Il Gran Polo Patriótico ha trionfato alle elezioni legislative tenutesi lo scorso 6 dicembre. L’unione elettorale che comprende il PSUV e tutte le forze alleate con Maduro, ha ottenuto più del 68% dei suffragi, vincendo con un distacco abissale sulla principale lista di opposizione moderata, che si è fermata al 17,5%.
L’elezione è stata caratterizzata dal boicottaggio di una parte dell’opposizione, quella più radicale e vicina all’autoproclamato Presidente Juan Guaidó e Leopoldo López. Prima ancora del trionfo elettorale, il primo successo di Maduro è stato proprio quello di dividere il fronte dell’opposizione, insistendo sul dialogo con le forze più moderate che hanno poi deciso di partecipare alle elezioni.
Il boicottaggio si mostra dunque come l’ennesimo fallimento delle destre golpiste che, come di consueto in Venezuela, si presentano alle elezioni solo quando pensano di poter vincere, altrimenti gridano preventivamente ai brogli elettorali.
La bassa affluenza alle urne, pari al 31% degli eventi diritto, è forse l’unico risultato simbolico raggiunto dai golpisti. Ma è difficile dire se l’appello all’astensione sia stato effettivamente ascoltato dal popolo. Rispetto alle altre elezioni legislative, il dato dell’affluenza è decisamente più basso di quello delle elezioni del 2010 e del 2015, ma più alto di quelle del 2005. Le elezioni per l’Assemblea sono sicuramente percepite come meno importanti di quelle presidenziali e vista l’emergenza Covid-19, non stupisce che molti abbiano disertato le urne. Resta il fatto che tutte le sigle di opposizione che si sono presentate alle elezioni sono state sbaragliate dal Polo.
Dopo cinque anni, l’Assemblea Nazionale torna in mano alle forze bolivariane. Nel 2015 la vittoria delle opposizioni portò a un duro conflitto politico e istituzionale fra la Presidenza di Maduro e il Parlamento di destra, in quella che è la più classica situazione di Cohabitatión. Situazione normale in altre Repubbliche presidenziali o semipresidenziali, ma non in uno Stato finito nel mirino degli appetiti imperialisti. Il conflitto è sfociato infatti, all’inizio del 2019, nel golpe di Guaidó, proclamatosi senza alcuna legittimazione costituzionale Presidente ad interim. Il golpe, sostenuto dalle potenze occidentali, fallì grazie alla grande mobilitazione popolare a favore di Maduro e alla fedeltà dell’esercito alla Costituzione bolivariana, costringendo i golpisti alla fuga. Da allora hanno solo collezionato sconfitte e, secondo mondi analisti, contribuito loro malgrado a rafforzare la leadership di Maduro e il ruolo del PSUV che erano oggettivamente in crisi di consenso. Nonostante questo, Guaidó e i suoi sostenitori restano ancora un utile grimaldello nelle mani degli Stati Uniti per cercare di scassinare il Venezuela.
La vittoria nelle elezioni legislative rafforza Maduro che ora si trova anche meno isolato sul fronte internazionale, grazie a una mutata situazione politica in America Latina che vede il ritorno dei socialisti in Bolivia e dei peronisti di sinistra in Argentina. Ma la strada che si para davanti resta in salita. Falliti i colpi di stato, prima con Guidó e poi con la criminale operazione in stile Baia dei Porci del maggio scorso, il Venezuela si trova a dover affrontare un feroce blocco economico che sta strangolando la sua economia. Nonostante tutto, però, la Repubblica bolivariana resiste.
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Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.