Stavolta parto dal fondo. È bello uscire dal cinema con tanti dubbi in testa. È un vero peccato che, per ovvi motivi, i cinema adesso siano semideserti. Una nuova ondata di rinvii pare ormai inevitabile almeno fino a marzo. È apprezzabile la scelta di Vision di portare al cinema un film come questo invece di spostarlo. Dopo “La terra dell’abbastanza” e “Favolacce”, entrambi in concorso alla “Berlinale” (il secondo vinse anche l’Orso d’argento), i fratelli D’Innocenzo tornano con la loro terza opera. Attualmente stanno girando una serie tv per Sky intitolata “Dostoevski”. Come riportato da “Bad Taste”, il loro prossimo film verrà girato nell’estate del 2023 negli Stati Uniti e sarà in lingua inglese: sarà una “commedia dark e poetica, un’allegoria che indagherà il ruolo della famiglia nella società contemporanea”. Veniamo ad “America latina”.
Un incubo a occhi aperti che loro stessi definiscono “una storia d’amore e come tale è quindi un thriller”. Le peculiarità del loro cinema sono le immagini libere, suoni sibilanti e taglienti, silenzi assordanti, angoscia, ossessione, sincerità e dettagli come luoghi vietati, personaggi inquieti, famiglie disagiate. Già dalla locandina si vede che questo film ha stoffa: la testa (calva) di Elio Germano sembra un uovo battuto. Quella crepa ci mostra la frattura interiore di cui questa pellicola vuole parlare.
Ma non è finita qui. La campagna marketing di Vision è stata finalmente qualcosa di diverso. Attraverso video e manifesti oltre all’immancabile campagna sui social, nelle stazioni di Roma Termini e Milano Centrale, il pubblico ha potuto camminare fra 15 veri specchi deformanti per prendere coscienza della crisi di identità che attraversa il protagonista nel film (potete vedere qui un estratto). I D’Innocenzo dicono che un sentimento per uscire allo scoperto ha bisogno del suo contrario. La vita, ma anche l’amore, ha bisogno di contraddizioni, di conflitti.
È vero, è davvero così. Un altro thriller psicologico, un film di rottura, una via di mezza tra l’horror familiare in versione disfunzionale alla Tim Burton, mixato con Alice nel paese delle meraviglie e tracce di Matrix (senza effetti speciali e scene action). Qualcuno però potrebbe rivederci qualcosa del cinema d’autore di Lynch (“Velluto blu”), Bergman (“Sussurri e grida”), ma anche Nolan (“Memento”), Argento, Amenabar (“Apri gli occhi”), Antonioni, Polanski, Haneke, Shyamalan, Peele (“Noi”) e Lanthimos (Dogtooth, Il sacrificio del cervo sacro soprattutto). Senza dimenticare Matteo Garrone. I fratelli D’Innocenzo collaborarono con lui alla sceneggiatura di “Dogman”. I due fratelli ogni volta si impongono una nuova sfida e anche stavolta la portano a termine piuttosto bene.
Sono tra i principali innovatori del cinema italiano. Tant’è che il film era tra i cinque titoli in concorso all’ultimo Festival di Venezia. Doveva uscire il 25 novembre scorso, poi Vision ha optato per spostarlo a gennaio 2022 per il forte accumulo di titoli durante le feste. Decisione intelligente che avrebbe dovuto fare anche 01 con “Diabolik”. Nel frattempo però la variante Omicron ha dilagato e ha di nuovo rimesso i bastoni fra le ruote alla ripartenza. Anche questo film in pochi andranno a vederlo ed è un peccato.
Già il titolo America Latina è enigmatico ed enigmistico, allo stesso tempo. Spiegano i due registi che “è il contrasto tra America come sinonimo di forza, luogo ideale, vincente e la palude in cui svolge questa storia. Latina, inoltre, è una città che conosciamo bene. Soprattutto i dintorni, dove abitano i nostri genitori. Era chiaro che il territorio per questa vicenda dovesse essere quello umido, ignorato di quelle terre”. In effetti in origine quelle zone erano davvero paludose, tant’è che il Duce si assicurò ampi consensi bonificando proprio l’Agro Pontino nei primi anni Trenta.
Tuttavia Francesco Filippi ha smentito questo mito sul suo libro “Mussolini ha fatto anche cose buone”, puntualizzando che tale operazione era
un’oliata campagna marketing del regime (leggi qui).
Ma non è questo l’obbiettivo dei D’Innocenzo. Qui si parla dell’allucinazione di un dentista fragile di mezz’età che non si sente amato e che non sa amare. O forse non lo percepisce. Quest’uomo si chiama Massimo Sesti ed è interpretato dall’attore feticcio dei due fratelli: Elio Germano. Una persona qualsiasi, fragile psicologicamente. Apparentemente ha tutto per essere felice: ha un lavoro, vive in una villetta con piscina in periferia, ai margini della città, con moglie e due figlie. Ciò non è un particolare da poco. L’unico svago è far due chiacchere con l’amico Simone con cui condivide qualche bevuta di troppo.
La grandezza dei D’Innocenzo, quando tutto è idilliaco, è andare a cercare ciò che non si vede. Infatti un giorno Massimo, mentre va in cantina a cercare una lampadina di scorta, trova un’amara sorpresa. E’ il luogo principe del mistero del cinema horror, il lato nascosto. È la tana del Bianconiglio: là sotto c’è un altro mondo. Una bambina legata, imbavagliata in mezzo alla sporcizia e al “ciarpame”. Chi è? Perché è lì? Da chi è stata rapita? Da qui in poi tutto diventa doppio. Due mondi, come nei romanzi di Lewis Carroll o di Philip K. Dick. Il suo benessere psicologico precipita, i vuoti di memoria si amplificano e si moltiplicano. La stessa cosa accade con i colori. Il “verde Matrix” circonda la villa e Massimo finisce per assumere la pillola rossa.
Come diceva Morpheus “resti nel paese delle meraviglie a vedere quant’è profonda la tana del Bianconiglio”. Come il mondo pre Covid e quello post Covid: prima del 2019 eravamo convinti che tutto andasse bene, ci sentivamo forti, liberi e imbattibili. Il covid-19 ha mostrato le nostre debolezze, i nostri punti deboli, ma anche i difetti della società, la nostra vulnerabilità psicologica. Come dicono gli stessi registi “in questo periodo l’identità è il valore centrale della cultura di massa”. Massimo è protagonista della crisi del mondo in cui vive. Purtroppo per lui il suo immobilismo e le sue non scelte hanno creato il suo malessere interiore. La più classica polvere nascosta sotto il tappeto.
America latina però fa di più e osa, mostrando più crisi: una sociale, quella del maschio e una culturale, psicologica del mondo di cui tutti facciamo parte. Ecco la pillola blu. “Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai”. Una visione del mondo distorta dominata dal contrasto cromatico del verde e del nero degli abissi da cui non è facile riemergere. Anche il lavoro che fa (il dentista) ha un suo perché, come la location della villa. Ai D’Innocenzo “sembrava meravigliosa, nel suo essere sbagliata. Come un dente storto”.
Il tutto in appena novanta minuti ricchi di sorprese e suspence (anche i D’Innocenzo hanno operato importanti tagli sul montaggio finale). Invece che pompare un’opera per due ore o anche di più con stereotipi, loro scelgono di far vivere il cinema. Nonostante il film non sia perfetto, adoro la franchezza dei D’Innocenzo perché amano rompere ogni cliché, sottraendosi ogni volta ai reticoli dei generi. La loro più grande abilità è vedere il male annidato nel troppo benessere, la realtà oltre l’apparenza: come la vita di Massimo, apparentemente perfetta, in realtà è malata. Elio Germano, come al solito in grande forma, è strepitoso nel tratteggiare la doppia vita di quest’uomo: apparentemente perbene, ma in realtà è un novello Nosferatu.
A 33 anni i D’Innocenzo hanno una maturità registica impressionante. Se a questo ci mettiamo un’invidiabile coerenza con le loro opere precedenti, “America latina” ci conferma il grande talento di questi giovani registi italiani autodidatti, cresciuti guardando i film. E quest’opera ce lo conferma.
Fonti: Comingsoon, Cinematografo, Movieplayer, Film Tv, My movies
Regia **** Interpretazioni ***1/2 FILM **** Fotografia **** Sceneggiatura ***1/2
AMERICA LATINA
(Italia 2021)
Genere: Thriller
Regia e Sceneggiatura: Damiano e Fabio D’Innocenzo
Cast: Elio Germano, Astrid Casali, Massimo Wertmuller, Sara Ciocca
Durata: 1h e 30 minuti
Fotografia: Paolo Carnera
Distribuzione: Vision
Nei cinema dal 13 gennaio
In Concorso al Festival di Venezia 2021
Trailer Italiano qui
La frase: Ti è mai capitato di avere dei vuoti di memoria?
Immagine da
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.