Da uno sguardo più ampio sulla diffusione mafiosa, che comprenda più in generale la situazione europea, possiamo poi facilmente notare come dalla scomparsa dell’Unione Sovietica e con la conseguente balcanizzazione dell’est europeo, sia emerso un fenomeno ben più grave e probabilmente inedito a livello storico. Questo fenomeno è quello dei Mafia-State, ossia del tragico passaggio: dalla presenza della mafia all’interno dello Stato, all’inglobamento dello Stato stesso all’interno della mafia. (vedi inchiesta di Foreign Affairs qui).
Come viene fatto notare nell’inchiesta di Naìm: l’assenza dell’Italia (e del Giappone con la Yakuza) dalla lista è ascrivibile alla lunga e assodata tradizione di legami tra mafia e Stato (vedi ricostruzione storica su L’Internazionale qui). Dunque, viviamo una situazione particolarmente paradossale: l’Italia non fa neppure più notizia, è scontato persino per Foreign Affairs che punta invece ad un’ampia ricognizione sull’America latina più per intento ideologico che per rigore scientifico, infatti Naìm stesso è costretto ad ammettere sin dal principio in merito al suo Venezuela: “But Venezuela under Hugo Chávez is no more a mafia state than some of the region’s corrupt regimes of the past. Manuel Noriega’s dictatorship in Panama allowed Colombian cocaine and dirty money to flow freely through the country until he was overthrown by the United States in 1989” (“Ma il Venezuela con Hugo Chavez non è uno stato mafioso più di quanto lo siano alcuni regime corrotti della regione nel passato. La dittatura di Manuel Noriega a Panama ha fatto sì che la cocaina ed il denaro sporco girassero liberamente attraverso il paese finché non è stato rovesciato dagli Stati Uniti nel 1989”).
Badiou l’ha esplicitato chiaramente: il collasso dell’89 sovietico si è configurato come una “seconda Restaurazione”. Una restaurazione che ha portato all’attuale “tempo delle rivolte” contro le democrazie elitarie. Gallino col suo Finanzcapitalismo ha affondato il coltello nella piaga economica, facendo emergere altrettanto chiaramente il problema di sclerotizzazione nello sviluppo capitalistico costretto ad avvitarsi nella finanza per l’impossibilità di trovare rendimenti crescenti nell’economia reale. In questo contesto l’impennata dell’economia mafiosa che si registra in Italia, ma non solo, e i legami del profitto capitalistico con le mafie, non possono che riportarci sotto gli occhi un capitalismo parassitario, ossia l’unico in grado di portare avanti la riproduzione del capitale in simili stadi di putrefazione.
Poi, una breve occhiata agli indici di Gini ci conferma subito che i Mafia-States di Naìm sono quelli dove la diseguaglianza sociale ha subito un’impennata formidabile: Messico su tutti (vedi EZLN e suo distacco totale dalla politica per la dilagante corruzione), Stati Uniti e Turchia (due casuali dimenticanze di Naìm) immediatamente seguiti da Portogallo, Italia, Giappone e Corea. (Indagine Ocse 2008)
La mano invisibile di Smith sembra tramutarsi sempre più in una mano invisibile mafiosa che strangola quel poco di economia rimasta in piedi nel nostro Paese e soprattutto, per sopravvivere impunita, stringe legami con gli apparati pubblici che lasciano sempre più spazi al suo imperare. Anche questo è uno dei tanti risultati ottenuti da un ciclo di privatizzazioni che non pare volersi ancora arrestare e che anzi è stato esportato e perfezionato proprio dal Fmi-Wto-Bm e verrà discusso nell’imminente G8, chissà, forse assieme ad un’altra guerra che aiuterà la distruzione di risorse su cui edificare nuovi imperi privati (vedi L’accumulazione del capitale R. Luxemburg e soprattutto Lenin) (il G8 a cui si fa riferimento è quello del 17 giugno 2013, ndr). Forse occorrerebbe allacciarsi ancora all’ultimo libro di Alain Badiou Il risveglio della storia per poter identificare e organizzare una via d’uscita a questo attacco globale verso i subalterni, compiuto dall’ideologia neoliberista penetrata anche nelle sinistre governiste. Badiou nel suo volume identificava nelle “primavere arabe” una nuova forma di protesta e un’occasione imperdibile per rovesciare l’ordine capitalista. Non è un caso che un’avversaria dei comunisti come l’attuale ministro degli esteri, che ci ha sempre visto lungo negli affari internazionali, abbia recentemente puntato a scindere le “primavere arabe” dalle proteste in Turchia: se i problemi democratici non li avesse il Medio Oriente su cui Huntington ha puntato gli occhi, forse sarebbe il caso di riconsiderare l’intera definizione dei blocchi.
Forse, la lista di “Rogue State” (coincidenze: la Siria è tra i primi posti, subito dopo Cuba) andrebbe ridefinita, e magari stavolta decisa non unilateralmente come in una caccia alle streghe globale. Forse, occorrerebbe includere alcuni di questi Mafia State in questa lista dei cattivi. Certo, ciò porterebbe gli Stati Uniti ad ammettere il totale fallimento delle guerre liberatorie e democratizzanti, perché guarda caso, proprio la Yugoslavia e l’Afghanistan risultano tra i maggiori Mafia-State del mondo. Un fallimento per la democrazia che si è rivelato il più grande successo mai ottenuto dagli interessi privati che muovono la macchina imperialista. Ma è meglio dire che è un “problema di civiltà” (o di razze) e conservare la buona fede nell’ordine occidentale (per non finire come i tanti, troppi, perseguitati e torturati dallo Stato con un Presidente Nobel per la pace), continuando a credere – come nella miglior tradizione mafiosa – che sì, queste sono solo “cose che capitano”…
Pubblicato per la prima volta il 3 luglio 2013
Immagine di Xufanc (dettaglio) da commons.wikimedia.org
Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.