Il trasferimento di una sessantina di persone di etnia rom nel quartiere periferico di Torre Maura a Roma ha provocato una accesa protesta che ha visto protagonisti alcuni abitanti del posto e varie sigle dell’estrema destra capitolina. Nel parapiglia generalizzato, restano impresse due scene: quella dei manifestanti che prendono, buttano a terra e calpestano il cibo destinato al Centro di Accoglienza e quella di un ragazzino del posto che si confronta coraggiosamente con il responsabile laziale di CasaPound. Alla fine, per evitare che gli animi si surriscaldino ulteriormente, il Comune cede alle richieste dei manifestanti e inizia le procedure per la ricollocazione delle persone rom altrove. I fatti di Torre Maura mettono in luce i problemi delle periferie, obbligano a riflettere sull’ascesa dei gruppi neofascisti e chiamano ancora una volta in causa la crisi di identità della sinistra. Su queste vicende, il 10 mani della settimana.
Piergiorgio Desantis
Torre Maura, come tutte le periferie metropolitane italiane, spesso sono la lente attraverso cui osservare la società moderna presente e futura dell’Occidente europeo.
La crisi ormai trentennale ha determinato un aumento della povertà endemica (sotto ogni aspetto) scatenando dinamiche di stupide contrapposizioni tra l’ultimo e il penultimo nella scala sociale. Dal boom economico, in poi, si sono sviluppate intere città adiacenti e in aggiunta alle città di riferimento dove, ormai è un dato di fatto, sguazzano vecchie e nuove destre congiuntamente alle organizzazioni criminali e non solo.
Queste situazioni, anche con l’amplificazione compiaciuta dei media, sono solo precipitato (assai prevedibile) di politiche ultraventennali di privatizzazione di servizi sociali, dei trasporti e dei luoghi di incontro e socialità. A ciò si aggiunga il taglio dei trasferimenti sempre più netto che hanno subito i comuni italiani, sempre più impegnati a investire quasi esclusivamente per il decoro e le iniziative che riguardano i centri cittadini: ovvero dove sia possibile richiamare e convogliare il flusso turistico.
Ecco perché è necessaria davvero un’inversione di tendenza delle politiche di integrazione e di sviluppo a tutti i livelli, unitamente ai necessari interventi per restringere e impedire che formazioni di estrema destra proliferino e si mettano a capo di presunte rivolte popolari.
Alex Marsaglia
Il disagio delle periferie ha una potenzialità incredibile se solo esistesse un’organizzazione di classe in grado di rappresentare quel malessere, scaraventandolo in faccia alle classi dirigenti. Finché non avverrà questo passaggio dalla classe in sé alla classe per sé le periferie continueranno a partorire mostri e ad essere tutt’al più un rigurgito neofascista. Non assisteremo a scene diverse da quelle della distruzione del cibo destinato ad un essere umano da parte di un altro essere umano, anzi. Andiamo invece incontro a prospettive ben peggiori in un contesto di integrazione forzata in cui non ci si occupa minimamente di integrazione e accettazione sociale ma unicamente di business. E questo modo di operare non può che dare la stura a tutte le peggiori rappresentanze neofasciste che oltretutto riescono ad accreditarsi agli occhi della popolazione come rappresentanti di chi si oppone a questo affarismo.
La sinistra borghese rappresenta poi quanto di più patetico vi sia in circolazione, poiché si aggrappa ad ogni evento e soggetto facendone il proprio santino massmediatico da vendere, continuando così alla disperata ricerca di qualche consenso facile.
La verità è che il consenso non si acquisisce con eventi, Santini e unicamente per via mediatica, ma stando dentro ai problemi e agendo nel concreto delle situazioni e dei contesti sociali disagiati. È quello che sta facendo strumentalmente Casapound e la fotografia di Torre Maura lo dimostra: da un lato un’organizzazione politica e dall’altra un ragazzino che per quanto coraggioso abbia dimostrato di essere resta solo e isolato.
Dmitrij Palagi
Trovare un giovane coraggioso pare aver dato speranze a un tessuto diffuso della sopravvissuta sinistra italiana. Poco però arriverà in termini di risposte organizzate. Sperare nei singoli è l’errore da evitare per chi dovrebbe sperare di non aver bisogno di eroi. Troppa occasionalità. Servirebbe altro, in maniera decisa. La volgarità con cui Casapound replica al contestante è fastidiosa. Costruita però su un impianto, su una narrazione studiata e voluta.
Una sinistra di classe dovrebbe saper vivere nelle contraddizioni, sapendosi rafforzare quotidianamente. Denunciare come il problema abitativo sia ben più drammatico di quelle poche abitazioni assegnate a pochi richiedenti, rispetto alle infinite liste di attesa. Provare a capire come si integrano storie e culture diverse. Fare in modo di ridurre le disuguaglianze e costruire risposte collettive diffuse. Il coraggio è una buona scintilla per scatenare una risposta, a cui serve organizzazione (di classe) per continuare nel tempo.
Jacopo Vannucchi
Il pogrom antigitano di via dei Codirossoni a Roma è un ulteriore smascheramento della fandonia riguardante i cosiddetti “perdenti della globalizzazione”. I residenti che hanno attuato il tumulto razziale, che ha avuto la sua punta più ripugnante nella distruzione degli alimenti destinati alle famiglie rom, hanno infatti impedito ad alcuni senza casa di prendere legittimo possesso di abitazioni. Loro, però, “le periferie che soffrono”, una casa ce l’hanno, e anche del pane.
Inutile dire quanto le solite prefiche si siano battute il petto, lamentando accoratamente la distanza della sinistra dai poveri residenti delle periferie – forse, per essere più vicini a queste sì sofferenti periferie, avremmo dovuto andare anche noi a calpestare il cibo destinato a disgraziati? Forse sì.
Ora, sarà pur vero quello che dice Rampini, cioè che l’attenzione per gli ultimi non deve far dimenticare i penultimi, ma i teppisti di via dei Codirossoni non sono certo i penultimi. Gli ultimi del mondo sono coloro cui mancano le condizioni essenziali di vita e che restano perlopiù a morire lontano dai nostri riflettori. Poi ci sono i penultimi, ossia coloro che hanno il denaro per tentare la fuga e che pagano per farsi a piedi le tratte Siria-Balcani-Germania, o Centroamerica-Messico-Stati Uniti, o Centrafrica-Libia e poi via su un gommone o un barcone. Poi ci sono i terzultimi, cioè chi vive in Occidente, in modo precario, a rischio della vita, ma con possibilità di sostegno: i tanti, troppi, senza fissa dimora. Poi ci sono i quartultimi, cioè chi vive in Occidente e trova una sistemazione che, per quanto miserabile, non mette a repentaglio l’esistenza: ad esempio, i rom che avevano ricevuto l’abitazione in via dei Codirossoni. Gli inquilini di via dei Codirossoni sono, nel peggiore dei casi, i quintultimi: persone con basso tenore di vita ma con uno stabile tetto sul capo e uno stabile cibo sullo stomaco (avessero avuto fame davvero, non si sarebbero certo messi il pane sotto i piedi: nel 1941 a Leningrado una bomba tedesca incendiò il magazzino Badaevskij e la gente andava sulle rovine con la vanga a mangiare la terra impregnata di zucchero fuso).
Prima di parlare di un argomento ho il vecchio vizio di andare a documentarmi. Dal sito di Roma Capitale si può comodamente scaricare il viario elettorale e, individuata la sezione elettorale di interesse, cercarne i risultati nella pagina dedicata.
Via dei Codirossoni fa parte della sezione 704, collegio per la Camera di Roma 5-Torre Angela. I dati che si trovano riguardo le prestazioni delle principali forze politiche per le elezioni legislative del 2018 sono:
- Il centrosinistra ottiene il 15% contro il 23% nazionale (PD rispettivamente 13% e 19%).
- Cala anche il centrodestra (33% contro il 37% nazionale) e in particolare la Lega (11% contro il 17% nazionale), non compensata dalla miglior prestazione di Fratelli d’Italia (rispettivamente, 8% e 4%). Forza Italia è invece perfettamente allineata al 14% nazionale.
- Il Movimento 5 Stelle ottiene un risultato superiore (40%) al dato nazionale (33%).
- Il consenso ai due partiti di governo (51%) è quindi in linea con quello nazionale (50%).
Ma è tra le forze minori che si trovano i veri exploit territoriali:
Negativi: - Liberi e Uguali è pressoché annientato: 0,5% contro il 3,4 nazionale.
Positivi: - Il Partito Comunista, 1% contro lo 0,3% nazionale.
- CasaPound, 2,6% contro l’1% nazionale.
- Soprattutto, Potere al Popolo, con il 7,5% contro l’1,1% nazionale
- Cosa vuol dire questo? Che le periferie non hanno alcun problema a esprimere il proprio stato d’animo con il voto. Chi vuole votare una sinistra programmaticamente ed esplicitamente anticapitalista lo può fare e lo fa. Chi invece calpesta il pane e lo distrugge lo fa perché è fascista, squadrista nell’anima.
In «Se questo è un uomo» Primo Levi racconta così l’arrivo ad Auschwitz: «Siamo scesi, ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell’acqua nei radiatori ci rende feroci: sono quattro giorni che non beviamo. Eppure c’è un rubinetto: sopra un cartello, che dice che è proibito bere perché l’acqua è inquinata. Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è una beffa, “essi” sanno che noi moriamo di sete, e ci mettono in una camera e c’è un rubinetto, e Wassertrinken verboten. lo bevo, e incito i compagni a farlo; ma devo sputare, l’acqua è tiepida e dolciastra, ha odore di palude. Questo è l’inferno.».
Alessandro Zabban
I Gilet Gialli hanno avuto quantomeno il merito di aver riportato all’attenzione la miseria e il degrado che attanagliano sempre più le metropoli del mondo occidentale. Turismo di massa e gentrificazione stanno andando di pari passo con tagli lineari ai servizi pubblici creando enormi disservizi nell’ambito del trasporto pubblico, della manutenzione urbana, della sanità e dell’istruzione. Abbandonati a se stessi, i ceti medio bassi sempre più proletarizzati devono ogni giorno vedersela con salari da fame, disoccupazione, abbandono scolastico, alcolismo diffuso e prospettive pressoché nulle di risalire la scala sociale.
È solo alla luce di queste osservazioni preliminari che è possibile analizzare le rivolte anti-immigrati e anti-rom che scuotono le periferie delle nostre città. A Torre Maura fanno ovviamente ribrezzo le manifestazioni di crudeltà gratuita che hanno visto protagonisti gruppuscoli neofascisti ma una lettura moralista della vicenda rischia di riprodurre un’immagine fuorviante della realtà: da una parte i cittadini aperti, tolleranti e consapevoli, dall’altra degli zoticoni xenofobi e violenti.
Questo tipo di cortocircuito politico è tipico di quella sinistra di governo che ha per anni applicato i dogmi liberisti di gestione urbana senza rendersi conto che il deterioramento delle condizioni economiche dei più non poteva non avere anche forti ricadute psicologiche e politiche. A Torre Maura abbiamo magari degli ignoranti retrogradi e xenofobi, ma abbiamo prima di tutto sacche di povertà abbandonate a se stesse e viste con disprezzo dai pochi privilegiati di un sistema economico totalmente iniquo.
Una lettura politica consapevole e che non rinnega completamente la lezione di Marx dovrebbe quantomeno partire dal dato di fatto che il problema di fondo non sono gli atteggiamenti xenofobi (alimentati dalla retorica neofascista) ma le condizioni di vita materiale e il degrado sociale in cui versano fasce sempre più ampie della popolazione. È questa la benzina sul fuoco dell’intolleranza. Insomma, se il popolo è bue è perché qualcuno lo ha voluto tale. E a raccogliere il dividendo politico è l’estrema destra. Ora tutta la sinistra, compreso il PD, pare avere come motto quello di “ripartire dalle periferie” ma come lo metti in pratica se chi afferma la sua totale dedizione ai valori della tolleranza della diversità è anche colui che sotto sotto schifa e disprezza che vive nelle periferie (ma continua a pretendere il suo voto)?
Immagine di Ansa da www.repubblica.it
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.