Il 22 maggio circa 3 milioni di palestinesi tra Striscia di Gaza e Cisgiordania saranno chiamati alle urne, dopo oltre quindici anni, per eleggere i 132 rappresentanti del Consiglio legislativo dell’ANP che ha sede a Ramallah. Il 31 luglio si terranno invece le elezioni presidenziali.
La notizia della possibile scesa in campo di Marwan Barghouti, il “Mandela palestinese”, circolava da un po’ di tempo ma con l’ufficializzazione delle elezioni è arrivato anche l’appoggio, fatto per voce di Qassam Barghouti, figlio del politico, dell’allontanamento dalle posizioni di al-Fatah, partito storico di appartenenza. Barghouti appoggerà, infatti, la lista Hurriyeh (Libertà) di Nasser Qudwa, ex rappresentante dell’Olp all’Onu nonché nipote di Yasser Arafat e in questa sarà candidata, come secondo nome, Fadwa Boarghouti, avvocata e attivista politica moglie del prigioniero politico.
Si è proceduto con la registrazione delle liste e domani 6 aprile saranno resi noti i risultati delle ammissioni (non sono purtroppo da escludere sorprese legate a cavilli legali). Nel caso tutto andasse come previsto, la lista ufficiale di al-Fatah sarà chiamata a confrontarsi con altre liste rivali: oltre a quella di Qudwa, quella di Mohammed Dahlan, ex dirigente di al-Fatah di Gaza espulso e adesso in esilio negli Emirati Arabi. Al contrario, a Gaza Hamas è riuscita a serrare i ranghi e si presenterà con un’unica lista.
Queste potrebbero essere le premesse per un terremoto politico in Palestina, dopo quindici anni di immobilismo politico e di un inesorabile peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi. Marwan Barghouti è un dirigente politico ammirato, rispettato e benvoluto. In moltissimi pensano che potrebbe essere l’uomo giusto per smuovere le carte in tavola. Un sondaggio condotto da Palestininan Policy and Research Centre ha messo in evidenza, tra le altre cose, come il nome di Barghouti sia il più favorito tra quelli dei candidati alla presidenza dell’ANP. E di questo sono consapevoli anche i vertici di al-Fatah, partito a cui Barghouti è iscritto e di cui è militante e dirigente storico, che hanno tentato di dissuaderlo in tutti i modi dalla rottura.
Se infatti al momento Marwan Barghouti è detenuto nel carcere israeliano di Hadarim dal 2002, condannato alla pena di cinque ergastoli per “attività terroristica”, da dove ha condotto battaglie (tra cui lo sciopero della fame collettivo di qualche anno fa) per il riconoscimento dello status di prigioniero politico, è opinione condivisa che in caso di elezione sarebbe praticamente impossibile anche per le autorità israeliane continuare a mantenere immutate le sue condizioni di prigionia.
Barghouti sarebbe in grado di riportare speranza ad un popolo che l’ha oramai persa. Un popolo vessato, occupato, spremuto fino all’osso, a cui è stata tolta ogni prospettiva. Queste elezioni potrebbero costituire la possibilità che anche l’opinione pubblica internazionale torni ad interessarsi a quella striscia di mondo che è la Palestina, così vicina eppure così ignorata. Un uomo come Barghouti ha un filo rosso che lo collega direttamente ai grandi leader anti-colonialisti del Novecento, da Mandela a Yasser Arafat. Filo rosso che renderebbe quanto meno più difficile per le grandi potenze occidentali continuare ad ignorare le politiche colonialiste e di annientamento di Israele.
Perché ad oggi, qualunque telegiornale è pronto a ricordarci con prontezza la grande prestazione israeliana in termini di vaccinazione di massa ma nessuno a raccontare come questo “successo” sia basato su una schifosa divisione etnica della popolazione.
Immagine da commons.wikimedia.org
“E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa”
Cit.