All’inizio di marzo [2018, ndr] è stata completata a Bieszczady, nelle foreste della Polonia sud-orientale, la rimozione del monumento al generale Świerczewski, che in quel luogo cadde vittima dei terroristi ucraini dell’UPA (nazionalisti) il 28 marzo 1947. Nato a Varsavia nel 1897 da famiglia operaia, Świerczewski era stato evacuato a Mosca durante la Grande guerra e lì si era iscritto al Partito bolscevico scalando successivamente i ranghi dell’Armata rossa. Dopo aver combattuto in Spagna con il nome di battaglia di Walter, nel 1943-44 fu tra i ricostruttori dell’esercito popolare polacco.
La distruzione del monumento è solo l’ultimo di una serie di vili atti di rimozione in Polonia della memoria storica comunista e sovietica, rimozione alla quale il governo di PiS ha assegnato un’importanza non minore che alle deliranti crociate contro l’aborto (peraltro già largamente illegale). A settembre 2017, ad esempio, è stato demolito il mausoleo di Trzcianka, in Polonia occidentale, il primo edificato dall’Armata rossa sul suolo polacco. L’odio anticomunista prospera anche nelle città, con i consiglieri comunali di destra che si affannano a chiedere la “decomunistizzazione” di vie, ponti, scuole, strade, edifici pubblici; cancellando senza pudore i nomi di vittime dei Lager e di combattenti per la libertà, non soltanto polacca – l’esempio più noto è infatti quello di ulica Dąbrowszczaków a Varsavia, intitolata ai combattenti di Spagna del battaglione Dąbrowski, per impedire la cui cancellazione si è formato un ramificato movimento sociale con contatti anche in Spagna.
Quest’assidua opera vandalica ha attirato le condanne della Federazione Russa e, in patria, di due partiti: l’Alleanza della sinistra democratica (SLD, erede del PZPR al governo durante la Repubblica popolare) e il Partito comunista polacco (KPP, che rivendica invece la continuità con il Partito comunista di Polonia sciolto per ordine di Stalin nel 1938).
La KPP, in particolare, deve lottare anche su un altro fronte. Dal luglio 2017 è in corso un’indagine della Procura Nazionale nei confronti del partito e del suo giornale Brzask (“Aurora”) per verificare se essi siano colpevoli di promuovere metodi totalitari. Per questa campagna, volta a replicare la messa al bando dei comunisti già applicata in Ucraina, la KPP – che conta circa un migliaio di iscritti – ha ricevuto la solidarietà degli altri partiti affiliati all’Iniziativa dei partiti comunisti e operai d’Europa.
Al di là della persecuzione di piccoli gruppi, il governo polacco si muove anche con armi di calibro ben maggiore. Arrivato a Monaco di Baviera nel febbraio scorso per l’annuale Conferenza sulla Sicurezza, il primo ministro Morawiecki (figlio di Kornel Morawiecki, promotore nel 1982 di una scissione estremista di Solidarność che rifiutava il compromesso con il governo) ha dapprima difeso la proposta di legge per criminalizzare l’affermazione di corresponsabilità polacche nel genocidio degli ebrei e, successivamente, si è recato al cimitero militare a rendere omaggio ai morti della Brigata Santacroce, militari fascisti polacchi che combatterono principalmente contro i partigiani comunisti e le truppe sovietiche prima di evacuare in Slovacchia grazie a un accordo con le truppe del Terzo Reich.
Già nel 2016 il Capo dello Stato Andrzej Duda inserì, alla tomba del Milite Ignoto, una placca in ricordo dei “soldati maledetti” (żółnierze wyklęci), guerriglieri anticomunisti e antisemiti che dopo il 1945 si sono resi responsabili di stragi efferate, bruciando vivi gli abitanti di interi villaggi (bambini inclusi) e uccidendo le vittime a colpi d’ascia per risparmiare munizioni.
Il braccio politico di queste organizzazioni, ossia l’ONR (“Campo Nazional-Radicale”), è stato ricostituito nel 1993. Dopo avere per anni commemorato a braccio teso il pogrom di Myślenice del 1936, finalmente per l’11 novembre 2017, novantanovesimo anniversario dell’indipendenza, è riuscito a portare per le vie di Varsavia 60.000 militanti di estrema destra che, fumogeni alla mano, hanno urlato slogan ultranazionalisti e razzisti.
Legati a doppio filo al tifo ultrà di molte curve calcistiche, i fascisti dell’ONR sono responsabili di numerose intimidazioni e aggressioni. Ad aprile 2016 l’ONR organizzò una marcia a Białystok, nel nord-est del Paese; la città è storicamente tra le più multiculturali in Polonia (che in aggregato è iper-omogenea sul piano etnico e religioso) per via della nutrita presenza di ebrei, bielorussi, russi e tatari musulmani; negli ultimi anni si sono segnalati in città numerosi atti razzisti. In occasione della marcia, l’Università Tecnologica di Białystok scrisse agli studenti stranieri «raccomandando fortemente di non uscire dai dormitori dalle 11:00 alle 3:00» e consigliando «per evitare qualsiasi incidente spiacevole, non uscire in città e non camminare nel campus».
Per la cronaca, non risulta al momento in corso alcun procedimento giudiziario nei confronti dell’ONR, magari per promozione di metodi totalitari.
Le celebrazioni del centenario dell’indipendenza, che culmineranno a novembre 2018, saranno verosimilmente terreno di conquista per la coltura di ulteriore nazionalismo e ulteriore odio. Da questi cento anni, però, vengono esplicitamente esclusi i quarantacinque della Repubblica popolare (1944-1989). Sempre nelle parole di Morawiecki, «a quel tempo non c’era la Polonia, perché il Paese era occupato dal regime sovietico».
Ma non si creda che simili falsità siano appannaggio soltanto della destra radicale. Anche esponenti del partito liberale “Piattaforma civica” (PO) hanno più volte affermato che l’Unione Sovietica sia stata nel 1939 alleata della Germania nazista. Non solo: è a un governo guidato dalla SLD che dobbiamo la costituzione, nel 1998, dell’Istituto per la memoria nazionale (IPN), l’ente pubblico di ricerca storica che si occupa di condurre direttamente la battaglia per la decomunistizzazione.
La persecuzione anticomunista, la feroce devastazione del ricordo dell’Esercito popolare e dell’Armata rossa, la glorificazione di forze militari e paramilitari fasciste, il malcelato odio nei confronti dei non-polacchi e non-cattolici (e come disse Goebbels «siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no») rendono facilmente definibile il programma della destra polacca: dimenticare il passato, condannarsi a ripeterlo.
Pubblicato per la prima volta sul supplemento cartaceo di maggio 2018
Immagine di Jan Kalinka (dettaglio) da Wikimedia Commons
Nato a Firenze nel 1989. Laureato in Scienze storiche (una tesi sul thatcherismo, una sul Risorgimento a Palazzuolo di Romagna), lavoro nel settore dei servizi all’impresa. Europeista e di formazione marxista, ho aderito a Italia Viva dopo quattordici anni in DS e PD.