Nel caricare articoli sul sito del Becco, ci si trova a dover scegliere immagini di pubblico dominio o con licenze di diffusione “copyleft” per illustrarli (poiché questa piccola realtà non ha i mezzi per acquistare licenze di stock di immagini coperte da copyright). Scorrendo perciò i risultati del motore di ricerca si incontrano prevedibilmente le immagini utilizzate da Wikipedia, le fotografie più o meno amatoriali condivise su Flickr e, non sempre altrettanto prevedibilmente, immagini di pubblico dominio pubblicate da enti governativi.
Un esempio sono le fotografie del Cremlino, tra l’altro belle da un punto di vista tecnico, che immortalano qualsivoglia evento o incontro internazionale cui abbia preso parte il presidente russo Putin. Immesso nel campo di ricerca il nome di un capo di stato e filtrata la ricerca per risultati liberamente riutilizzabili, ci si trova invasi di foto di Putin (magari affiancato dall’altro capo di stato che si stava cercando) con una frequenza esasperante.
Del resto, fa parte del lavoro di un governo promuovere l’immagine di sé e del proprio paese; farlo nel pubblico dominio è una correttezza fondamentale (altrimenti il governo di turno farebbe cassa sulla diffusione delle sue stesse fotografie) e rientra nella trasparenza di molti enti statali (si vedano ad esempio l’archivio fotografico della NASA o le grafiche USGS), ma è anche un’occasione di controllo sull’immaginario che viene diffuso. Una foto di pubblico dominio può essere gratuitamente ripubblicata e riprodotta da chiunque e per qualsiasi scopo, anche con modifiche.
Il fenomeno si fa più evidente e meno sottile cercando foto delle basi militari statunitensi nella prefettura di Okinawa, Giappone. Molto ci sarebbe da dire sulla questione delle basi USA nel mondo e in particolare in Giappone, i cui accordi territoriali con gli Stati Uniti non sono stati più rinegoziati negli ultimi 70 anni (contrariamente a quanto accaduto per l’Italia o la Germania); ai fini di queste annotazioni, basterà osservare come alle elezioni a governatore di Okinawa continuano ad essere riconfermati candidati e coalizioni contrari alle basi e al loro ampliamento (l’ultima volta il lo scorso ottobre con Denny Tamaki, succeduto a Takeshi Onaga, volto celebre dell’antimilitarismo mondiale) – le vicende possono essere seguite più da vicino nelle Pillole dal Giappone.
Le immagini di pubblico dominio sembrano restituire una situazione diversa: numerose foto di esercitazioni e altre attività nelle basi, ma anche marines fianco a fianco a membri della comunità locale, impegnati in festeggiamenti della loro amicizia o nella rimozione dei “rifiuti” (i cartelloni) legati dai manifestanti anti-base alle reti di recinzione; oppure ancora cittadini di Okinawa con striscioni che ringraziano la marina statunitense per la protezione dell’isola. Sono foto pubblicate dal corpo dei Marines, che raccontano solo la parte di Okinawa contenta della presenza delle basi nella prefettura; la schiacciante prevalenza di queste immagini nel pubblico dominio, per quanto distante dalla realtà di Okinawa, costruisce e diffonde un preciso immaginario che incensa acriticamente la presenza militare statunitense in Giappone.
Per una varietà di ragioni, poche sono le foto di libera di diffusione delle quasi continue manifestazioni contro le basi. Non ci si aspetta del resto equidistanza documentaristica dalle immagini dei Marines; tuttavia, il potenziale propagandistico della pubblicazione nel pubblico dominio è stato evidentemente notato.
Nella società dell’informazione digitale, la visibilità ha un inevitabile impatto politico, per il suo contributo diretto alla costruzione di immaginario. Questo aspetto è già stato almeno in parte modellato dai meccanismi del copyright, anche attraverso la sua assenza, e non dovrebbe essere trascurato dal dibattito sui diritti d’autore e di diffusione.
Immagine di Chris Davis ripresa liberamente da flickr.com
Studia scienze naturali all’Università di Pisa, dove ha militato nel sindacato studentesco e nel Partito della Rifondazione Comunista. Oltre che con la politica, sottrae tempo allo studio leggendo, scribacchiando, scarabocchiando, pasticciando, fotografando insetti, mangiando e bevendo.