Premessa
Questa recensione è un esperimento. Per me è stimolante (provare a) scrivere qualcosa di diverso. Così ho optato, dopo la musica e il cinema, di parlare di un romanzo. Prendete questa lettura come un tentativo di fare qualcosa di inedito per me. Dopo la morte di Luis Sepulveda, i miei scrittori preferiti sono Stieg Larsson (Millennium), Jo Nesbo (L’uomo di neve, Il pettirosso), Dennis Lehane (Mystic River, Shutter Island), Philip K. Dick (Blade Runner), Agatha Christie, Eduardo Sacheri (Il segreto dei suoi occhi). Tra gli italiani mi piacciono parecchio Gianrico Carofiglio (con cui condivido anche gli stessi gusti musicali), Umberto Eco e Donato Carrisi. Solo per fare qualche nome. Di quest’ultimo ho amato tantissimo La ragazza nella nebbia, oltre a L’uomo del labirinto, Il suggeritore e il recente La casa delle voci (ambientato, tra l’altro a Firenze). Questo è il suo ultimo libro “Io sono l’abisso”, uscito lo scorso 23 novembre. Spero che apprezziate.
Il libro
Per molti il 2020 è stato un anno orribile. Io vado controcorrente: mi sento fortunato perché per me è stato un anno che, tra mille difficoltà, mi ha fatto crescere. Ho combattuto delle sfide complicate che però, fortunatamente, spero di esser riuscito a superare. Questo mi ha fatto avere qualche soddisfazione, nonostante il momento generale non proprio euforico. Per usare un eufemismo.
Questa lettura per me è stata importante: è un viaggio dentro il buio che è dentro di noi. Donato Carrisi scrive maledettamente bene. La sua penna è leggera, ma sa toccare in profondità. Non scordiamoci però che ha studiato criminologia e ha fatto cinema. Per lui 2 film all’attivo: La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto. Il finale di quest’ultimo faceva l’occhiolino a un possibile terzo: Dustin Hoffman e Toni Servillo discutono di una definizione da Settimana Enigmistica. L’allusione è chiara: ci sarà un film del Suggeritore? Staremo a vedere in futuro.
Ma la scrittura di Carrisi è chiaramente molto cinematografica e ci sono diverse evidenze a confermarlo. Si avvertono alcune analogie fra uno dei protagonisti e il Norman Bates di “Psycho” (immortale capolavoro di Hitchcock): “Mi è venuto in mente molto prima che iniziassi a pensare a questo libro, per la precisione prima di cominciare a girare “L’Uomo del Labirinto”, e questo perché Psycho è uno di quei film attraverso cui devi passare quando vuoi scrivere storie noir o thriller, è inevitabile. Quando stavo preparando L’Uomo del Labirinto, non avevo in mente un’ambientazione precisa, non volevo però che fosse troppo anglosassone e soprattutto, trattandosi di un labirinto e quindi di un luogo angusto, preferivo non ricorrere all’oscurità. In quel periodo mi è capitato di vedere il set di Psycho. In realtà Hitchcock avrebbe dovuto girare il film a colori, tuttavia non poteva permetterselo, così ripiegò sul bianco e nero, però le scenografie e i costumi erano estremamente colorati, e io mi sono imbattuto nelle foto di scena, e quando ho visto tonalità così accese, mi sono detto: ‘caspita, voglio qualcosa di simile’. Quando poi ho rivisto Psycho, ed era prima che cominciassi a scrivere Io sono l’abisso, ho pensato: mmm, forse da qui può venire la solitudine di uno dei protagonisti, Norman Bates può essere un ottimo spunto per la solitudine di un personaggio che voglio raccontare, soprattutto il suo rapporto con la madre” – ha raccontato lo scrittore al “Corriere della Sera”. E così effettivamente è stato.
Ma torniamo al libro. Quando esce un romanzo di Carrisi per me è un evento. So che questo scrittore difficilmente tradisce le mie aspettative. Anche se “La ragazza della nebbia” è stato di un livello superiore ed è ancora oggi uno dei romanzi che più definisce l’Italia contemporanea. Stavolta il buon Carrisi (non Albano) ci racconta una storia abbastanza lineare, ma ricca di flashback e flashforward temporali, in un luogo studiato e ben definito: il lago di Como. Dimenticate “quel ramo che volge a mezzogiorno” di manzoniana memoria. A me il romanzo “I Promessi Sposi” ha sempre fatto schifo e me lo hanno fatto leggere, con fatica, ben tre volte a scuola.
È molto più vicino al “Mystic River” di Boston, luogo in cui è ambientato il romanzo di Dennis Lehane e il conseguente film di Clint Eastwood. Come molti di voi sapranno quel lago è ambito dai turisti, dai vip soprattutto americani (vedi George Clooney che ci ha comprato casa), patito dai residenti. In queste ammalianti acque si nasconde il pericolo come un gigantesco vortice che ti ingoia. Nel libro di Lehane i criminali ci buttavano i corpi per “purificarsi”, qui invece è facile caderci.
L’acqua è uno degli elementi naturali fondamentali da cui trae origine ogni sostanza di cui è composta la materia. Nel romanzo di Carrisi è l’elemento principale dove si annida il male. In una piscina dalle acque sporche e limacciose che il protagonista, bambino, troverà il suo “abisso della psiche” che poi incarnerà alla perfezione (il primo capitolo è pazzesco in tal senso). Il male è un cerchio (labirintico, naturalmente) ed è ovunque: nasce nel bambino maltrattato, ma anche nel figlio troppo amato. Nessuno è immune. I protagonisti della storia sono persone che ha un bisogno matto di essere amate, ma non hanno nome e hanno età diversissime: l’uomo che pulisce, la cacciatrice di mosche e la ragazza dal ciuffo viola. I loro destini sono intrecciati, ma loro non possono saperlo. Ancora una volta donne e uomini improbabili, crudeli, malati, in sospeso tra realtà e finzione.
Quest’ultima, unica figlia della ricca famiglia dei Rottinger, è una ragazza a cui non manca nulla. Eppure è sola a combattere e si tiene dentro un segreto che la sta divorando. Nessuno però se ne è accorto, nemmeno i genitori. La cacciatrice di mosche, una donna matura dal passato difficile, tragico, dedica tutta sé stessa a salvare le donne vittime di violenze. E’ una donna distrutta, che ha vissuto l’abominio peggiore che una madre può sopportare. Come scrive il “Corriere della Sera”, Carrisi ci chiede “che senso ha, insomma, parlare d’amore se un genitore non riesce a capire e a rispondere ai bisogni profondi del suo bambino, che senso ha parlare d’amore se quel genitore per primo non ha raggiunto una stabilità emotiva sufficiente e non sa stare al mondo? Non ha senso. E, comunque, l’amore non basta”.
L’uomo che pulisce ha visto l’abisso, lotta ogni giorno per non far emergere la verità. La terribile conseguenza dell’abuso che ha subito da bambino. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti. E lui sa interpretarli e se necessario usarli. Ma un giorno viene ritrovato un indizio: un pezzo di unghia smaltata di rosso che “torna a gola” come la peperonata alle 2 di notte.
Una donna, bionda, tra i sessanta e i sessantacinque anni, scompare improvvisamente: nessuno lo sa, anche lei è una degli invisibili, sola assieme ai suoi gatti. L’uomo che pulisce ha assolto il suo compito, quello che gli ha dato Micky che vive dietro una misteriosa porta verde (simile a quella dell’Uomo del labirinto): una presenza, una voce, che sin dall’infanzia vive con lui e sceglie i suoi passi.
Anche l’uomo, ovvio, ha un segreto. “Chi sei tu?” L’Uomo Che Pulisce lo domanda a ogni donna bionda e disperata di cui fruga e studia l’immondizia, perché “a differenza delle persone, la loro spazzatura non mente. Si poteva imparare tanto da ciò che la gente gettava via. E, in fondo, quello era anche il suo modo di relazionarsi con gli altri esseri umani. Non con tutti, però. Gli interessavano unicamente i suoi simili. Le persone sole.».
La stessa domanda se la fa anche la Cacciatrice di Mosche. Lo domanda a uno per uno degli uomini che umiliano le donne che lei vuole aiutare: ma lo domanda anche a quelle donne, anzi, principalmente a loro. Chi siete voi? Voi che rischiate di diventare complici degli abusi di cui siete vittime. Chi siete?
Se lo chiede anche la ragazzina col ciuffo viola. Lo chiede ai suoi genitori dopo aver scoperto un segreto inconfessabile che pende sul padre (è uno dei mali incurabili dell’Italia).
Un giorno i destini dei tre si intrecciano inesorabilmente tra menzogne, tristezza, delusioni, segreti celati e umiliazioni. Attenzione però: se voi pensate che la famiglia sia il luogo più sicuro, siete fuori strada. Per Carrisi può essere il posto più pericoloso, il luogo dove il male germina, cresce e corrode. E ti cambia dannatamente, come nel romanzo precedente “La casa delle voci”.
Anche stavolta, come ne “La ragazza della nebbia”, questo romanzo è un pretesto per raccontare alcuni mali della società italiana: la responsabilità collettiva, l’indifferenza, la violenza sulle donne, il disagio sociale e il malessere della provincia italiana, abusi sui minori, “revenge porn”, violenza domestica.
Ecco perché vi consiglio vivamente di leggere questo romanzo. Tuttavia “Io sono l’abisso” è più prevedibile e meno sofisticato. Se leggete “La ragazza nella nebbia”, ad esempio, noterete che il libro riesce nell’intento di portarvi dove non vorreste. Qui accade sicuramente meno, ma accade.
FONTI: Corriere della sera, Longanesi editore, Wired, leggere in silenzio
IO SONO L’ABISSO ***1/2
(Italia 2020)
Genere: Thriller psicologico
Un romanzo di Donato Carrisi
384 pagine
Editore: Longanesi
Disponibile in versione cartacea e E-book
La frase: “Le uniche volte in cui l’uomo che puliva decideva di andare fra la gente era per provare quella sensazione di potere che gli derivava dall’essere invisibile.”
Immagine dettaglio della copertina del libro
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.