Il fenomeno del cosiddetto “complottismo” è ormai una costante presenza in qualsiasi tipo di ragionamento pubblico. La (monumentale) opera di Wu Ming 1, La Q di Qomplotto (edizioni Alegre), affronta l’argomento a partire dalla sua più rumorosa espressione, QAnon; ben lungi dall’essere un fenomeno “solo” americano, il libro ne analizza il genoma mostrando come il fenomeno sia un conglomerato di miti tossici che sono un buon distillato della moderna storia europea.
Il costante rimando ad una “tradizione” europea è al centro dell’analisi e della narrazione del libro, che si compone di due parti: una prima metà dedicata ad isolare le componenti contemporanee (l’immaginario pop e controculturale, la “propulsione algoritmica” che ne alimenta l’espansione nei social network, il terreno fertile che incontra in settori socialmente e culturalmente disagiati della società) ed una seconda metà, inserita nella cornice narrativa del sogno cosciente, in cui viene forzata l’emersione dell’anima europea del fenomeno e viene sezionato l’intreccio – perverso – di miti tossici che hanno accompagnato la strutturazione del potere in Europa dal XII secolo.
L’”accusa del sangue” a carico degli ebrei per marcarne la ghettizzazione, la caccia alle streghe come dispositivo atto a spezzare la socialità contadina nel passaggio dal dominio feudale a quello borghese, la fioritura dell’occultismo e dello spiritismo “à la carte” conseguente al riflusso post-sessantottino, sono alcuni degli elementi che vengono messi alla luce per tracciare il genoma di un fenomeno moderno con radici antiche. In questo continuo rimando tra passato e presente, anzi, tra un passato che non passa e un presente costantemente tradito nelle promesse di giustizia, eguaglianza ed illimitate opportunità sta uno dei punti di forza del libro, che tratta il fenomeno con una grandissima empatia, pur condannando con durezza e senza appello quello che è il brodo di coltura ed il motore mitologico di stragi di estrema destra. L’attenzione verso QAnon e il fenomeno delle fantasie di complotto, una definizione di “complottismo” che ha il merito di spostare l’attenzione dalla categoria del “complotto” – categoria politica e sociale che non si può liquidare facilmente, soprattutto in un Paese che ha visto anarchici volare giù dalla finestra per un malore e militanti esplosi per errore sui tralicci dell’alta tensione – a quella della “fantasia”, per rimarcare che il problema non è il complotto quanto la dipartita di una buona fetta di società dalla realta.
Qui sta anche l’altra intuizione-architrave del libro, ossia che la fantasia di complotto sia una fuga dalla realtà che maschera l’impotenza di coloro che dalla ristrutturazione neoliberale dell’economia e della società hanno perso o non hanno guadagnato quanto veniva loro promesso. La fantasia di complotto è “il respiro della creatura oppressa”, una fuga dalla realta’ verso un mondo immaginario che permette di rappresentarsi non come gli sconfitti e i sommersi ma come gli eroi e i giustizieri in lotta per i bambini e l’umanità. Che poi questa fantasia rappresenti un mondo dispotico governato da una cricca di pedofili satanisti impegnati a succhiare il sangue di bambini per raggiungere l’immortalità in bunker sotterranei dovrebbe far riflettere sul mondo da cui questa gente fugge. Un mondo di privilegio, certo, per la componente bianca e middle class, ma allo stesso tempo un mondo che si percepisce in declino e sempre più fragile, in cui la stretta dei valori borghesi non permette un immaginario positivo e distensivo, in cui angoscia e paranoia vengono pompate nel corpo sociale per puntellare un dominio di classe sempre piu’ ingolfato nel tentativo di risolvere le mille e mille contraddizioni del presente. Un’altra interessante posizione e’ quella di considerare le fantasie del complotto dei meccanismi di compensazione psicologica favoriti dalla serrata della borghesia nei confronti dell’immaginario di alternativa: QAnon è figlio del “there is no alternative”, perché se non posso pensare ad un altro mondo possibile non mi rimane che negare il mondo attuale e pensarlo come la manifestazione visibile di un sotterraneo cavernoso e invisibile.
Il libro mette in risalto la pervasività di queste narrazioni, la loro capacità di mutare rapidamente per inglobare sempre più elementi, come è successo con il flirt di Trump e dei Repubblicani che è finito con l’incorporazione dello stesso Trump nella narrazione di QAnon, nelle vesti dell’eroe in lotta contro il Deep State (lo “Stato profondo” formato dai satanisti che governa gli USA e il mondo intero) e con lo sprofondare del Partito Repubblicano in questo magma. Narrazioni i cui miti fondatori – tutto il libro è profondamente debitore a Furio Jesi di molteplici intuizioni (mi permetto di rimandare ad una recente iniziativa online su Furio Jesi organizzata dall’Area Cultura di Rifondazione Comunista che potete trovare a questo link) – sono stati costruiti in Europa e distillati nel corso degli ultimi ottocento anni.
La seconda parte del libro tratta appunto di questi miti, mostrandone la genesi e le ragioni profonde che ne hanno permesso la sopravvivenza (spoiler: è sempre una questione di potere). La cornice narrativa del sogno lucido, cosciente, permette al lettore di immergersi in quasi duecento pagine di politica, storia, geografia, sulle ali benevole di un Eco redivivo: il sogno è infatti una specie di continuazione de “Il pendolo di Foucault” di Umberto Eco, da cui ne riprende l’ambientazione – il bar di Pilade, luogo di incontro della controcultura e della militanza politica nel libro di Eco – e alcuni protagonisti – i redattori Belbo e Diotallevi. Umberto Eco è infatti l’altro grande debito che il libro di Wu Ming 1 segna sui registri contabili e questo recupero ne è in parte il tangibile pagamento. L’espediente permette di richiamare la potenza descrittiva di Eco nel sondare la fascinazione per l’occultismo e le società segrete che ha interessato la società contemporanea a partire dagli anni ’80. Un segno del riflusso succeduto alla sconfitta dell’”assalto al cielo”, certo, come dimostrato dal riciclo di molti personaggi e formazioni passate dal maoismo al culto di Iside, ma anche una promessa tradita della modernità che, nell’ansia di precludere ogni alternativa anche solo immaginaria, amplifica le componenti neopositiviste legate alla tecnicizzazione del dominio della borghesia. Cos’è infatti la “magia” se non il tentativo di formalizzare una tecnica per il dominio diretto del mondo? E se esiste solo questo mondo, e’ il caso di sfruttarlo completamente, senza lasciare vuoti o terre incolte.
Per concludere, “La Q di qomplotto” è un libro denso, ben scritto, nel quale non è necessario essere d’accordo con l’Autore per cogliere spunti e motivi di riflessione, ma dal quale è sicuramente possibile, grazie alla deontologia professionale esibita nell’apparato bibliografico e nella disseminazione delle tracce e delle chiavi di lettura nel testo, estrarre informazioni per una personale elaborazione.
Immagine dettaglio della copertina di La Q di Qomplotto