In tanti danno “Belfast” protagonista ai prossimi Oscar del 27 marzo. Ben sette nomination nelle categorie di maggior prestigio.
Vanno di moda i film di formazione: dopo “Roma” di Alfonso Cuaron, “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, anche Kenneth Branagh ci riporta indietro nel tempo alla sua infanzia. La prossima settimana vi racconterò anche “Licorice Pizza” di Paul Thomas Anderson, anch’esso fra i maggiori contendenti agli Oscar 2022.
Seguendo la strada tracciata da Giuseppe Tornatore con “Nuovo Cinema Paradiso”, i registi fanno a gara per far comprendere agli spettatori che il cinema è vita. Condivido. Oggi la stragrande maggioranza non va più al cinema ad emozionarsi, a guardarsi dentro, a pensare. Aver abbandonato (o ridotto) la cultura è una cosa grave che ci ha messo in condizioni assai peggiori. Perché l’arte e il cinema sono preziose per dare chiavi di lettura alla vita delle persone. Kenneth Branagh ciò lo dice forte e chiaro.
Il protagonista Buddy (alter ego del regista) ricorda momenti di cinema con Star Trek, L’uomo che uccise Liberty Valance e Mezzogiorno di fuoco, i fumetti Marvel (soprattutto Thor), il teatro (il classico natalizio A Christmas Carol di Dickens). Negli occhi del bambino la cultura porta stupore, immersione, ma anche un modo per superiore le avversità della vita (l’avvento della guerra civile). Kenneth Branagh ha attualmente due film in sala. Da circa un mese è uscito “Assassinio sul Nilo”. È arrivato a inizio 2022 a causa del Covid e dello scandalo in cui era coinvolto l’attore Armie Hammer, ma era pronto da tempo già nel 2021. L’altro film è “Belfast”.
Branagh mette a nudo le sue origini, il suo passato, il legame con la sua terra. L’attore e regista è infatti nato a Belfast nel dicembre 1960. Secondo di tre figli di una famiglia protestante di estrazione operaia. A 9 anni si trasferisce con la famiglia in Inghilterra a Reading. Fino a che a 18 anni decide di iscriversi alla Royal Academy of dramatic art. Dopo aver visto recitare Derek Jacobi nell’Amleto di Shakespeare, decide di studiare per diventare attore. Nel 1981 debutta in un piccolo ruolo (non accreditato) nel cult “Momenti di gloria”. Nel 1989 dirigerà il suo primo film “Enrico V”, in cui è anche attore protagonista e sceneggiatore. Nel mezzo tantissimo teatro (Shakespeare soprattutto) e tanto cinema. Tra i ruoli più noti ricordiamo Operazione Valchiria, Harry Potter e la camera dei segreti, I love radio rock, Dunkirk, Tenet e i recenti Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo (che ha anche diretto).
Questa è la storia vera. In “Belfast” tutto è filtrato attraverso l’ottica di un bambino di 9 nove anni. Quindi tutto diventa molto diverso, perfino nel racconto delle emozioni e delle sensazioni. Siamo nell’agosto 1969, a Belfast in Irlanda del Nord. Il suo nome è Buddy, l’alter ego del regista bambino. Si muove leggiadro tra giochi, scuola, scorribande e poi ci sarà il primo amore (la cattolica Catherine). Sullo sfondo l’inizio del conflitto tra protestanti e cattolici, con la musica dell’irlandesissimo Van Morrison. Come Alfonso Cuaron in “Roma”, anche Branagh sceglie il bianco e nero d’epoca per rievocare i suoi ricordi d’infanzia. La politica è solo sullo sfondo. Il vero contrasto è un altro. Buddy è un bambino di 9 anni, amatissimo dai nonni (Ciaran Hinds e Judi Dench, strepitosi) che gli insegnano l’amore vero, i valori autentici e le piccole cose che rimangono. Mentre il padre, carpentiere di professione e di religione protestante che lavora in Inghilterra, lo costringerà ad andarsene da Belfast in cerca di miglior vita.
Branagh mette a nudo le sue origini, il suo passato, il legame con la sua terra. “Belfast” è un film sull’essere irlandesi, da sempre divisi. A livello politico, ma anche perché è un popolo che è stato costretto a emigrare. Il forte contrasto è tra chi è rimasto e chi invece abita in parti del mondo lontane (vedi Stati Uniti o nella “matrigna” Inghilterra). È un film leggero, popolare che parla al cuore di un popolo intero ammiccando alla lacrimuccia. Nel complesso è un po’ ruffiano per strizzare l’occhio agli Oscar (solitamente teneroni per queste tematiche). Guardando il mondo dagli occhi di un bambino, Kenneth Branagh usa un artificio per dire la sua, usando qualche furbizia che tutto sommato funziona. Il (finto) bianco e nero è elegante, fotograficamente parlando, e racconta l’amore di Buddy verso l’arte. Come a suo tempo fece Giuseppe Tornatore con “Nuovo Cinema Paradiso”, attraverso l’alter ego di Totò.
Tuttavia “Belfast” non è un capolavoro. Vorrebbe essere l’Amarcord di Branagh, ma è lontano anni luce dai picchi di Fellini. Belfast non è un film neorealista. Il problema principale è il voler mescolare la vicenda del bambino, con la guerra e la tragedia sullo sfondo. In questo modo però si rivela l’artificio del cinema. Non c’è la sporcizia, il senso del pericolo viene meno, ci sono troppi momenti leggeri e un eccesso di musica. In fondo lo spettatore sa già che questo bambino è immune al pericolo della guerra, come un supereroe. A livello tecnico ci sono troppe riprese con i droni e qualche “rallenty” che enfatizza troppo. Nel complesso il film di Branagh è (purtroppo) distante anni luce da capolavori del cinema irlandese come “Nel nome del padre”, “Il mio piede sinistro”, “The boxer”. Tutti firmati dal grande Jim Sheridan. Oppure a pellicole d’autore come “Il vento che accarezzava l’erba”, monumentale affresco della guerra civile irlandese firmato da Ken Loach. Al netto di qualche difetto, è un buon film che ha il pregio di avere qualcosa da raccontare. La maggioranza dei film italiani di oggi invece purtroppo non hanno nemmeno quello.
Fonti: Cinematografo, Comingsoon, Best Movie, Bad Taste, Movieplayer, Sentieri Selvaggi
Regia *** Interpretazioni ***1/2 Film ***1/2 Fotografia **** Sceneggiatura *** Musica ***1/2
BELFAST
(Regno Unito 2021)
Genere: Drammatico, Biografico
Regia e Sceneggiatura: Kenneth Branagh
Cast: Jamie Dornan, Ciaran Hinds, Judi Dench, Jude Hill
Durata: 1h e 47 minuti
Fotografia: Haris Zambarloukos
Distribuzione e Produzione: Universal
Nei cinema dal 24 febbraio
Musiche: Van Morrison
Trailer Italiano qui
La frase: Abbiamo tutti una storia da raccontare. Ma quello che ci rende uno diverso dall’altro non è come finisce questa storia, ma piuttosto da dove è cominciata.
Immagine da wikipedia.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.