Tutta in piedi l’aula di Palazzo Madama per Emanuele Macaluso, che se n’è andato a 96 anni dopo aver attraversato, da protagonista, quasi un secolo di storia politica e sindacale italiana.
Dal ventennio fascista, che lo vide entrare in clandestinità nel 1941 dopo l’adesione al PCI, alle attuali evoluzioni della politica nazionale e internazionale, che continuava ad approfondire con un quotidiano post su Facebook. Firmato con la sigla Em.Ma, con cui anni prima firmava gli articoli per l’Unità, di cui era stato direttore dal 1982 al 1986.
Nato a Caltanissetta nel 1924, a soli 20 anni era stato chiamato nel sindacato da Giuseppe Di Vittorio, diventando dirigente dei braccianti siciliani nelle lotte contro il latifondo e la mafia, e poi nel 1947 segretario regionale della CGIL, dove sarebbe rimasto per nove, intensi anni. Subito dopo, da segretario regionale del PCI, l’ancor giovane Macaluso battezzò con l’“operazione Milazzo” la nascita di una giunta regionale appoggiata da sinistra e destra (l’MSI) a danno della DC, sostenuta da Palmiro Togliatti nonostante le critiche interne.
Quell’esperienza comunque portò nel 1959 alla prima giunta di centrosinistra in Italia, a guida del socialista Salvatore Corallo. Un esempio dell’atteggiamento di Macaluso nella lotta politica, fare emergere le contraddizioni degli avversari, costruire convergenze, e raggiungere gli obiettivi anche a piccoli passi. Fu la filosofia dei “miglioristi” del PCI, di cui fece parte con Napolitano, Chiaromonte, Cervetti e Pellicani, in contrasto con l’ala movimentista di Pietro Ingrao.
Nel 1963 il salto a Roma, con Togliatti che lo chiama nella direzione nazionale e lo incoraggia a scrivere. Resterà in direzione anche con Luigi Longo ed Enrico Berlinguer, venendo eletto per trenta anni e sette legislature in Parlamento, sempre sotto le insegne del PCI (anche dopo l’adesione al PDS), e coronando con la direzione de l’Unità una passione giornalistica mai venuta meno.
Fra le mille testimonianze d’affetto di queste ore, c’è naturalmente quella di Giorgio Napolitano: “Da quando lo conobbi in Sicilia, alla fine degli anni ’40, ho condiviso con lui decenni di appassionato impegno politico e di difficili battaglie comuni, nella prospettiva di un socialismo riformista di stampo europeo e di un’Italia più giusta, solidale e attenta al mondo del lavoro”.
In parallelo quella dell’antico avversario politico Sergio Mattarella: “Desidero esprimere i miei sentimenti di vicinanza ai familiari, a quanti, hanno condiviso con Macaluso impegno e ideali, e a coloro che, nel confronto democratico, anche su posizioni diverse, ne hanno apprezzato l’acuta intelligenza e il senso del bene comune. Macaluso è stato un protagonista della storia repubblicana, e ha contribuito da dirigente politico e da intellettuale alla crescita democratica del Paese”.
Le bandiere a mezz’asta in segno di lutto nelle sedi siciliane della CGIL accompagnano il saluto di Maurizio Landini: “La sua vita ci fa ripercorrere e riscoprire le lotte della sinistra e del sindacato, che rappresentano tanta parte della storia della democrazia italiana. La sua curiosità e il suo impegno, così presenti fino ai suoi ultimi giorni, ci danno nuova speranza per cambiare la società in cui viviamo.”
Cultura e lucidità di analisi sono stati tratti distintivi di Macaluso. E proprio per questa ragione non poteva non cogliere e analizzare con sofferenza la crisi della sinistra degli ultimi anni.
Apparso su Il Manifesto in data 20.01.2021
Immagine della Presidenza della Repubblica da Wikimedia Commons
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.