“Clamoroso al Cibali” – diceva Sandro Ciotti il 4 giugno 1961 durante la radiocronaca della sorprendente vittoria del Catania sull’Inter. Questa celebre locuzione è rimasta nella storia e rimane valida per la 74a edizione del Festival di Cannes, la più importante kermesse di cinema a livello europeo insieme a Venezia (che partirà il prossimo 1° settembre).
L’edizione n.73 del 2020, come sapete, è saltata del tutto per colpa del Covid 19. Molti film, come “Benedetta” di Paul Verhoeven, “The French Dispatch” di Wes Anderson e “Tre piani” di Nanni Moretti, sono stati posticipati di un anno e “marchiati” con l’esclusivo bollo di Cannes 2020. Questo ha di fatto impedito che prendessero parte a festival concorrenti (Venezia e Toronto su tutti) e non ha permesso di far uscire le pellicole nelle sale cinematografiche. Il fatto che poi non abbiano ricevuto nessun premio conferma che la partecipazione era dovuta a vincoli contrattuali.
Personalmente, insieme al film del maestro iraniano Farhadi “A hero”, sono le pellicole del concorso che attendo di più. Per Tre piani dovremo aspettare il 23 settembre, per Wes Anderson l’11 novembre. Gli altri ancora non sono stati posizionati.
All’ultimo l’edizione 74 è stata spostata da maggio a luglio, ma finalmente in presenza, con attori, registi, red carpet e quant’altro. Per i cinema francesi però è stata l’introduzione dell’obbligo del Green Pass vaccinale a far decadere l’effetto del loro Festival più prestigioso.
A capitanare la giuria il regista afroamericano Spike Lee. Una garanzia, secondo molti. Invece a giudicare dalla pessima figura fatta alla premiazione, molti hanno pensato il contrario. C’è da fidarsi poco degli americani. Ricordate la figuraccia della busta agli Oscar 2017 (https://archivio.ilbecco.it/cultura/video/item/3601-oscar-2017-una-busta,-molto-fumo-e-poco-arrosto.html)?
Il buon Spike ha svelato il vincitore della Palma d’Oro subito, invece che alla fine. Una gaffe che sembra voluta, visto che è stata un’edizione abbastanza disorganizzata e arrogante come i francesi. I film in concorso non erano all’altezza dell’abituale kermesse. Ancora una volta hanno voluto premiare un’opera transalpina. Peccato però che “Titane”, vincitore della Palma d’Oro, non meritava a detta dei più nemmeno la partecipazione al concorso principale.
Federico Pontiggia di Cinematografo l’ha definito “il Crash (film di David Cronenberg) dei poeri”. Definizione quanto mai calzante. Vi ricordo che l’ultima edizione del festival aveva vinto “Parasite”, film di livello altissimo. Non scordiamoci che “Titane” è diretta da una donna, Julia Ducournau. L’opera seconda della regista di “Raw”, film che abbiamo presentato con grande entusiasmo in una memorabile serata al cineforum 2020 prima dell’avvento del Covid.
Ventotto anni dopo la vittoria di “Lezioni di piano” di Jane Campion, la Palma va a una donna. Una notizia che pare eclatante e rivoluzionaria. I francesi però sono da sempre gelosi e desideravano ardentemente rifarsi. Non è una rivoluzione di costume, è solo sensazionalismo per fare notizia affinchè i media ne parlino. Anche perché l’anno scorso a Venezia 2020 vinse “Nomadland”. Sia con la regista Chloe Zaho sia con l’attrice Frances McDormand. La vittoria al Lido ha spianato la strada agli Oscar.
Il politicamente corretto ha stancato, diciamolo forte e chiaro. Gli unici film francesi di qualità, non premiati, sono stati il nuovo di Francois Ozon, “Tout s’est bien passé”, e “Les Olympiades” di Jacques Audiard. Per quanto riguarda il primo, nonostante un gigantesco Andrè Dussolier, la pellicola parla di eutanasia. Meglio cambiare argomento. Agli investitori e alla gente interessa poco.
Per quanto riguarda il secondo, si intreccia precariato emotivo e lavorativo. Meglio passare ad altro, visto che Audiard viene sempre premiato.
Era scontatissimo che “Tre piani” di Nanni Moretti, unico film italiano in concorso, rimanesse a bocca asciutta. Nonostante undici minuti di applausi e standing ovation dei presenti. E’ stato definito un film tosto e controcorrente rispetto ai classici film morettiani. E’ stato infilato in concorso solo perché era bloccato dall’edizione precedente, così come Wes Anderson e Paul Verhoeven con il controverso “Benedetta”. Storia di un amore lesbico tra due suore in convento di Pescia nel 1591.
Andare contro la Chiesa sarebbe stato un potenziale problema per il Festival. Ma ai più il nuovo film del regista di “Basic Istinct” è sembrato una totale provocazione in stile Lars Von Trier con meno qualità rispetto al regista danese. Serviva alla kermesse per far parlare di sé.
Questa premiazione di Cannes mina la credibilità del cinema europeo. Non è un caso che sono mancati i film americani, le loro star (tranne il “vincolato” Wes Anderson, con allegra brigata). C’era “Flag Day” di Sean Penn con figli attori. Secondo la critica ha di nuovo tradito le aspettative dopo il flop de “Il tuo ultimo sguardo”. Anche lui, dopo capolavori come La promessa e Into the wild, ha pensato alla famiglia?
Oltre ai film prodotti da Netflix che non sono ammessi al concorso perché vanno direttamente in streaming senza uscire in sala. I cinema europei dipendono maledettamente da Hollywood. Quando manca il cinema americano, per l’Europa oggi è notte fonda.
Come mai gli incassi dei cinema europei sono crollati nel dopo Covid? Perché mancavano i titoli da oltreoceano e nel Vecchio Continente non si riesce ad essere incisivi. L’emblema è il patetico “Black Widow” di casa Marvel, che nonostante sia al cinema e su Disney +, ha fatto registrare incassi superiori di oltre 3 milioni di euro in Italia in una settimana. La pubblicità è stata incessante e continua. Record di incassi ovunque. Ma il dato deve far riflettere perché la strada era spianata dalla mancanza di concorrenza.
È evidente dal risultato che la giuria ha avuto molti contrasti e ha dovuto premiare tutti per accontentare tutti (vedere il premio della giuria con un doppio vincitore).
Cannes aveva a disposizione materiale di 2 anni e non è riuscito a tirare fuori un festival decente. Questa sembra la verità.
Un’edizione marchetta, a detta di molti addetti ai lavori della stampa cinematografica. Gabriele Niola di “Bad Taste” ci va giù pesante scrivendo addirittura che “i film sono stati fischiati e derisi tanto quanto applauditi (che non è proprio la media degli esiti di Cannes). I fuori concorso sono stati terribili e l’impressione di una gigantesca marchetta per il cinema francese era evidente (sovra rappresentato anche con film di livello medio e banalità altissima)”.
Il film di apertura “Annette” è ovviamente francese e ha vinto la miglior regia. Un musical (con Adam Driver e Marion Cotillard) che però non ha incantato. Come successe con “La la land”.
Incredibile che “Drive my car”, tratto da un libro di Murakami, non abbia vinto: a detta di molti era il miglior film in concorso. Ha preso il premio alla sceneggiatura. Tanto per giustificare la presenza del regista giapponese Hamaguchi in terra francese.
Asghar Farhadi, vincitore di 2 Oscar, gira straordinari film con una frequenza impressionante. Vince sempre qualcosa, ma è iraniano. La Palma non gliela danno mai. Anche stavolta vince con “A hero”, insieme al finlandese “Hitty n.6”, il Gran Premio Speciale della Giuria.
Premio di consolazione con giuria chiaramente spaccata. E così si premiano tutti per accontentare tutti.
Stessa zuppa per il premio della giuria, spartito tra Memoria di Apichatpong Weerasethakul, con protagonista Tilda Swinton, e Ahed’s Knee di Nadav Lapid.
Miglior interpretazione femminile per Renate Reinsve per il film del norvegese Joachim Trier “Verdens verste menneske”, miglior interpretazione maschile per Caleb Landry Jones per il non entuasiasmante “Nitram” di Justin Kurzel.
Per l’Italia, da segnalare, infine la Palma d’Oro alla carriera a Marco Bellocchio. Premiato da Paolo Sorrentino (sarà in concorso a Venezia 2021 con il film Netflix “E’ stata la mano di Dio), il suo ultimo film “Marx può aspettare” ha raccolto grandi applausi e ovazioni.
E’ appena uscito nelle sale con 01 Distribution.
Sicuramente un premio meritato per un grande regista del nostro cinema. Un personaggio sicuramente intelligente che ci ha dato grandi film, ma che non è esattamente la réclame della cortesia negli incontri con il pubblico.
Ve lo dice uno che ci ha avuto a che fare.
Film in concorso:
- “Annette” di Leos Carax
- “A Hero” di Ashgar Farhadi
- “Benedetta” di Paul Verhoeven
- “Bergman Island” di Mia Hansen-Love
- “Casablanca Beats” di Nabil Ayouch
- “Compartment no. 6” di Juho Kousmanen
- “Drive My Car” di Ryusuke Hamaguchi
- “France” di Bruno Dumont
- “La Fracture” di Catherine Corsini
- “Lingui” di Mahamat Saled-Haroun
- “Memoria” di Apichatpong Weerasethakul
- “Nitram” di Justin Kurzel
- “Les Olympiades” di Jacques Audiard
- “Petrov’s flu” di Kirill Serebrennikov
- “Red Rocket” di Sean Baker
- “The French Dispatch” di Wes Anderson
- “The Restless” di Joachim Lafosse
- “The Story of My Wife” di Ildiko Enyedi
- “The Worst Person in the World” di Joachim Trier
- “Titane” di Julia Ducournau
- “Tout s’est bien passé” di François Ozon
- “Flag Day” di Sean Penn
- “Tre Piani” di Nanni Moretti
PALMARES CANNES 2021
Palma d’Oro per il miglior film:
Titane di Julia Ducourneau
Gran Premio (ex aequo):
Asghar Farhadiper A hero e Juho Kuossmanen per Compartment n.6
Premio alla Regia:
Annette di Leos Carax
Premio della Giuria (ex-æquo):
Ahead’ Knee di Nadav Lapid e Memoria di Apichatpong Weerasethakul
Premio alla Sceneggiatura:
Hamaguchi Ryusuke e Tamasaka Oe per Drive my car
Premio per l’Interpretazione Femminile:
Renate Reinve in “Verdens verste menneske” di Joachim Trier
Premio per l’Interpretazione Maschile:
Caleb Landry Jones, per Nitram di Justin Kurzel
Camera d’Or per la miglior Opera Prima:
Murina, di Antoneta Alamat Kusijanovic
Palma d’Oro per il miglior cortometraggio:
Tian Xia Wu Ya, di Tang Yi
Menzione speciale a Cèu De Agosto di Jasmin Tenucci
Immagine da cinematografo.it (dettaglio)
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.