Il Ferragosto in fabbrica con cena di pesce per un centinaio di operai GKN è stata anche l’occasione per mettere in cantiere le prossime iniziative di lotta. Nuove mobilitazioni sulla base di un documento in dieci punti approvato dall’assemblea dei lavoratori, in cui si auspica che “il nostro `Insorgiamo´ si trasformi in un moto generale di indignazione che vada oltre la nostra stessa vertenza e che si allarghi all’intero mondo del lavoro. Ma di una cosa siamo certi: GKN Firenze non cadrà senza aver fatto di tutto per convocare una mobilitazione nazionale a Roma”.
La lucida combattività delle tute blu GKN è figlia di una realtà che fa dello stabilimento di Campi Bisenzio una roccaforte della FIOM CGIL, con una RSU monopolizzata (solo USB ha un delegato), e una forte componente di “Riconquistiamo tutto! Il sindacato è un’altra cosa, opposizione in CGIL”, la minoranza interna della confederazione.
Così nel documento approvato dall’assemblea dei lavoratori, e già anticipato per sommi capi sotto Palazzo Vecchio nella manifestazione dell’11 agosto, si sottolinea l’inutilità delle teoriche “poche ore” concesse dal governo ai padroni del fondo Melrose, silenti ormai da 12 giorni: “Loro vogliono chiudere lo stabilimento distruggendo 500 posti di lavoro, non le andava concesso altro tempo per valutare l’offerta di 13 settimane di cassa integrazione, che deve essere integrata dall’azienda ed estesa a tutte le ditte in appalto. Ad avere problemi di tempo siamo noi”.
Il 22 settembre, ricorda infatti il decalogo, scadranno i termini per la procedura di licenziamento, “procedura su cui la FIOM ha giustamente fatto ricorso ex articolo 28”. E, comunque vada, gli operai GKN ricordano all’esecutivo di Mario Draghi che “in questo nostro paese le ‘reindustrializzazioni’ e il ‘compratore privato’ si sono sempre rivelati miraggi, o peggio operazioni opache e di dubbia legalità”, segnalando i casi della Electrolux di Scandicci e ancora Blutech, Trw, Acciaierie di Piombino e Bekaert. Quindi, se anche ci fosse un acquirente, “lo Stato dovrebbe fare da ponte con un intervento diretto, per tutelare la continuità produttiva nel caso il privato si smaterializzi, cosa già successa decine di volte”.
Anche sulla legge antidelocalizzazioni l’assemblea di fabbrica ha le idee chiare: “Non deve essere scritta sulle nostre teste, deve essere scritta con le nostre teste”. Di qui l’invito a “singoli, associazioni, organizzazioni appartenenti all’area della giurisprudenza democratica, a iniziare una discussione che ci aiuti a tradurre in linguaggio legislativo quanto questa nostra lotta va rivendicando”.
Perché il “modello francese” su cui a Roma ci si baserebbe “non impedisce le delocalizzazioni ma semplicemente le ‘procedurizza’. Anzi, si rischia di indicare come monetizzare le delocalizzazioni”. Così si chiede che “Stellantis, che si prepara a un ulteriore disimpegno dall’Italia, torni invece ad assegnare allo stabilimento di Firenze le commesse che ci sono state sottratte, perché il futuro di GKN è la prova del nove del futuro dell’intero automotive in questo paese”.
E infine si ricorda: “Solo se cambiano i rapporti di forza generali noi possiamo sperare di salvarci. E se noi vinciamo, cambiano i rapporti di forza a favore di tutto il mondo del lavoro”.
Apparso su Il Manifesto in data 17.08.2021
Immagine di Valeria Ceccatelli (dettaglio) da flickr.com
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.