Dieci anni fa usciva “Midnight in Paris”. Ricordo ancora, quando lo abbiamo proiettato al cineforum estivo: gli spettatori erano a dir poco ammaliati da questo film. Ne nacque una vivace discussione sul meccanismo mentale su cui il film gioca. La vera insidia del dibattito nasce da un facile clichè: rimanere intrappolati nel “gioco” di quale epoca d’oro preferiresti far parte.
Fortunatamente non andò così perché il pretesto della storia è sicuramente un altro.
Woody Allen, dopo aver girato numerosi film nella “Grande Mela”, ha iniziato a cercare nuovi stimoli filmando numerose città europee per le sue storie: Barcellona per “Vicky Cristina Barcelona”, Roma per “To Rome with love”, Londra per “Match Point”. Ovviamente non poteva esimersi dalla fotogenica Parigi, città dove è stata fatta la prima proiezione cinematografica ufficiale nel dicembre 1895. L’inizio del film è un minitour di tre minuti dove sono fotografati tutti gli angoli più belli della capitale francese con la musica di Cole Porter sullo sfondo: dai luoghi più semplici e noti, ai tavolini dei bistrot e dei bar all’aria aperta, dai maestosi ed eleganti palazzi ai luoghi turistici come le ninfee di Monet, il ponte Alessandro III e la bohémien Montmartre. Woody Allen ama la città e lo disse già ai tempi di “Tutti dicono I love you”. Midnight in Paris (uno dei migliori film dell’Allen contemporaneo) vanta un cast pirotecnico formato da grandi attori ben amalgamati (tre premi Oscar: Kathy Bates, Marion Cotillard e Adrien Brody, oltre a ottimi comprimari come Rachel McAdams, Owen Wilson, Corey Stoll, Tom Hiddleston, Michael Sheen e Lea Seydoux), una bella storia che scalda il cuore e una fotografia “dorata” di indubbio fascino, coerente con la storia narrata. E soprattutto c’è il cuore, il contenuto: Woody ci parla di quello che abbiamo vissuto, ma anche delle occasioni perdute e di quello che volevamo vivere. Allora la nostra mente ha cominciato a fantasticare, a immaginare per farci rivivere e rifiorire. Perfino Quentin Tarantino ha riconosciuto che questo film era il migliore del 2011.
Woody in questo script si nasconde nel suo alter ego Gil (l’attore feticcio di Wes Anderson, il biondo Owen Wilson), uno sceneggiatore di cinema annoiato che vuole diventare scrittore a tutti gli effetti. Vede nella cultura europea ciò che a un americano necessariamente manca. È facile rivedere ognuno di noi in Gil con i nostri dubbi, i nostri problemi, i nostri “mal di pancia”. A Parigi cerca nuovi stimoli, ma è intrappolato in una relazione non molto edificante a livello intellettuale. Il suo primo romanzo è quasi pronto ma la sua istintiva inadeguatezza di “morettiana memoria” fa brutti scherzi. Quella che sarà la futura moglie, ovvero Inez (Rachel Mc Adams di “Questione di tempo”), non lo incoraggia di certo. Anche perché lei, sotto sotto, è attratta dal pedante amico tuttologo Paul (Michael Sheen). A complicare le cose per Gil ci sono gli “americanissimi” suoceri borghesi, repubblicani di ferro (o meglio criptofascisti) e piuttosto superficiali, che vedono il cognato come uno sfaticato e per giunta “comunista”. Attenzione però per gli americani repubblicani tale parola è considerata offensiva nel senso di antagonisti perché Gil più che comunista si può considerare un democratico. Tale antitesi si deve, anche nel mondo del cinema, al periodo del “maccartismo” (metà degli anni 50), termine coniato dal disegnatore satirico Herbert Lock, che rappresentò una connotazione di falsa accusa, una caccia alle streghe, un’isteria di massa e di attacco governativo alle minoranze politiche. Specialmente quelli filo-Unione Sovietica e Corea. Ma torniamo a Gil.
I pedanti suoceri non si fidano di lui, specie quando si avventura in lunghe passeggiate solitarie notturne. Lui rappresenta perfettamente il concetto che lo scrittore Joseph Conrad tirò fuori riguardo la sua consorte: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”
Gli invadenti suoceri gli mettono alle costole un investigatore privato che si perde nei cunicoli temporali. La passione di Gil è, da sempre, lo stile di vita degli anni ’20 e della “Generazione perduta” (definizione coniata da Hemingway per definire coloro che diventarono maggiorenni) per via del fervore culturale dell’epoca. A mezzanotte, in una delle tante giornate tutte uguali, accade il miracolo: vive uno strano incantesimo (nelle modalità opposte di Cenerentola) e Gil è catapultato nella sua epoca preferita con gente come Bunuel, T.S. Eliot, Dalì (un divertente Adrien Brody), Hemingway (Corey Stoll), Zelda e Scott Fitzgerald (Tom Hiddleston) e soprattutto una donna bellissima, musa e fidanzata del pittore Picasso: Adriana (una Marion Cotillard straordinaria e piuttosto fotogenica). Su consiglio di Hemingway, decide di far leggere la bozza del suo ultimo manoscritto a Gertrude Stein (Kathy Bates). La scelta del mentore non è casuale: Midnight in Paris altro non è che il completamento di “Festa mobile”, libro di memorie incompiuto scritto da Hemingway durante il periodo parigino. Le bellissime Rachel McAdams e Marion Cotillard rappresentano le due facce della medaglia: da una parte un’attrazione più fisica, dall’altra più intellettuale. Anche se quest’ultima non si limita al “compitino” e tira fuori dal cilindro tutto l’erotismo insito nell’arte. Nella sua autobiografia “A proposito di niente” (edita in Italia da La nave di Teseo) ammette candidamente che Rachel McAdams è una donna “da un milione di dollari da qualsiasi parte la si guardi”. Lo sguardo con cui tratteggia i personaggi femminili è piuttosto vistoso e sincero.
Infatti la coppia Gil-Inez rappresenta il più classico cliché dei due opposti che si attraggono: a differenza del compagno, lei proviene da una famiglia ricca, conduce una vita abbastanza agiata e ne è felice. Non a caso ama lo shopping sfrenato. Woody Allen adora demolire il cliché. Infatti quando Gil conosce Adriana, capisce che, come lui, è “affetta” dalla sindrome dell’epoca d’oro: è la mitizzazione di un passato glorioso, mai vissuto, che si verifica per alleviare un presente spesso poco soddisfacente. Oggi è particolarmente diffusa perché è raro trovare qualcuno totalmente soddisfatto dalla propria vita. Non a caso il libro che Gil sta scrivendo parte da un “negozio nostalgia” che potremmo definire tranquillamente vintage. Per Woody Allen nostalgia è negazione e questo film ce lo mostra con una semplicità fuori dal comune. La fotografia in tal senso è coerente ed efficace: ecco perché in post produzione il giallo oro domina sugli altri colori. È uno stato mentale dominante e Woody Allen vuole farlo comprendere anche al suo pubblico.
Secondo il regista questo non sempre basta per vivere la vita di coppia in simbiosi e con felicità. Gil invece vola più basso: è un sognatore romantico, sensibile. Non è un caso che il finale sia lasciato aperto: ha capito la lezione Gil? Il dubbio è servito su un piatto d’argento. Gil attinge dal passato per modificare il presente. Ma Woody Allen preferisce che sia lo spettatore a immaginarsi il futuro del personaggio. Anche se la sua indicazione la fornisce eccome: la perfezione non è di questo mondo, ma sapersi adattare agli imprevisti può riservare belle sorprese.
Un film gioiello che analizza la capacità della mente dell’essere umano di “viaggiare” nelle varie epoche storiche alla ricerca di un’aspirazione ricorrente. Un film che brilla, come spesso succede nelle opere di Allen, per umorismo e per messa in scena e che pone importanti quesiti: quanto è importante l’arte nelle vostre vite? Cosa sarebbe la nostra esistenza senza cinema, arte, letteratura, musica e quant’altro?
Per Allen il “compito dell’artista non è di soccombere alla disperazione, ma di trovare un antidoto per la futilità dell’esistenza”. Si sa lui, spesso, ci riesce con ironia e mestiere. Midnight in Paris è sicuramente tra le pellicole più riuscite di Woody Allen: la storia è scaltra, furba, ironica e intelligente, a tratti irresistibile. Solo i maestri riescono con tale semplicità a rendere facile un concetto difficile e a saperlo trasmettere a milioni di persone. L’Oscar alla miglior sceneggiatura originale è il giusto riconoscimento di ciò che Woody Allen è riuscito a veicolare.
Fonti: Bad Taste, Comingsoon.it, Mymovies.it, Cinematografo.it, Cinematographe.it
Regia ***** Interpretazioni ***** Musiche ***** Fotografia ***** Sceneggiatura *****
MIDNIGHT IN PARIS *****
(Spagna/USA 2011)
Genere: Fantasy/Commedia/Sentimentale
Regia e Sceneggiatura: Woody Allen
Cast: Owen Wilson, Marion Cotillard, Rachel McAdams, Michael Sheen, Adrien Brody, Kathy Bates, Corey Stoll, Tom Hiddleston, Carla Bruni, Lea Seydoux
Durata: 1h e 35 minuti
Fotografia: Darius Khondji
Distribuzione: Medusa
Trailer Italiano qui
Vincitore i un Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale nel 2012
Film d’apertura del Festival di Cannes 2011
La frase: Temiamo la morte perché sentiamo che non abbiamo amato abbastanza o non abbiamo amato affatto, che alla fine sono la stessa cosa. Comunque, quando fai l’amore con una donna davvero eccezionale, una che merita il massimo rispetto in questo mondo e che ti fa sentire davvero potente, quella paura della morte sparisce completamente.
Immagine da www.cinefatti.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.