbrare il cartellino, in mezzo a una solidarietà concreta che ai più anziani ricorda il sindaco Giorgio La Pira ai cancelli della Pignone. Si muovono le case del popolo e i circoli ARCI per preparare i pasti. Lo stesso fa la società pubblica Qualità&Servizi della Piana. Unicoop porta camion di viveri, e l’Anpas Toscana ha montato una cucina da campo. La FIOM di Bologna invia ogni giorno una “sua” RSU, e i sindaci si presentano a turno ai cancelli, così come tante donne e uomini di un territorio metropolitano da un milione e mezzo di abitanti.
I media tengono accesi i loro riflettori h24. E sul più diffuso quotidiano locale, La Nazione, che ha aperto una sezione sulla vertenza, l’ex prorettore e preside della Cesare Alfieri, Sandro Rogari, da convinto liberale einaudiano annota: “È una situazione nella quale il capitale è del tutto svincolato dall’impresa. In questo caso, il capitale dominante è una entità astratta e come taledisumana, nel senso letterale della parola”.
“Non è vero che lottare non serve a nulla”, tira le somme Potere al Popolo, che con Rifondazione sostiene da sempre le tute blu GKN.
Apparso su Il Manifesto in data 15.07.2021
“Noi vo-glia-mo il nostro lavo-ro”. Scandito al ritmo dei tamburi, il coro degli operai GKN in presidio si avverte a cento metri di distanza dalla Prefettura, lì dove la viceministra pentastellata Alessandra Todde ha aperto quello che dovrebbe essere il primo faccia a faccia fra i vertici della multinazionale,le organizzazioni sindacali e le istituzioni.
Quello che le tute blu ancora non sanno è che per conto di GKN, e del fondo inglese Melrose che la controlla, a intervenire – in videoconferenza da Londra – è unicamente un avvocato-consulente della multinazionale di componentistica auto. Un legale che si limita a ripetere, parola per parola, il comunicato stampa aziendale: dalla “decisione irreversibile e irrevocabile per l’impossibilità nel proseguire l’attività di impresa”, al nullaosta “al confronto con le organizzazioni sindacali, come previsto dalla procedura”.
Confronto? “L’azienda è arrivata a chiederci di trattare la procedura di licenziamento in una stanza d’albergo”, spiega un arrabbiatissimo Michele De Palma, responsabile automotive della FIOM CGIL, subito dopo l’interruzione del tavolo. Perché GKN e Melrose hanno perfino richiesto di tagliar fuori le istituzioni dalla vertenza.
Con l’immediata reazione della viceministra: “Non mi è mai capitato di confrontarmi con un avvocato dell’azienda e non con il management, dire che quello di oggi non è un tavolo ufficiale è una gravissima mancanza di rispetto”. Un fiume in piena Todde: “Questo è un tavolo istituzionale,” ha ribadito rivolta all’azienda “e voi non potete permettervi di comportarvi così di fronte al governo, alla regione, alla città e alle organizzazioni sindacali. Questa non è una crisi industriale, e l’azienda lo sa, ma una vertenza in cui si sta parlando di problemi legati a tematiche finanziarie. Porteremo avanti tutte le iniziative opportune, perché quello di oggi da parte vostra non è un atteggiamento corretto. Prendo atto del vostro comportamento irrispettoso, vi era stato chiesto di presentarvi in presenze e avete detto no. State chiudendo uno stabilimento perché avete problemi finanziari. Ma lo Stato tratta con chi ha potere di trattare”.
Anche in seguito, in conferenza stampa, la viceministra non è arretrata di un millimetro: “Noi non permetteremo mai che un’attività produttiva venga trasformata in un prodotto finanziario. Non permetteremo speculazioni, perché noi non siamo un paese da predatori. Vogliamo che l’azienda si sieda al tavolo. E, davvero, quello che si è svolto oggi è uno dei tavoli più singolari che io abbia visto in questi anni”.
Parole che hanno un minimo tirato su il morale alle istituzioni locali, dal sindaco campigiano Fossi a quello fiorentino Nardella e al presidente toscano Giani, che hanno una gran paura di un ancor più devastante effetto domino nel già sofferente tessuto produttivo territoriale.
Da parte loro i manifestanti sotto la Prefettura, con larga prevalenza del Collettivo di Fabbrica, sono espliciti: “Vogliamo soltanto tornare a lavorare”, dicono invariabilmente mentre, con tamburi, bandiere e fumogeni, danno vita a un autentico happening con cori e slogan. Compreso l’anthem Seven Nation Army dei White Stripes per cui Jack White, che ha fatto tanti mini concerti itineranti dove le sofferenze sociali sono più marcate, dovrebbe alla fine chiedere le royalties.
“Siamo carne da macello – racconta uno di loro – nelle mani di proprietari invisibili”.
Tanti altri, in questi giorni, hanno raccontato ai media, Tg3 toscano in testa, dei mutui da pagare. Dei figli che vanno a scuola e che meriterebbero un po’ di vacanza e di serenità, dopo i terribili disagi della pandemia. Di una vita di faticoso lavoro che all’improvviso si stravolge, facendo del futuro un buco nero che rischia di inghiottirli.
A tutti loro la viceministra Todde assicura che la vertenza andrà avanti: “GKN fa parte di un gruppo multinazionale, l’analisi su un unico stabilimento non regge, serve una visione più generale”.
Il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo apre le porte ai manifestanti. “Siamo tutti al vostro fianco, senza alcuna distinzione”.
La FIOM con Di Palma e il segretario fiorentino Daniele Calosi tiene ferma la linea: “Si ritirino i licenziamenti e si apra davvero un confronto: si garantisca piena occupazione e si riprenda a lavorare. Tutto il governo deve intervenire”.
E da più parti si inizia a chiedere ai committenti di GKN, in particolar modo il gruppo Stellantis, già FCA, che dallo Stato italiano ha ricevuto tanto, di prendersi le proprie responsabilità.
Apparso su Il Manifesto in data 16.07.2021
Immagine del Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori GKN Firenze (dettaglio) dalla rispettiva pagina su Facebook
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.