Al primo sciopero contro il cambiamento climatico hanno
partecipato moltissime persone. Il motivo (almeno spero) è la diffusa percezione
che il cambiamento climatico riguarda tutti, indipendentemente da colore della
pelle, età, genere, orientamento sessuale e abilità.
Quando si tratta di lottare per l’accessibilità, tuttavia, troviamo persone
disabili non solo in prima linea, ma spesso praticamente da sole. Iacopo Melio,
che pure ha ottenuto grandissimi risultati con l’hashtag #vorreiprendereiltreno, non sarebbe mai riuscito a riempire le
piazze di tutto il mondo. Infatti, quando
si parla di accessibilità, la si connette immediatamente ed esclusivamente alle
persone disabili. Come risultato, l’accessibilità diventa un problema che
riguarda solo gli individui con disabilità e non la popolazione nel suo
complesso.
In questo articolo, il mio obiettivo è dimostrare che la questione dell’accessibilità riguarda tutti, disabili e non, ed è di particolare importanza per il movimento ambientalista per due motivi fondamentali. Il primo è che la mancanza di accessibilità aumenta l’inquinamento atmosferico, accelerando così il cambiamento climatico. Il secondo è che rendere l’ambiente accessibile anche alle persone con disabilità porta necessariamente a riconsiderare sia cosa s’intende per “natura”, sia il rapporto tra esseri umani ed ambiente naturale.
Devo precisare però una cosa: il mio articolo e gli esempi che farò si riferiscono tutti a disabili motori che utilizzano una carrozzella per muoversi. Ho fatto questa scelta perché ho io stessa una disabilità fisica e questa è la realtà che conosco meglio. È bene ricordare però che esistono anche altri tipi di disabilità e che potrebbero essere fatti altri esempi.
Iniziamo dal significato di due parole chiave,
“ambiente” e “accesso”. La prima definizione di “ambiente” data nell’Enciclopedia
Treccani è “spazio che circonda una
cosa o persona ed in cui questa si muove o vive”. Questo è il senso in
cui userò la parola “ambiente”.
Per quanto riguarda “accesso”, invece, le definizioni interessanti
sono due. La prima è “L’atto, il
fatto, e anche la possibilità o la facoltà di accedere, cioè di avvicinarsi o
di entrare in un luogo”. È da notare che già in questa definizione
letterale del termine si fa riferimento al concetto di facoltà. La seconda
definizione di accesso riguarda proprio questo aspetto. Sempre l’Enciclopedia
Treccani riporta che l’uso della parola accesso è “Frequente con senso più astratto, per indicare ammissione a
luoghi, ambienti, condizioni, possibilità di partecipare a qualche cosa, e
simili”.
La domanda chiave allora diventa chi sia ammesso in determinati ambienti e a quali condizioni.
Questo rende l’accessibilità una questione politica e completamente slegata
dalle abilità dell’individuo.
L’inquadramento dell’accessibilità come questione politica è immediato quando si
prende in considerazione un particolare tipo di ambiente, quello della la
città. La città, infatti, è costruita e mantenuta esclusivamente attraverso
l’intervento umano.
Veniamo ora ad un esempio concreto: gli autobus di linea. In
Italia la maggior parte degli autobus di linea non sono utilizzabili da parte
di persone in carrozzella. Per far sì che una persona in carrozzella possa
prendere l’autobus, infatti, occorre non solo che gli autobus abbiano le
pedane, ma che il conducente apra le pedane per le persone in carrozzella
quando queste vogliono salire o scendere dall’autobus. Inoltre, le fermate
devono essere costruite in modo da garantire la salita e la discesa di una
persona in carrozzella senza che la carrozzella rischi il ribaltamento.
Perché questo problema riguarda la cittadinanza in generale? La risposta è
semplice: niente vieta alle persone che spingono un passeggino o che hanno
problemi di movimento (per esempio anziani) di chiedere che sia aperta la
pedana.
Perché questo riguarda chi lotta per i diritti civili? In questo caso, i motivi sono ben due. Il primo è che, mentre chi non usa una carrozzella è libero o libera di scegliere quale mezzo di trasporto utilizzare, ai disabili in carrozzella è negato questo diritto. Siamo quindi di fronte alla discriminazione di una comunità di persone in base a caratteristiche fisiche. Il secondo motivo è connesso al primo: il fatto che gli autobus di linea non siano accessibili alle persone in carrozzella costringe queste ultime non solo ad acquistare un’autovettura (che lo vogliano o meno), ma anche a pagare di tasca propria per adattare questa autovettura, in modo da poter guidare senza usare i pedali e, se necessario, da poter raggiungere il posto di guida in carrozzella. Questi adattamenti sono rimborsati dallo Stato solo nella misura del 20%. Questo significa che una persona in carrozzella che guida un’autovettura deve sostenere i 4/5 del costo degli adattamenti alla stessa.
In sintesi, in Italia le
persone in carrozzella non solo sono costrette ad acquistare un automezzo
(al contrario del resto della popolazione), ma devono sostenere costi considerevoli per mettersi in condizioni di
guidare. Pertanto, il fatto che gli autobus di linea non siano accessibili
alle persone in carrozzina è fonte di diseguaglianza.
Infine, il fatto che solo persone in
grado di camminare possano accedere agli autobus di linea costringe tutti gli
altri ad inquinare di più, indipendentemente dalla propria volontà.
Pertanto, chiunque sia interessato a fermare il cambiamento climatico dovrebbe
essere in prima linea quando si tratta di rendere gli autobus accessibili a
tutti. Questo è solo uno degli esempi possibili, ma mostra come il pensare a
chi sia ammesso in determinati ambienti e a quali condizioni sia importante dal
punto di vista politico, sociale ed ambientale.
Consideriamo ora altri tipi di ambiente, in cui l’intervento
dell’uomo è di tipo diverso. Prendiamo ad esempio un parco naturale. Il tipo di reazioni suscitate dalla semplice idea
di rendere accessibile per le persone in carrozzella un ambiente del genere si
può ricondurre nelle seguenti tre categorie (le virgolette sono a scopo
esemplificativo, non di citazione):
“Non è possibile rendere accessibile tutto il parco, al massimo possiamo
tentare di realizzare un percorso per carrozzelle, ma non so se sarà possibile”
“Adattare questo parco per le persone disabili danneggerebbe l’ambiente in
modo irreparabile”
“Il superamento di ostacoli naturali è necessario per entrare veramente in
contatto con la natura”.
Iniziamo dalla prima frase. Ogni parco naturale è già un ambiente accessibile. Accessibile ai normodotati, cioè. Quando si tratta di creare un sentiero rimuovendo il sottobosco, inserire dei gradini per facilitare la salita e la discesa o installare dei bagni, nessuno sembra crearsi problemi ad intervenire sull’ambiente cosiddetto naturale. È quando si tratta di allargare i sentieri, allargare le porte dei bagni e aggiungere rampe ove necessario che iniziano le difficoltà. Realizzare uno (due, tre) percorsi per carrozzelle non è la soluzione: lo spirito deve essere quello di rendere il più accessibile possibile (a persone con diverse abilità) quanti più sentieri possibile e mettere a disposizione degli assistenti o mezzi adeguati per visitare quelli che non sono accessibili in carrozzella. Si vede quindi come consentire anche alle persone con disabilità di accedere ad un parco naturale non lo danneggi affatto. Inoltre, questo può facilitare l’accesso anche per bambini ed anziani, e di conseguenza incoraggiare un maggior numero di famiglie ad andare al parco.
La terza frase, pur non essendo una citazione, fa riferimento alla diffusa concezione della natura come una fonte di sfide per l’uomo. L’ambiente naturale diventa così un modo di provare le proprie capacità e superare i propri limiti fisici, entrando in tal modo in armonia con la Natura (Kafer, 2013).
Il documento redatto dai promotori della petizione “Salviamo la Val di Mello”, che spiega le ragioni per cui essi si oppongono a rendere uno dei percorsi della valle accessibile ai ciechi e alle persone in carrozzella, sottintende una simile visione dell’ambiente naturale. Secondo i promotori della petizione “Il percorso [che sarà reso accessibile, nda] richiede spesso l’aggiramento o il superamento di ostacoli naturali”, vi sono molti “passaggi stretti” e “guadi di piccoli ruscelli laterali che ogni anno cambiano poco a poco forma”. Sembra quasi di leggere la descrizione di un percorso ad ostacoli, e non quella di una valle.
A questo punto vale la pena fare alcune considerazioni. Prima di tutto: cosa significa amare la natura? Vuol dire forse considerare la terra, le piante e gli animali come una fonte di sfida, come un mezzo per l’individuo di mettere alla prova se stesso superando gli ostacoli naturali? Questa è una visione piuttosto antropocentrica ed individualista dell’ambiente, che è concepito quasi come un terreno di conquista. Se l’ambiente è di tutti (come si sente spesso dire), non ha più senso fare esperienza dell’ambiente come comunità (famiglia, gruppo di amici, partner) piuttosto che come singoli individui?
Considerare seriamente la questione dell’accessibilità consente così di riflettere anche su che cosa sia l’ambiente e, di conseguenza, l’ambientalismo.
Bibliografia
Kafer, A. (2013). Feminist, queer, crip. Indiana University
Press.
Kuppers, P. (2007). Outsides: Disability Culture Nature Poetry. Journal
of Literary & Cultural Disability Studies, 1(1), 22-33.
Legislazione
L. 104/1992 art. 27
Sitografia
http://www.treccani.it/vocabolario/ambiente/
http://www.treccani.it/vocabolario/accesso/
https://www.facebook.com/watch/?v=351806742097006
http://www.valdimello.it/v2/documenti/salviamo_la_val_di_mello.pdf
Immagine di Goran Horvat (dettaglio) da pixabay.com
Sono nata a Pisa, dove ho studiato Economia e sono al secondo anno del dottorato in Economics presso le università di Siena, Firenze e Pisa. Sono in carrozzella e i miei interessi includono economia della decrescita e tematiche legate alla disabilità.