Premessa: ovviamente lo scenario disegnato per quanto riguarda il futuro è assolutamente ipotetico, e forse non così probabile. Quanto attiene al presente, invece, è del tutto reale, anche quando viene trattato con una certa dose di ironia.
La storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, diceva Marx.
La notte elettorale consegnava pian piano, tremendamente piano, alla storia i suoi verdetti. Tragedia sicuramente, ma forse anche una gigantesca farsa. I dati, inizialmente occasione di giubilo per i democratici, con il flip del North Carolina, una corsa tesissima in Pennsylvania e Ohio e la prospettiva di conquistare la Florida e l’Arizona, iniziavano a disegnare uno scenario ben diverso, o forse familiare: quello del 2016, di nuovo. Certo, il North Carolina era passato all’asino, che aveva conquistato anche Arizona e Ohio; ma la Florida era rimasta con Trump, così come la Pennsylvania, mentre (disastro nel disastro) il Minnesota si colorava di rosso. Non bastava. Le belle vittorie senatoriali democratiche in Colorado, Montana, Maine e Arizona passavano in secondo piano e si trasformavano in un’altra piccola grande sconfitta: data la prova coraggiosa ma insufficiente di Jones in Alabama, senza la vicepresidenza, rimanevano quasi inutili. I molti voti postali non ancora contati, sui quali nelle prime ore convulse di realizzazione della batosta molti commentatori liberal avevano riposto le loro speranze, era diventato presto chiaro che non avrebbero potuto fare la differenza. Biden, facendo adirare per l’ennesima volta i frequentatori più molesti di Twitter, riconosceva pubblicamente e con il rivale repubblicano la sconfitta.
Una sconfitta che, soprattutto con un margine così risicato, dopo mesi di campagna elettorale condotti sempre in testa, bruciava forse anche più del 2016. Quasi inspiegabile, sicuramente inspiegata.
Eppure i segnali, a volerli cercare, c’erano tutti.
Un elemento su cui sarebbero stati versati fiumi d’inchiostro era sicuramente la nomina di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema.
Al di là delle considerazioni più o meno superficiali sulla legittimità della nomina o sull’ipocrisia dei senatori repubblicani (che la politica politicata fosse il regno del filisteismo evidentemente giungeva nuovo alle orecchie di molti giornalisti e lettori di magazines politici filo-Dem), ciò che attirava – giustamente – l’attenzione era il ruolo strategico che l’intero processo, politicizzatissimo, polarizzatissimo e mediatizzatissimo, aveva avuto nelle ultime settimane di campagna elettorale prima del voto. La faccenda, per gli analisti con meno bava alla bocca, si poteva riassumere come l’ennesima rappresentazione plastica della passione per l’autolesionismo della sinistra mondiale.
Coney Barrett è una giurista testualista che ha fatto da clerk al defunto giudice conservatore alla Corte Suprema Antonin Scalia e si è poi occupata, nella sua carriera accademica, di questioni costituzionali e di filosofia del diritto, esponendo nei suoi scritti tutti i punti classici del conservative legal movement; ma, soprattutto, è una devotissima cattolica, probabilmente affiliata ad un piccolissimo gruppo vicino al Rinnovamento Carismatico. La strategia della campagna per la rielezione di Trump era in questo tanto ovvia quanto potenzialmente efficace: dare alla base repubblicana di stampo religious conservative – ancora sfiduciata dall’apparente voltafaccia di Gorsuch in Bostock v. Clayton County – una figura che simboleggiasse la promessa mantenuta di nominare giudici conservatori alla Corte Suprema quanto alle Corti di livello inferiore, e tendere una trappola ai (“trollare” i, si potrebbe dire) democratici, sperando che gli attacchi dei Dem al Congresso e nei media contro Coney Barrett vertessero sulla sua fede cattolica e/o si spingessero oltre misura, oltre il limite del buon gusto e della decenza. Rafforzare e suffragare lo stereotipo altrimenti davvero un po’ marziano del Partito Democratico come partito di estremisti di sinistra e ultraliberals che odiano il Cristianesimo e odiano ancor più il Cattolicesimo, oltre a compattare la coalizione trumpiana, era fondamentale al buon fine del cruciale compito di conquistare i voti degli elettori fedeli alla Chiesa romana[1], bianchi e soprattutto latini, negli stati ancora in bilico.
Una strategia portata avanti su più fronti, dalle pagine della rivista di riflessione ad alto livello del conservatorismo religioso First Things, sulle quali il segretario di Stato Pompeo ha pubblicato un editoriale contro la Cina (sia detto di passaggio, l’insistenza anti-Cina potrebbe rivolgersi anche alla nutrita comunità musulmano-americana, alleato improbabile per Trump ma forse non troppo, almeno in questo, stante la situazione dello Xinjiang[2]) che sembra aver irritato proprio le gerarchie del Vaticano di Francesco, alle iniziative per la “libertà religiosa” benedette proprio dal Segretario di Stato e dall’ambasciata USA presso la Santa Sede[3].
Già la nomina di Coney Barrett al Settimo circuito delle Corti d’Appello federali, qualche anno prima del fatale 2020, aveva fornito un occasione d’oro ai democratici per mettersi in imbarazzo: occasione colta al balzo dalla senatrice Feinsein (D-CA), che dichiarò, rivolgendosi alla nominanda, «the dogma lives loudly within you» (“il dogma vive forte in te”, più o meno); facendo contenti, come si può immaginare, i fan della saga di Star Wars più dei suoi colleghi[4].
Le più recenti, trite e ritrite, speculazioni sul gruppo – certo assai conservatore, anche all’interno della Chiesa stessa, ma poco più – a cui Coney Barrett sarebbe affiliata, nei media liberal e fuori, sicuramente non hanno fatto molto per far passare l’idea che i democratici fossero interessati non a calunniare il Cristianesimo, ma ad accertarsi che la fede individuale – un’esperienza di fede di stampo non così sottilmente conservatore – non schiacciasse la dottrina giuridica su temi fondamentali come l’aborto o i diritti LGBT. Discussione legittima e anzi urgente, ma che avrebbe richiesto ai commentatori tanta noiosa esegesi di pubblicazioni accademiche in giuridichese e tanta noiosissima ricerca nella storia giuridica del soggetto[5], col rischio di perdere tempo prezioso e alla fin fine di non riuscire a far passare un – necessario sotto elezioni – messaggio di condanna non ambiguo.
Nell’ombra gettata dai grandi temi sociali rimangono molti interrogativi economici, così come sulla tutela del diritto di voto o sulle donazioni alle campagne elettorali, se si eccettuano i fondati timori di un possibile ribaltamento dell’Obamacare. Eppure annichilire il movimento sindacale e ridurre l’intervento statale sono cavalli di battaglia del conservatorismo legale dai tempi delle diatribe sulla costituzionalità di parti del New Deal (Roosevelt reagì al siluramento di parte delle misure newdealiste minacciando di “riorganizzare” la Corte Suprema aggiungendovi altri cinque giudici con il Judicial Procedures Reform Bill del 1937. Idea recentemente, guarda caso, resuscitata. Non andò bene, e FDR si dovette accontentare di sostituire i vacanti). I diritti civili nell’esercizio del voto hanno toccato uno dei punti più bassi in assoluto dall’epoca del Voting Rights Act, sostanzialmente decapitato proprio dalla Corte Suprema nel 2013.
Certo, sono molto più vendibili i tanti pessimi esercizi comparativi e pseudofilologici tra Cattolicesimo carismatico e la tirannide teocratica e fascistoide del popolare romanzo e serie TV Il racconto dell’ancella[6] – nel quale, da quanto mi risulta, non figurano donne in posizioni apicali nello stato e nel sistema giudiziario, ma magari mi sbaglio – e addirittura i più rari ma più gustosi ipotetici scenari ricostruiti di scontro intestino tra Rinnovamento Carismatico e suoi derivati e Papa Francesco, resi assai improbabili e anche un po’ ridicoli dal fatto che un membro del gruppo cui Coney Barrett farebbe riferimento, Sua Eccellenza il Vescovo Ausiliare di Portland (Or.) Peter Leslie Smith, è stato nominato all’episcopato ausiliare proprio da Francesco stesso. Un brutto caso di quanto alcune personalità mediatiche di centrodestra hanno sempre definito Trump derangement syndrome, ovvero la reazione emotiva eccessiva e rabbiosa del mondo Dem a qualunque cosa il quarantacinquesimo presidente faccia o dica. Fino all’autocontraddizione, o, appunto, all’autolesionismo.
Autolesionismo riportato e riproposto alla nausea dalla miriade di pagine e account social di pseudo-notizie create ad arte per evidenziare le presunte assurdità dei democratici prendendo di peso singoli articoli o singole dichiarazioni a video e inserendole in un contesto pseudo-satirico, tutte ovviamente legate alla campagna repubblicana.
Qualche voce, nella stampa e nella politica, come quella del sen. Manchin (D-W.Va.), si è sollevata a ricordare che i test religiosi per le cariche pubbliche sono esplicitamente vietati dalla Costituzione statunitense, e che interrogare un aspirante ad una carica sulla sua affiliazione religiosa, per quanto non inedito, è almeno inopportuno e rischia di passare come pregiudizio, inascoltate.
Missione compiuta.
L’ennesimo affronto ha energizzato la base democratica, che si è recata alle urne in massa, purtroppo più che altro in stati già tinti di blu. L’elettorato latino, invece, già poco convinto dalla campagna democratica, caratterizzato da una percentuale di supporto per le proteste antirazziste che hanno segnato duramente l’estate e l’autunno addirittura inferiore tanto alla media americana (39%) quanto a quella dei bianchi (35%)[7], combinato e sovrapposto all’elettorato cattolico bianco in una manciata di stati, è finito per costare a Biden – ironicamente, suo correligionario – la presidenza.
Ai margini, qualche altro raro e fondamentale elettore indeciso, inoltre, era forse stato perso “grazie” all’abitudine di “teste pensanti” e politici democratici di sostenere il picconamento di qualunque istituzione o norma si frapponesse tra loro e le sunlit uplands del progressismo dottrinario o semplicemente minacciasse un rapporto di forza sfavorevole: dall’electoral college, ovviamente, alla filibuster[8], definita addirittura un simbolo del razzismo del regime Jim Crow, che evidentemente perde il suo carattere di intrinseco ed estremo razzismo quando sono i Dem a utilizzarla[9], alla Corte Suprema[10], magari seguendo i passi di FDR e tentando il court packing[11], al Senato stesso, o cancellando il compromesso con gli stati più piccoli a favore della proporzionalità[12], in realtà rafforzato nelle ragioni piuttosto che reso obsoleto dall’elezione diretta dei senatori (1913), o indulgendo in una sorta di mega contro-gerrymandering aggiungendo nuovi stati blu suddividendone di vecchi (la California) o ammettendone di nuovi (DC, Puerto Rico)[13]. A margine: tutti piani che richiederebbero una solida maggioranza in Senato.
Tutto legittimo in un Paese democratico e con una stampa libera; qualche proposta aveva anche un suo merito, adombrato dall’ovvia sensazione che scagliarsi agonisticamente contro il gioco non fosse che, semplicemente, l’ennesimo triste simbolo dell’incapacità di giocare, e di capire il perché delle sconfitte. D’altronde se i democratici si sono resi con poche eccezioni invotabili dalla maggioranza dell’elettorato rurale e degli stati dell’interno e del sud (quando Clinton nel 1996 vinceva anche in Tennessee, West Virginia e Arkansas, e Obama ancora nel 2008 vinceva in Indiana), da chiunque non sia e di idee progressiste e disposto a votare un personale lontano dal proprio posizionamento politico (rincorsa – a parole – a sinistra pressoché inutile, visto che una buona dose di ultraliberals non era e non è stata disposta a votare il ticket Biden-Harris perché quest’ultima ha nella vita avuto il grande peccato di fare… la procuratrice?), se hanno progressivamente perso terreno nelle legislature e nei governatorati statali, e se non riescono a tenere insieme la propria coalizione contro la strategia di stretta minoranza repubblicana non è certo del tutto e solo colpa del disegno istituzionale statunitense.
Forse, se tutto questo scrivere e pensare non ha fatto perdere consensi, di certo ha fatto perdere tempo, che sarebbe stato utile dedicare alla politica vera, e non alla fantascienza. To rage against the dying of light, per un universo politico, quello liberal-leftist, favorito dalla demografia e certamente con le idee migliori e più di ampie vedute, non è sicuramente un atteggiamento granché produttivo.
In altre parole, perché invece non abbandonare la metapolitica dottrinaria, ideologica, e i suoi sogni demenziali di ingegneria sociale, vero male della sinistra ovunque e in tutti i tempi, per abbracciare invece un pragmatismo che riconosca i limiti della politica, e riconosciutili cerchi di agire in ogni data situazione nel modo più efficace ed efficiente possibile?
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https://abcnews.go.com/Politics/wireStory/battleground-states-catholics-pivotal-swing-vote-73164588 ↑
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https://www.firstthings.com/web-exclusives/2020/09/chinas-catholics-and-the-churchs-moral-witness ↑
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https://www.open.online/2020/09/30/pompeo-in-visita-in-italia-attacca-la-cina-e-accusa-di-nuovo-il-vaticano/ ↑
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https://www.nytimes.com/2020/09/26/us/politics/the-dogma-lives-loudly-within-you-revisiting-barretts-confirmation-hearing.html# ↑
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Va dato atto che qualcuno l’ha fatto, anche se da prospettive assai diverse. https://www.npr.org/2020/09/24/915781077/conenator-who-is-amy-coney-barrett-front-runner-for-supreme-court-nomination
https://www.nationalreview.com/bench-memos/judge-barretts-record-on-abortion/ ↑ -
Sulla questione, due ottimi articoli di analisi e smentita, che purtroppo nel nostro futuro (si spera) alternativo non sono evidentemente bastati.
https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2020/09/judge-cant-be-handmaid/616494/
https://www.vox.com/culture/21453103/amy-coney-barrett-handmaids-tale-supreme-court ↑ -
https://apnews.com/article/breonna-taylor-race-and-ethnicity-shootings-police-new-york-24af876f135f529d95c9c857ad9aaa0e ↑
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https://www.newyorker.com/news/daily-comment/it-really-is-time-to-get-rid-of-the-filibuster
https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2020/06/senate-filibuster-monument-white-supremacy/613579/ ↑
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https://www.washingtonpost.com/opinions/2020/09/23/dont-fall-filibuster-abolition-its-trap/
https://www.nationalreview.com/corner/democrats-use-racist-jim-crow-relic-to-kill-coronavirus-relief-bill/ ↑
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https://www.newyorker.com/news/our-columnists/the-case-for-ending-the-supreme-court-as-we-know-it
https://www.theatlantic.com/politics/archive/2020/09/supreme-court-retirement-age/616458/ ↑
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https://edition.cnn.com/2019/05/31/politics/democrats-supreme-court-packing-politics/index.html ↑
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https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2019/01/heres-how-fix-senate/579172/ ↑
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https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2020/02/case-new-states/606148/ ↑
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Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all’Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università degli Studi di Torino. Mi interesso di epistemologia delle scienze sociali, filosofia politica e del diritto, antropologia culturale e storia contemporanea. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l’animazione, i fumetti ed il vino.