Pubblicato per la prima volta il 5 aprile 2018
Gopal Chandra Ganguly vive a Calcutta ed è un membro storico del Partito Comunista Indiano (Communist Party of India, CPI). Nato nel 1922 a Dhaka (attualmente in Bangladesh), ha sentito fin da giovanissimo la necessità di lottare per un’India libera e contro la dominazione coloniale britannica. La sua adesione e militanza all’interno del celebre movimento di liberazione nazionale “Quit India” gli è costata 18 mesi di prigionia. Nel 1946, subito dopo la sua scarcerazione, si è iscritto al Partito Comunista nel quale ha ricoperto varie posizioni. All’età di 95 anni, vive ancora nella speranza che un giorno il mondo sarà un posto migliore, senza classi sociali né oppressione. Nonostante lo stato di salute precario e le difficoltà a scrivere, è stato felice di rispondere per e-mail alle nostre domande.
1. Quando avevi appena vent’anni hai aderito al movimento “Quit India” [conosciuto anche come “Movimento d’Agosto”, N.d.A.], lanciato nel 1942 per combattere per l’indipendenza contro la Corona britannica. Il movimento fu sconfitto ma l’India divenne indipendente pochi anni dopo. Qual è l’importanza di quel movimento per la storia indiana?
Il Movimento d’Agosto fu soppresso, ma per la prima volta in India, un movimento di liberazione ha potuto mobilitare la maggior parte delle persone in ogni settore della società, soprattutto fra gli studenti. Si formarono governi provvisori in diverse parti del paese: la loro vita fu breve, da un mese fino a un massimo di due anni, ma in quei frangenti per la prima volta la dominazione britannica risultava virtualmente decaduta. Circa 100.000 persone furono arrestate. Il Movimento d’Agosto non riuscì a portare nell’immediato alla liberazione, ma fu in grado di espandere il bisogno di libertà in ogni anfratto e angolo del paese. Questo sentimento è culminato nel celebre ammutinamento della Marina Militare Indiana a Bombay del 1946 e il fallimento di portare avanti il processo militare contro i sediziosi, elementi che hanno aperto la strada all’indipendenza nel 1947.
2. Come membro del Movimento d’Agosto, come molti altri, sei stato arrestato e imprigionato. Ci puoi raccontare qualcosa sul periodo che hai passato in prigione? Questa esperienza ha cambiato il tuo modo di vedere le cose?
Della mia esperienza in carcere vorrei riportare almeno un episodio significativo che mi ha segnato enormemente. In prigione mi assegnarono al lavoro di cucitura delle giacche e dei pigiami dei detenuti. Questa assegnazione di compiti ai detenuti era un sistema lucroso, con il denaro che passava di mano in mano fra i vari funzionari della prigione.
Durante il regime britannico c’era un sistema di regolamentazione carceraria per il quale una volta alla settimana il sovrintendente era solito fare visita a sorpresa ai luoghi di lavoro della prigione. Ogni volta che la parte visitatrice passava attraverso un luogo di lavoro dei detenuti, una guardia usava gridare “Sarkar Salam”, che indicava l’ordine ai prigionieri di interrompere il lavoro e offrire il saluto al sovrintendente. Il significato del rituale era di ricordare ai prigionieri che il governo britannico al potere è il supremo dispensatore di vita e prosperità degli indiani. In una di queste occasioni, mentre alcuni detenuti erano impegnati in lavori di giardinaggio nel complesso dove lavoravo, la brigata entrò nel blocco e come al solito la guardia designata gridò “Sarkar Salam”. Tutti smisero di lavorare e salutarono il sovrintendente, come di consueto. Ma c’era un’eccezione: nell’ultima fila dei prigionieri, un ragazzo magro, con un determinato gesto di disobbedienza, si rifiutò di offrire il saluto. Il sovrintendente, visibilmente irritato, si precipitò verso il ragazzo ma egli rimase imperturbabile, nonostante conoscesse perfettamente le conseguenze del suo rifiuto. La temerarietà del ragazzo fece arrabbiare così tanto il funzionario che saltò sopra il ragazzo e iniziò a dargli violenti calci alla pancia e al ventre. Il ragazzo sopravvisse ma la sua disobbedienza gli causò la rottura del fegato e della milza. Questa diretta dimostrazione di ferocia e crudeltà resero più forte la mia determinazione a liberare il paese ad ogni costo.
3. Al momento del tuo rilascio, nel 1944, la situazione politica mondiale si rivelava molto incerta. Gli alleati erano in procinto di vincere la Seconda Guerra Mondiale, il Partito Comunista Cinese di Mao si stava rafforzando a spese del Kuomintang e l’India si trovava ancora sotto la dominazione britannica. Uscito di prigione nel 1946, ti sei iscritto al partito Comunista Indiano. Perché questa scelta e quali erano le tue speranze per il futuro dell’India?
La breve esperienza in prigione mi insegnò molte cose su come vivere una vita razionale. L’idea settaria del Partito Comunista di essere il solo agente sulla terra in grado di portare a una rivoluzione socialista in India era andata in frantumi durante la mia permanenza in prigione. La mia speranza era comunque sempre quella di edificare una società realmente democratica e libera dall’oppressione in India. Per realizzare questo sogno il Partito era l’unica piattaforma possibile e così la mia adesione avvenne in maniera naturale. Così ho deciso di continuare la mia lotta per l’indipendenza seguendo le linee guida del Partito.
4. Riguardo alla lotta per l’indipendenza, spesso Gandhi e i comunisti non sono andati d’accordo. Qual è la tua opinione su Gandhi e sul suo lascito? E quale pensatore o politico comunista ti hanno ispirato maggiormente?
In gioventù, ho considerato Gandhi un rappresentante del capitalismo nazionale indiano, ma nel corso del tempo ho cambiato completamente il mio giudizio su di lui. Ha avuto il grande merito di trasformare completamente le strategie e tattiche degli oppressi. I suoi sermoni che invitavano a combattere il nemico con la non-violenza si dimostrarono efficaci e non un atto di codardia. Il contributo di Gandhi al movimento di indipendenza è immenso.
Lenin e P. C. Joshi sono coloro che mi hanno maggiormente ispirato.
5. Quale era la situazione politica, economica e sociale dell’India dopo l’indipendenza? E quali erano i principali problemi e temi che il Partito ha dovuto affrontare e ai quali ha dovuto rivolgere la sua attenzione? Quale era il tuo ruolo all’interno del Partito?
Ironicamente, la libertà portò nell’immediato più miseria che prosperità. Il paese era diviso sulla linea comune e doveva lottare per la ricostruzione e il soccorso per i rifugiati, elementi che rappresentarono una forte pressione sul bilancio finanziario di un paese abbandonato nella povertà per secoli. In quegli anni lavoravo sul fronte studentesco con una enfasi particolare sulla letteratura ma anche sulla raccolta fondi per il partito.
6. Il Partito Comunista non è mai riuscito a sconfiggere il Partito del Congresso nel corso delle elezioni ma è stato un attore politico molto importante lungo tutto il Novecento. Quali pensi che siano stati le sue conquiste e successi principali?
È vero che il Partito Comunista non è mai riuscito a sconfiggere Partito del Congresso. Secondo la mia lettura ciò è dovuto in particolare alla valutazione errata del CPI e ai preconcetti dell’ultrasinistra riguardo il Partito del Congresso. Ma a partire dal 1967-69 la sinistra unita è riuscita in alcuni stati a rimuovere le forze egemoniche di governo dal potere. Un grande traguardo del partito è stato quello di costruire una solida piattaforma di organizzazioni dei lavoratori che sono prosperate proprio grazie al ruolo chiave del CPI.
7. Nel 1964 una scissione ha diviso il partito in due. Quale posizione hai preso in quel frangente e perché?
Mi sono schierato dalla parte della sezione guidata da S.A. Dange. La principale problematica dietro questa rottura riguardava le schermaglie di confine con la Cina. Non potevo trovare alcuna giustificazione per attaccare un paese coloniale da poco liberato che stava guidando un processo di unione e costruzione di un solido fronte di paesi non allineati nel contesto della guerra fredda.
8. Al giorno d’oggi ovunque i partito comunisti sembrano nello scompiglio. Il movimento dei lavoratori è molto debole e le politiche neoliberiste stanno vincendo quasi ovunque. Come ti spieghi questa situazione?
Le forze socialiste nel mondo hanno ottenuto trionfali vittorie dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma secondo me la leadership internazione del Comintern non è riuscita a stilare un programma realistico che permettesse di trarre beneficio dalla vittoria delle forze socialiste in tutto il mondo.
La situazione del movimento comunista nel mondo è il risultato dell’analisi sbagliata della situazione mondiale. In diversi stati del mondo i partiti comunisti stanno analizzando la realtà in modo molto diverso fra loro e stanno seguendo non solo politiche diverse ma in alcuni casi politiche estremamente opposte. Il segno distintivo dei partiti comunisti del mondo dovrebbe essere l’unità di tutti i lavoratori per stabilire il socialismo, ma questo proposito è spesso deragliato.
9. Sembrerebbe che il Partito Comunista Indiano stia anch’esso vivendo una fase di declino. Qual è la reale situazione dei partiti e delle forze comuniste in India al giorno d’oggi? E quali sono i principali problemi che deve affrontare?
Sì, il CPI sta vivendo un costante declino in India. Dopo l’Indipendenza, gruppi frammentari dei partiti rivoluzionari che lottavano per l’indipendenza erano fortemente attratti dall’ideologia socialista. C’erano numerosi seguaci di questi gruppi nel paese. A mio avviso, la dirigenza di C.P.I. non è riuscita ad analizzare la situazione data e a formulare correttamente la sua politica per unire tutte le forze rosse in un’unica piattaforma. La situazione di declino dei partiti comunisti e delle forze di sinistra continua ancora. Attratti dalla possibilità di poter prendere immediatamente il potere statale, tutti questi gruppi, tra cui il CPI (entrambe le fazioni), hanno finito per compromettere nel lungo termine la posizione di forza originaria.
10. L’economia indiana è in forte espansione e il PIL cresce a ritmi molto serrati. Ma ciò che si percepisce dall’Europa è che questa crescita sia molto iniqua e che un’India moderna e una tradizionale coesistano. Quanto è vera questa impressione? Come vedi il futuro dell’India? C’è ancora bisogno di un partito comunista? E può avere un ruolo nel futuro?
L’immagine dello sviluppo economico che voi percepite è piuttosto realistica. In questa situazione l’India ha un bisogno enorme di una crescita e della leadership di un vero partito comunista.
Il ruolo dei partiti comunisti nella costruzione dell’India moderna è ancora molto rilevante. Il compito immediato, a mio avviso, è quello di dare forma alla corsa per l’egemonia del potere statale, impegnandosi a fondo per unire tutte le potenziali forze democratiche e di sinistra nel paese.
Immagine messa a disposizione dall’autore
Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.