Un documentario europeo ci mostra i segreti dei colossi digitali
Computer, internet, tablet, smartphone, social network. Cosa sarebbero le nostre vite senza tutti questi strumenti? Molta gente oggi non ce la fa a vivere senza. Le nostre abitudini sono ormai cambiate, il nostro linguaggio ha perso consistenza. Se date una penna in mano ad alcune persone, già qualcuno riscontra problemi a fare una firma. Figuriamoci a scrivere 10 righe. Eppure all’avvento dei computer negli anni 90, si immaginava la Rete come uno spazio infinito di condivisione, cultura, associazionismo, progettazione, aggregazione. Ora ci stiamo accorgendo che qualcosa non va in quel verso.
Però nessuno si è posto un problema: chi e cosa c’è dietro a tutto ciò. È venuto in mente a Hans Block e Moritz Riesewieck che hanno deciso di far vedere alla gente questo enorme movimento di persone che lavorano per i colossi digitali come Google, Facebook, Instagram, Twitter, Whatsapp e quant’altro. Ci sono “pulitori” (cleaners) che hanno il compito di censurare o di “igienizzare” materiale fotografico e/o audiovisivo ritenuto inappropriato, o illegale se viola le leggi e i protocolli di un determinato Paese. Molte di queste persone hanno dovuto cambiare lavoro o firmare contratti di riservatezza per non rivelare informazioni su queste società che in realtà controllano la vita delle persone. Pare un controsenso. Eppure nella società della privacy, la riservatezza pare essere una chimera.
Tutti sanno i fatti di tutti, nessuno è escluso. Tali dati vengono poi utilizzati per fini di controllo politico. Il consenso delle masse è fatto con tali metodi. I social network servono prevalentemente a questo. Lo abbiamo saputo recentemente con il caso Cambridge analytica. Donald Trump non sarebbe al suo posto senza questi strumenti. Durante il film lo dice anche lui durante un comizio. “Se non avessi i social media non sarei in grado di comunicare. Probabilmente non sarei nemmeno qui, giusto?” – ha detto rivolgendosi con la solita retorica ai suoi elettori. Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha dichiarato che vuole connettere tutti in un unico villaggio globale nel minor tempo possibile per far condividere alle persone qualunque cose. Naturalmente le sue dichiarazioni sono parzialmente vere: la trappola consiste nell’usare la retorica per far sì che tutti si colleghino per esser facilmente controllati.
Lo scenario sembra vicino a quello immaginato da Orwell nel romanzo distopico “1984”, da cui diversi cineasti hanno preso spunto: da Michael Radford per il film omonimo a Terry Gilliam con “Brazil”. Lo so, in fine dei conti non racconto nulla di nuovo. Ma veniamo a parlare invece di cosa si nasconde nel backstage. Libertà, democrazia, apertura non esistono. Il reale obbiettivo è il controllo totale. Il documentario ci parla dei moderatori di contenuti che vanno dalla Silicon Valley fino alle Filippine: in gergo si chiamano “cleaners” ovvero pulitori. Immaginate di essere in una catena di montaggio, stile Fiat, con 25000 immagini al giorno che vi scorrono sui monitor. Molte scelte sono facili se si tratta di pedopornografia o terrorismo. Le cose si complicano in materie di censura. Un esempio sono i filmati sulla guerra in Siria o episodi di pulizia etnica. Non si può far vedere che siamo in guerra. Quello che americani ed europei stanno facendo per noi è impensabile. Tutto si basa su algoritmi che puntano solo ed esclusivamente ad aumentare i profitti. Chi sono i controllati si sa, ma i controllori?
Allora ci sono persone che utilizzano fake news per deviare i media, chi invece racconta la verità rischia tantissimo: oltre alla perdita del posto di lavoro, anche la vita. Questa categoria professionale, inoltre, ha pressioni molto alte: i medici dicono che è più facile per loro contrarre depressione o avere tendenze suicide.
Questo documentario europeo sembra banale, ma pone riflessioni importanti. È attuale, lucido, analitico e va al cuore del problema, denunciando la trappola di Internet e dei social network. La maggioranza di noi crede in valori come libertà, privacy, democrazia e apertura, ma con la retorica ci hanno drogato, indottrinato e non ci permettono di informarsi, approfondire, verificare, capire. Basta uscire per strada. Tenendo la testa alta, si può notare che la maggioranza tiene la testa china verso lo schermo. La nostra fantasia sta colando a picco. Stiamo diventando sempre più pessimisti perchè stiamo guardando in basso e non più verso l’alto. Non riusciamo più a immaginare il nostro futuro e di ciò ne abbiamo paura. Così hanno reso la massa analfabeta (nel senso che la percezione della realtà è totalmente distorta), controllabile e quindi facilmente corruttibile. Una drammatica sconfitta per tutta l’umanità. Mentre diamo il benvenuto ad una nuova forma di imperialismo: quella tecnocrate. Nel complesso è un documentario senz’altro idealistico, che però non fa male ad informare e mettere un po’ di puntini sulle i. Il dubbio casomai è quale pubblico decida di andare a pagare un biglietto per vedere un film di questo tipo.
Fonti principali: My Movies, Cinematographe, Coming soon, Cinematografo
Quello che i social non dicono ***1/2
Titolo originale: The Cleaners
(Germania, Brasile, Olanda, Italia, USA 2018)
Genere: Documentario
Regia e Sceneggiatura: Hans Block, Moritz Riesewieck
Fotografia: Max Priess, Axel Schneppat
Durata: 1 ora e 28 minuti
Distribuzione: I Wonder Pictures
Nei cinema dal 14 al 17 aprile Aprile 2019
Trailer qui
La frase cult: Se non avessi i social media non sarei in grado di comunicare. Probabilmente non sarei nemmeno qui, giusto? (Donald Trump)
Immagine di iWonder Pictures da www.panorama.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.