Un dialogo tra Costanza Gasparo e Mario Venturella, Opificio Sociologico
Quanto segue è ispirato a un film vero.
Il film vero è ispirato ad una storia falsa.
La storia falsa non è molto ispirata
C:
Ue, Pando! Sabato sera ho visto Favolacce, l’ultimo film dei fratelli d’Innocenzo e ho subito che lo dovresti vedere. So che faresti a meno di vederlo perché è mainstream però ti chiedo di fare questo sforzo. Dai, guardalo e fammi sapere che ne pensi. Sì, è un accollo!
P:
Ciao Connie,
ho finito di vedere Favolacce l’altra sera, sono rimasto quantomeno sorpreso dal tipo di film che mi sono trovato davanti. Onestamente mi aspettavo tutt’altro.
Considerando tutto, mi aspettavo uno sbobbone hipster sulle difficoltà della vita in periferia, l’inserimento dei ragazzini nella scuola e bla bla bla. Pure dal trailer sembrava altro. Ma ndo l’hai pescato sto coso?
C:
Senti, me lo ha consigliato Luca mentre parlavamo di film che trattano il tema della periferia. Riguardo a questa… che dirti, secondo me si tratta di una periferia un po’ finta e non gentrificata (per una volta non parleremo di gentrificazione). Insomma, questi posti esistono davvero ma la narrazione delle periferie non è quella. Dai, c’è una differenza cognitiva tra le periferie che conosciamo e quella del film. Definizione classica di periferia: luoghi lontani dal centro, con abitanti vulnerabili, case degradate e servizi assenti. Qui invece ci sono piscine, case che sembrano ville e non so che altro.
P:
Mah, se devo essere sincero non sono molto d’accordo. Non fraintendermi, non ho nessun interesse ad incrinare la tua visione neo realista dei film come spaccati della società (e dei coglioni, se posso aggiungere io). Ma onestamente penso che stavolta stai toppando debbrutto.
Ed ora, per amor di polemica, ti vado ad elencare i motivi secondo cui per me Favolacce non è come dici te.
La periferia non c’entra una fava. Non nel senso che non è presente come elemento, ma c’è solo in maniera stereotipata (o stereotipizzata? boh, ho fatto l’istituto d’arte. So assai). Tutto il film si svolge tra questa mistica periferia romana di Spinaceto (ma esiste Spinaceto? Seriamente esiste un luogo che richiama così tanto le Spinacine? Cazzo ora ho fame, è l’una di notte e so a dieta) e altri luoghi non bene identificati. Se ti faccio vedere un frame preso a caso, saresti in grado di dire se proviene da un film italiano o da un film di Wes Anderson (o di Godard)? Secondo me no. Non è neanche quella periferia da provincia meccanica, immersa in un tempo falso. È proprio n’altra roba.
Insomma, la chiave di lettura a mio avviso è quella da “realismo magico” e sta tutta nel titolo: Favolacce. Il film è dunque una favola nera, una di quelle con i protagonisti brutti e cattivi.
C: Forse non mi sono spiegata. Secondo me si parla di periferia ma non di quella stereotipizzata (a naso direi così). Si tratta di una periferia che va fuori dagli schemi sociologici con i quali siamo stati “educati”. Comunque, oltre che al richiamo alla favola penso che ci siano anche richiami a temi sociologici, come il consumo vistoso di Veblen (la piscina, dai), la povertà (la casa di Vilma, la biondona), dello straniero (gli zingari che magicamente appaiono quando si cerca qualcuno a cui dare la colpa). Ah, e la famiglia dove la metti? Come mi spieghi che alcuni delle componenti familiari sono disfunzionali? Parlo ad esempio di Bruno (Elio Germano, lo so che non riesci a distinguere fisicamente i due padri), il padre della bambina che fa finta di niente di fronte alla morte della figlia o anche la madre di Vilma (di nuovo la biondona). Si tratta palesemente di personaggi che non hanno gli strumenti emotivi per rispondere a questa situazione di crisi (tranne Amelio, il padre quasi pazzo che viene rappresentato come lo scemo del villaggio). L’unico personaggio che non sono riuscita ad inquadrare è il maestro. Si tratta di un agente di una socializzazione secondaria, che appunto dovrebbe consentire agli individui di assumere ed esercitare ruoli adulti? Perché in effetti stiamo parlando di bambini che però si comportano da adulti (bambini che cercano di fare sesso) e di personaggi che non sono più bambini, come Vilma, che sta transitando verso l’età adulta (sembra una specie di fata turchina che guida il ragazzino verso l’erotismo) che però non è pronta a vivere da adulta perché comunque non possiede gli strumenti (senza lavoro, con un compagno che pippa dalla mattina alla sera e con un/a bambino/a che forse non ha mai desiderato).
P:
Non solo non riesco a distinguere gli attori, ma non riesco nemmeno a capire cosa diavolo dicono. Solo io ho avuto questo problema?
In ogni caso, ogni personaggio è problematico in questo film. Vi è una sorta di rappresentazione del bene e del male, ma asimmetrica. Sono tutti malvagi. Tutti. L’unica persona buona è Amelio, che sembra essere una sorta di eroe ultra consapevole, che alla fine del film capisce quanto è tossico quel posto e se ne va. Al diavolo Spinaceto, la gente fuori di testa, il regno fatato e la principessa da salvare. L’unica persona da salvare qua è il figlio.
Poi pure te parli di fata turchina! Dai! Lo vedi che ho ragione? Lei è una fata turchina, in chiave più erotica e sensuale, ma diventa anche materna e adulta. Una fata che sta imparando a fare la fata, che però finisce preda del disegno oscuro della Favolaccia. Quindi muore. I bambini non voglio essere bambini, vogliono essere artefici del loro destino, quindi cercano di balzare nell’età adulta subito. Bombe, sesso e morte, in meno di due ore! Ah, dimenticavo il maestro, il pifferaio di Hamelin de noattri, che cerca di vendicarsi degli adulti (che gli han fatto perdere il lavoro) sui bambini. Solo che invece di suonare un flauto, dà loro il dono più prezioso: la scelta della vita o della morte. Insomma, non dico che sia ben strutturata come favola, dico solo che ha il tono della favola. Tutto sembra così casuale ed onirico che mi viene difficile pensare che sia una cosa voluta. A meno che tu non sia Lynch, in quel caso mi viene da difficile pensare che non sia una cosa voluta.
C:
Dai, comunque siamo d’accordo sul fatto che non si tratti di una classica favola educativa. Anzi, io credevo che fosse un film thriller (sì, ho visto il film con la lucina accesa perché non volevo vederlo al completo buio). E invece è una favola di vecchio stampo, che ti lascia l’amaro in bocca. Ah, comunque Spinaceto esiste davvero e forse non ha niente a che fare con le spinacine. Wikipedia docet: “Spinaceto è la zona urbanistica 12G del Municipio Roma IX”. Forse per capire di più l’Opificio dovrebbe andarci a fare etnografia.
P:
Ma certamente, il prossimo progetto Opificio sarà “Spinacine a Spinaceto. Etnografia di un quartiere onirico”.
Pensiamoci.
Immagine Rai Cinema/Vision Distribution (dettaglio)
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