Quello di Phil Elverum è un nome noto agli amanti della bella musica, così come quello del suo progetto più recente, Mount Eerie. Delle sonorità lo-fi tra il sognante e l’evocativo che lo avevano reso un nome imprescindibile, però, ultimamente resta poco. In mezzo la tragedia di Geneviève Castrée, fumettista canadese francofona, musicista ed eccezionale esempio di artista a tutto tondo, moglie, collaboratrice e madre della figlia di Elverum, uccisa da un cancro a 35 anni. A lei, ed alla sua scomparsa, sono dedicati gli ultimi tre album di Mount Eerie: A Crow Looked At Me, Now Only ed il live album (after).
Sigmund Freud ha descritto in termini probabilmente insuperabili il “work of mourning”, il lavorio che il lutto richiede e in cui consiste, nel suo Lutto e Melanconia:
«Orbene, in cosa consiste il lavoro svolto dal lutto? Non credo di forzare le cose se lo descrivo nel modo seguente: l’esame di realtà ha dimostrato che l’oggetto amato non c’è più e comincia a esigere che tutta la libido sia ritirata da ciò che è connesso con tale oggetto. […] La normalità è che il rispetto della realtà prenda il sopravvento. Tuttavia questo compito non può esser realizzato immediatamente. Esso può essere portato avanti solo poco per volta e con grande dispendio di tempo e di energia d’investimento; nel frattempo l’esistenza dell’oggetto perduto viene psichicamente prolungata. Tutti i ricordi e le aspettative con riferimento ai quali la libido era legata all’oggetto vengono evocati e sovrainvestiti uno a uno, e il distacco della libido si effettua in relazione a ciascuno di essi. Non è affatto facile indicare con argomentazioni di tipo economico perché tale compromesso con cui viene realizzato poco per volta il comando della realtà risulti così straordinariamente doloroso.»
La dialettica tra sovrainvestimento e reality testing, ed il dolore che ne consegue, percorre a mio parere i tre album in questione. Elverum rievoca la compagna di vita, la “vede” (anche se è rapido nel rimarcare che non crede nei fantasmi) “là fuori”, nel fluire della natura, nella figlia e in ciò che materialmente rimane della loro relazione; ma d’altro canto è reciso nel dichiarare, in Real Death, che «Death is real / Someone’s there and then they’re not / And it’s not for singing about / It’s not for making into art / When real death enters the house, all poetry is dumb / When I walk into the room where you were / And look into the emptiness instead / All fails / My knees fail / My brain fails / Words fail».
La morte, nella sua materialità, spogliata delle metafore e degli artifici retorici che tentano – nell’arte come nel quotidiano – di infonderle un senso. A Crow Looked At Me e Now only sono in questo senso opere d’arte contro l’arte, da un lato pezzi di dolorosa realtà che lacerano quel cuscino retorico che frapponiamo tra noi e l’ultimo scoglio dell’in/esistenza, e dall’altro testimonianza del faticoso recupero di un piano di stabilità esistenziale, con tutti i suoi colpevoli comfort ed i suoi inganni, a fronte dell’esperienza della distruzione. I limiti dell’esistenza umana non si nascondono dietro gli schermi discorsivi del (cosiddetto) realismo speculativo di tendenza: non ci sono grandi eventi, fossili ed eoni su cui riflettere intellettualmente: “solo” la perdita, nella sua immediatezza.
In questa crudezza spietatamente pragmatica e semantica Mount Eerie si allontana da lavori tematicamente simili, in quest’epoca che pare apprezzare particolarmente un certo registro tragico, come Stage Four della band post-hardcore statunitense Touché Amoré, o più alla lontana il totalmente metaforico Hospice di The Antlers. In ogni caso, siamo lontani tanto dall’ottimismo scanzonato da third way dei derivati del britpop e dell’indie di qualche tempo fa quanto dal sadcore tristissimo e melensissimo a base di amori maledetti e delusioni di giganti come gli Arab Strap, una questione che forse in sé varrebbe una prossima riflessione.
Il lutto e le sue forme discorsive stanno all’opposto di quel tipo di oggetti, come le categorie scientifiche, che sono – per dirla con elementi presi in prestito dagli Science and Technology Studies, ma senza troppo entrare nel campo latouriano – fatte per circolare in contesti diversi mantenendo all’incirca lo stesso significato e lo stesso valore, come sottolineano per tutt’altro (e infatti li citiamo qui un po’ impropriamente) anche antropologi come Charles L. Briggs e Clara Mantini-Briggs. Elverum non nasconde la (sgradita?) sorpresa di trovarsi a dover suonare pezzi che parlano della morte in giovane età di sua moglie di fronte ad un pubblico pagante accorso specificamente.
Non si può dare torto né ad una parte né all’altra: A Crow Looked At Me e Now Only sono album a tratti emotivamente insopportabili, in cui il work of mourning si mostra nella sua straordinaria fatica e dolorosità, senza chiedere di essere condiviso; ma anche due album che attingono sapientemente da quel segmento di storia della musica contemporanea che va dal grunge che dal post-rock, un linguaggio sfacciatamente universale, che viene messo appena implicitamente al servizio della comunicazione con l’ascoltatore e le sue esperienze. Invito al ripiegamento nella dimensione prettamente individuale, egoistica del dolore, e in definitiva nella freudiana melanconia? Dato quanto Elverum dice a proposito di un mito della generazione dei Boomers, Jack Kerouac, in una delle canzoni più belle di Now Only, Distortion, sono abbastanza sicuro di no.
Mount Eerie, A Crow Looked At Me, P.W. Elverum & Sun, 2017
Mount Eerie, Now Only, P.W. Elverum & Sun, 2018
Mount Eerie, (after), P.W. Elverum & Sun, 2018
Image courtesy of Bandcamp
Immagine P. W. Elverum & Son
Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all’Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università degli Studi di Torino. Mi interesso di epistemologia delle scienze sociali, filosofia politica e del diritto, antropologia culturale e storia contemporanea. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l’animazione, i fumetti ed il vino.