Dieci anni fa nelle sale cinematografiche usciva “Hugo Cabret” (anche se in Italia uscì nel febbraio 2012 grazie a 01 Distribution). La stragrande maggioranza dei critici sosteneva che fosse un film secondario della carriera di un regista leggendario come Martin Scorsese. Invece sostengo che sia uno fra i più importanti perché anticipava la crisi della fruizione della sala cinematografica, ma allo stesso tempo ne celebrava l’importanza fin della sua nascita. È il film testamento di Scorsese che, non a caso, compare in uno scherzoso cameo nei panni di un fotografo. Difficilmente rivedremo opere di tale importanza storico-artistica d’ora in poi. I 5 premi Oscar (tutti tecnici) sono sacrosanti.
È difficile vedere un film corale per famiglie costruito con così tanta perizia. Negli occhi del piccolo Hugo Cabret ci sono curiosità, interesse, fantasia, sogno, citazionismo mai fino a se stesso. Gli stessi di Martin Scorsese di quando era bambino, prima di diventare uno dei più grandi registi del nostro tempo. Fortunatamente non diventò prete e scelse di fare cinema. Non è un caso che il regista americano (di origini siciliane) sia considerato il degno successore di Melies, considerato universalmente il creatore degli effetti speciali nel cinema.
Io non sono né un critico né uno con le fette di prosciutto sugli occhi e sostengo vivamente che sia il più grande regalo da fare a un cinefilo (pensante ovviamente).
Il critico Federico Pontiggia sostiene che dentro questa pellicola c’è di tutto di più: “Hugo Cabret sprizza cinema e amore di cinema da ogni inquadratura. Dentro ci trovi cinema, meta-cinema, cinema-sogno, sogno-cinema, moviola demiurgica, da “Padreterno”, politica degli autori, interazione uomo-macchina, il grande orologiaio, la settima arte orfana di passato, il presente presago di ieri, oggi e domani colto dallo spioncino della cabina di proiezione, la conservazione e l’archivio. Il resto è proiezione, retroproiezione, long take e piano sequenza, carrellate ottiche, CGI e il 3D”. Ma c’è anche altro: il primo film della storia del cinema (“L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”), riferimenti a Jean Renoir, Carol Reed, René Clair, Brassaï, Cynthia Millar, Charles Dickens, George Melies, Emily Brontë, Jules Verne, Jean Gabin, Jean Eugène Robert-Houdin, Robin Hood, Harold Lloyd, Max Linder, Charlie Chaplin, Buster Keaton, Louis Jouvet, Christina Rossetti, Victor Hugo, Auguste e Louis Lumière. Sono citati libri come Cime tempestose, David Copperfield, I miserabili, Racconto delle due città. Ci sono perfino Salvador Dalì che mostra un suo disegno a James Joyce e un riferimento a uno dei più grandi incidenti ferroviari della storia francese (stazione di Parigi Montparnasse 22/10/1895). I film citati ed omaggiati da Scorsese sono più di 40. Tra i più riconoscibili “Il monello” di Chaplin, “I 400 colpi” di Truffaut e “Viaggio nella luna” di Melies.
È un’opera maestosa, ricca di poesia, fantasia, sogni, ansie, magia e storia del cinema comprensibile anche ai bambini. Purtroppo però c’è ancora troppa gente che non capisce che le novità non sarebbero tali senza l’esempio dei film di una volta. Un esempio calzante è “Ritorno al futuro” di Zemeckis. Se non ci fosse stata la pellicola “Preferisco l’ascensore” (1923) di Harold Lloyd, noi non avremmo mai avuto Doc, Marty McFly e la Delorean. Chi è venuto al nostro cineforum, lo sa visto che lo proiettammo qualche anno fa. In “Hugo Cabret” il film viene omaggiato quando Hugo rimane agganciato alla lancetta del gigantesco orologio mentre sfugge dall’ispettore ferroviario.
Il romanzo di Brian Selznick, da cui questo film è trasposto, è un autentico capolavoro della letteratura. Lo stesso autore dice di aver avuto l’ispirazione da un libro di Gaby Wood intitolato “Edison’s Eve: a magical history of a quest for mechanical life” che parlava della collezione di automi di Melies che fu donata a un museo. L’autore immaginò che un ragazzo ritrovasse l’automa in una soffitta e iniziò a lanciarsi in quest’avventura. Il New York Times lo ha giustamente definito “un film muto su carta”. Ha una particolarità: è romanzo, cinema e graphic novel. Ci sono parole, immagini, disegni fatti con il carboncino, illustrazioni dei primi film della storia del cinema. E’ qualcosa di più di una graphic novel. Questo volume è un’enciclopedia di inestimabile valore per la formazione di un giovane cinefilo (e non solo).
Nel film il tutto rivive grazie a due scenografi italiani: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, collaboratori di Scorsese dai tempi de “L’età dell’innocenza”. Questa coppia ha vinto qualcosa come 6 Oscar in due, tra cui quella condiviso proprio per “Hugo Cabret”.
Veniamo alla storia. Siamo a Parigi negli anni ’30. Trentacinque anni prima nella stessa città, il 28 dicembre 1895, 33 spettatori assistettero alla prima proiezione ufficiale che sancì la nascita del cinema. Era un periodo difficile: in America c’era la Grande Depressione, la settima arte stava per passare dal muto al sonoro (come raccontato in maniera magistrale da Michel Hazanavicius in “The Artist”, opera per certi versi complementare a questo film).
Il film si apre con una carrellata in avanti. Hugo Cabret (“Il bambino con il pigiama a righe” Asa Butterfield) è un dodicenne orfano che vive all’interno dell’orologio della stazione di Parigi. Dopo la morte prematura della madre e quella successiva del padre (Jude Law) in un incendio, finisce per andare a vivere con lo zio Claude (Ray Winstone di “The Departed”). Impara a riparare orologi e diventa il manutentore alla stazione.
Una passione che ha ereditato dal padre. Così come quella per il cinematografo. Il più grande mistero per Hugo è risolvere l’enigma di un automa che il padre non è riuscito a riparare. C’è una piccola serratura a forma di cuore. Serve una chiave per rimettere in sesto il meccanismo.
Hugo comincia a rubacchiare qua e là dei pezzi nel negozio di giocattoli di Georges (Ben Kingsley di “Gandhi” e “Shutter Island”), ma viene scoperto.
Dopo aver visto l’abilità del ragazzo nella riparazione di un giocattolo rotto, Georges gli propone di lavorare nel negozio di giocattoli come assistente, pur non intaccando il lavoro di manutentore degli orologi della stazione. Hugo però deve stare attento perché Gustave (Sacha Baron Cohen di “Borat”), reduce di guerra e ispettore ferroviario, con tanto di cigolante protesi alla gamba (solo alla fine scopriremo il reale perché della cosa), acciuffa monelli e orfani che, vivendo di espedienti, cercano di sottrarsi all’orfanotrofio.
Con il tempo Hugo instaura un’amicizia con Isabelle (Chloe Grace Moretz), la figlia di Georges. Piano piano l’amicizia fra i due cresce e il ragazzo decide di mostrarle l’automa. Ben presto Hugo comprenderà che Georges nasconde un segreto. I due ragazzi iniziano una strabiliante avventura che li condurrà agli albori della nascita del cinema. Innegabilmente “Hugo Cabret” è un atto d’amore di Scorsese verso la magia della settima arte che, oltre alla funzione artistica, aveva un ruolo anche di intrattenimento verso il pubblico in un periodo di grande difficoltà. Siamo infatti nel periodo tra le due guerre mondiali e nel mezzo di una crisi economica senza precedenti. E’ un film attualissimo per chi lo vede oggi per la prima volta.
Scorsese però non cede esclusivamente all’aridità tecnologica, ma sceglie di fare un film sentimentale, di formazione. Quella macchina più grande di noi, chiamata mondo, è come l’ingranaggio di un orologio (o perché no anche dell’automa). Per ripararlo serve la collaborazione di tutti. Ogni pezzo deve far leva su un altro al fine di rimettere in sesto il meccanismo. La chiave a forma di cuore è chiaramente il nesso. L’ambientazione della stazione non è casuale per almeno tre motivi: è il luogo dove è ambientato il primo film della storia del cinema, è stato sede di uno dei più grossi incidenti ferroviari francesi, ma è anche il luogo di passaggio affollato e frenetico dove la gente non riesce più a incontrarsi davvero. Si sale e scende dai treni, si compra qualcosa. E’ molto moderno questo discorso: infatti sia l’ispettore sia i due ragazzini vivono le loro vite solitarie e capiranno strada facendo l’importanza degli altri. Così come papà Georges che concederà un’occasione al povero Hugo che considerava solo un ladruncolo.
Scorsese riesce in un’opera per ragazzi a rendere tutto il meccanismo un film esistenziale. Nelle parole di Hugo Cabret c’è condensato il nocciolo della questione: “Immaginavo che tutto il mondo fosse un enorme meccanismo, le macchine non hanno mai dei pezzi in più, hanno sempre l’esatto numero che serve, così ho pensato che se tutto il mondo era un’enorme macchina, io non potevo essere in più, dovevo essere qui per qualche motivo, e questo deve valere anche per te”.
Oggi più che mai in questo disastrato mondo c’è bisogno di Hugo Cabret e del cinema di Martin Scorsese.
Fonti: Comingsoon, MyMovies, storiadeifilm, onda cinema
Regia ***** Interpretazioni ***** Scenografia ***** Fotografia ***** Sceneggiatura ***** Montaggio *****
HUGO CABRET *****
(USA, Francia, Regno Unito 2011)
Genere: Avventura, Drammatico, Storico, Fantasy
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: John Logan
Cast: Asa Butterfield, Chloe Grace Moretz, Ben Kingsley, Jude Law, Sacha Baron Cohen, Ray Winstone, Christopher Lee
Durata: 2h e 7 minuti
Fotografia: Robert Rrichardson
Scenografia: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo
Trasposizione del romanzo “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” Di Brian Selznick
Distribuzione: 01 Distribution
Budget: 170 milioni di dollari
Vincotore di 5 Premi Oscar 2021 (Miglior Fotografia, Miglior Scenografia, Miglior Sonoro, Migliori Effetti Speciali e Miglior Montaggio Sonoro)
Trailer Italiano qui
La frase: Immaginavo che tutto il mondo fosse un enorme meccanismo, le macchine non hanno mai dei pezzi in più, hanno sempre l’esatto numero che serve, così ho pensato che se tutto il mondo era un’enorme macchina, io non potevo essere in più, dovevo essere qui per qualche motivo, e questo deve valere anche per te.
Immagine da www.cinefiliaritrovata.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.