Tra le nuove generazioni è possibile che la figura del Demogorgone sia più nota di quella del demoproletario: la prima è però stata rilanciata da una serie televisiva caratterizzata da forti richiami alla cultura pop degli anni ’80. Lo stesso decennio a cui si rivolge Alfio Nicotra nel suo libro dedicato a Democrazia Proletaria, L’agile mangusta (Alegre, 2021).
Si tratta di un testo nato durante i primi mesi di pandemia Covid-19, quando l’autore decide di riprendere in mano il proprio percorso accademico, avendo già dato tutti gli esami necessari, per scrivere una tesi dedicata alla sinistra del PCI nel corso della IX legislatura. Il materiale universitario è poi stato rielaborato per le librerie e viene distribuito a trent’anni dallo scioglimento di DP.
Uno degli obiettivi dichiarati è quello di sottrarre al pregiudizio un periodo storico abitualmente associato al disimpegno dalla politica, segnato dallo sgretolarsi della Prima Repubblica, mentre a livello internazionale si affermano i governi di Reagan e Thatcher. L’impegno civile assume forme diverse, in particolare con il movimento per la pace e quello contro il nucleare, inserito in una più ampia e nuova consapevolezza per la centralità della questione ambientale.
I sei capitoli del volume partono dalla delusione elettorale subita dalle sinistre nel 1972, per seguire poi una storia conclusasi nel 1991, quando ha inizio la fase costituente della Rifondazione Comunista. Al centro la presenza istituzionale e l’anomalia di un rientro in Parlamento dopo la “traversata nel deserto” tra il 1979 e il 1983 («un unicum nella storia dei partiti politici dell’Italia repubblicana»). La presenza alla Camera (e poi al Senato) riceve una forte attenzione per evidenziare il ruolo al servizio del partito dei gruppi eletti, in una relazione costante e ricercata attivamente nei confronti dei conflitti e dei movimenti che attraversarono l’Italia in quegli anni.
Il libro di Alfio Nicotra contiene anche un’importante appendice, aperta da un’intervista a Franco Calamida (morto prima di poter vedere la pubblicazione del tomo) e non priva di elementi grafici (archivio fotografico e manifesti, oltre ai simboli elettorali e di partito).
La scrittura risente solo in parte della finalità scientifica con cui le ricerche sono state svolte, lasciando alcuni spazi a testimonianze dirette di un autore che nella sua vita è stato un giovane dirigente di Democrazia Proletaria. Il rigore con cui le ricostruzioni storiche vengono delineate non è sufficiente a celare un sentimento di malinconia, evocato da Giovanni Russo Spena nella sua relazione finale al congresso di scioglimento di DP («malinconico entusiasmo»).
C’è spazio anche per rilievi critici, a partire dal carattere monosessuato della prima rappresentanza parlamentare, per arrivare alla litigiosità all’interno dei gruppi dirigenti, passando dalle scissioni con cui nascono le prime formazioni ambientaliste che poi confluiranno in una Federazione delle Liste Verdi.
L’aspirazione demoproletaria era quella di creare un’organizzazione capace di parlare alle masse, nonostante fosse una formazione limitata nel numero delle persone aderenti: il momento di più alte iscrizioni è il 1988, con il superamento di quota 10.000, che sarebbe però stato al contempo «il punto di volta verso un rapido e inesorabile declino» del partito.
Fuori dal “campo sovietico” si muove un’agile mangusta, capace di definire un perimetro dato dall’impegno ecologista e pacifista, in cui l’attenzione per le questioni legate al lavoro e all’economia si unisce a un dialogo con le nuove realtà che stanno nascendo nella società, come Medicina Democratica e Unione Inquilini, impegnate rispettivamente per il diritto alla salute e quello alla casa.
Inevitabile il riconoscimento del ruolo svolto (in positivo e negativo) da Mario Capanna, l’autore dell’espressione che dà il titolo al libro. Significativo il ricordo dell’impatto che la morte di Enrico Berlinguer ebbe anche sull’elettorato di Democrazia Proletaria.
Per chi non ha vissuto i tempi della Prima Repubblica la parte più importante è però legata allo sforzo di “assaltare il cielo” con capacità analitica verso l’esperienza nata attorno alla Terza Internazionale, praticando una lettura critica rivolta al capitalismo in cui trovò spazio una nuova analisi del fenomeno mafioso: la storia di Giuseppe (Peppino) Impastato nasce ben prima del film I Cento Passi e va oltre la storia di un “ragazzo” impegnato a contrastare la criminalità organizzata.
La legge elettorale proporzionale ha favorito un’esperienza importante nella storia della Repubblica Italiana, capace di attrarre personaggi importanti del mondo dell’arte e dello spettacolo, ma sempre legata a risultati elettorali ben distanti da quelli del PCI.
All’interno del Partito della Rifondazione Comunista, in cui Democrazia Proletaria non confluì ufficialmente, impegnando le sue compagne e i suoi compagni ad aderire individualmente alla nascente organizzazione, non è raro che alcune figure vengano additate come demoproletarie (la stessa cosa succede in misura minore in altre realtà politiche). Il problema è capire se questa parola abbia ancora un significato per chi si affaccia oggi alle sue prime manifestazioni, come quelle per la difesa del pianeta lanciate dai Fridays For Future.
Si tratta di uno strumento utile a ricordare che più strade sono state percorse, per un futuro che sembra essersi frantumato ma da riscoprire, con la capacità di praticare nuovi inizi e sviluppando consapevolezza storica.
Gli anni ’80, ci dice Nicotra, non sono stati solo l’inizio di un arretramento sul piano dei diritti, in Italia. Si è sperimentato ed elaborato, ottenendo anche qualche risultato a favore delle classi lavoratrici e delle persone in condizione di fragilità.
Per questo L’agile mangusta rappresenta una lettura utile per il presente e per immaginare il futuro.
Classe 1988, una laurea in filosofia, un dottorato in corso in storia medievale, con diversi anni di lavoro alle spalle tra assistenza fiscale e impaginazione riviste. Iscritto a Rifondazione dal 2006, consigliere comunale a Firenze dal 2019.