«Oggi si fonda un nuovo Cile plurale, plurilingue, con tutte le culture, con tutti i popoli, con le donne e con i territori, questo è il nostro sogno per scrivere una Nuova Costituzione.
¡Mañum pu lamngen!
[Grazie fratelli e sorelle]
¡Marichiweu! ¡Marichiweu! ¡Marichiweu!
[Dieci volte vinceremo, dieci volte vinceremo, dieci volte vinceremo]»[1]
Il 4 luglio è ora una data storica anche per il Cile: l’insediamento dell’Assemblea Costituente segna una nuova fase politica e simboleggia la vittoria della lotta popolare di piazza contro le élite neoliberiste.
Un nuovo inizio che non poteva che essere celebrato nella maniera più dirompente possibile, con l’elezione a Presidente dell’Assemblea di Elisa Loncón, docente universitaria mapuche e storica attivista dei diritti delle popolazioni indigene del Cile, con il voto a favore di 96 dei 155 membri della Convención.
L’assemblea è chiamata a realizzare un nuovo testo costituzionale che rifletta le rivendicazioni e i desideri del popolo cileno, nella direzione del riconoscimento dei diritti sociali, delle minoranze etniche e delle donne. Tutti elementi di fatto assenti nella vecchia Carta Costituzionale dell’era Pinochet, che metteva sopra a tutto i diritti di proprietà privata, estendibili anche a settori come quelli della sanità e dell’istruzione e che hanno reso il Cile uno dei paesi più iniqui al mondo.
La mancanza di volontà politica della destra e della sinistra di governo dopo la fine della dittatura di voler correggere in maniera significativa le storture di questo sistema, che lascia nella miseria la stragrande maggioranza della popolazione e che mette i diritti delle popolazioni indigene al di sotto degli interessi delle multinazionali, ha portato dall’ottobre del 2019 all’innescarsi di una fase di conflittualità sociale acuta, di vera e propria rivolta popolare che ha costretto il governo di destra di Piñera, dopo aver tentato inutilmente la strada della repressione violenta, a scendere a patti coi movimenti sociali e i partiti della sinistra.
Ma se la concessione dell’Assemblea Costituente deriva direttamente dalla lotta di piazza, la sua composizione è invece il risultato di un processo politico più ampio, caratterizzato da un complessivo spostamento a sinistra dell’intero elettorato cileno. Alle elezioni per la Convención Constitucional dello scorso maggio infatti la coalizione delle destre si è fermata al 20%, mentre il resto dei seggi è stato conquistato da liste afferenti alla sinistra, sia moderata che radicale, agli indipendentisti e ai rappresentanti dei popoli indigeni (pueblos originarios).
Ed è proprio grazie a questa composizione, in cui le posizioni di solidarietà e di attenzione ai diritti delle donne, dei popoli indigeni e dei diritti sociali e ambientali sono largamente egemoniche, che è stata possibile l’elezione di Elisa Loncón alla carica di Presidente. Un trionfo sul piano delle rappresentazioni simboliche ampliato dal suo potentissimo discorso, iniziato con i saluti in lingua mapudungun a tutte le parti e i popoli del Cile, del nord, della Patagonia, delle isole e della costa. Un discorso chiaro sul futuro da tracciare per il paese: “questa Assemblea che oggi devo presiedere trasformerà il Cile in un Cile plurinazionale, in un Cile interculturale, in un Cile che non viola i diritti delle donne, in un Cile che si prende cura della Madre Terra, in un Cile che rende pulite le sue acque, un Cile libero da ogni forma di dominazione”.
Il processo per scrivere una Costituzione che recepisca le speranze, le idee e le rivendicazioni popolari è lungo e complesso ma la direzione pare essere quella giusta. I problemi ovviamente non mancano e molti rappresentanti dell’Assemblea Costituente hanno già denunciato tentativi del governo di destra del Presidente Piñera di rallentare il processo di trasformazione, ostacolando i lavori della Costituente[2]. Anche per questo sarà importante capire se questa fase di rottura politica e di delegittimazione delle vecchie élite potrà durare anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, in modo da consolidare questo processo politico di trasformazione radicale del Cile. Le presidenziali del prossimo novembre saranno un tassello fondamentale in questa direzione e le speranze sono molte se si pensa che il leader del Partito Comunista del Cile (PCC) Daniel Jadue è a sorpresa in testa ai sondaggi che già circolano sulle intenzioni di voto[3]. Sono mesi decisivi per capire se il processo politico che si è aperto con le proteste di piazza possa mantenere il suo spirito radicale e rafforzarsi anche sul fronte istituzionale.
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Il discorso integrale da neopresidente di Elisa Loncón è consultabile qua: https://www.colegiodeprofesores.cl/2021/07/05/discurso-de-elisa-loncon-al-asumir-la-presidencia-de-la-convencion-constitucional/ ↑
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La prima sessione dell’Assemblea è stata sospesa perché mancavano i mezzi tecnici e le attrezzature sanitarie necessarie che è compito del governo garantire. Vedi: https://www.elciudadano.com/especiales/proceso-constituyente/chile-digno-pide-renuncia-de-ministro-ossa-tras-suspension-de-sesion-de-la-convencion-constitucional-por-inexistencia-de-minimas-condiciones-sanitarias-y-tecnicas/07/06/ ↑
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https://elpais.com/internacional/2021-05-23/el-alcalde-jadue-lleva-al-partido-comunista-de-vuelta-a-la-primera-linea-de-la-politica-chilena.html ↑
Immagine di Cristina Dorador (dettaglio) da Wikimedia Commons
Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.