Lo scorso 17 ottobre il Parlamento canadese ha dato il via libera alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo. Dopo l’Uruguay, il Canada diventa così il secondo paese al mondo a rendere legale la marijuana per tutti gli usi. Fortemente voluta dal premier Trudeau, la legge rende ad oggi il Canada il più grande mercato di cannabis legale al mondo, riaccendendo il dibattito in molti paesi sulla legalizzazione delle droghe leggere, argomento che questa settimana abbiamo deciso di trattare “a dieci mani”.
Il mito della liberalizzazione si estende a molte merci e servizi. In Italia il business delle droghe leggere fu un cavallo di battaglia dei radicali. Come non ricordare Pannella e le sue campagne per legalizzare le droghe leggere? Bene, io penso che nonostante ci serva un modo per trascinare queste sostanze fuori dal mercato nero, non si debba incentivarne il consumo. E purtroppo la loro legalizzazione porterebbe necessariamente alla loro diffusione negli esercizi commerciali più comuni, rendendo disponibili ad adolescenti in cerca di una facile evasione sostanze che saranno un potentissimo anestetico per le nostre problematiche sociali. Non ci serve cercare un’evasione a basso costo con il consumo di sostanze, ci serve lucidità, analisi e organizzazione per cambiarlo concretamente questo mondo.
Insomma, a costo di esser preso per reazionario, non mi sembra una cosa particolarmente rivoluzionaria diffondere le droghe leggere, anzi penso che le nostre problematiche sociali potrebbero risultare persino peggiori una volta che verrà annebbiata la nostra lucidità.
Ho un’amica che insiste per farmi provare a “fumare erba” (per capirsi) in ogni occasione. Ci sono molti motivi per cui alla fine ho sempre rifiutato, in quasi trenta anni di esistenza. Nessuno però mi spinge a ritenere errata la legalizzazione della cannabis, anzi ho sempre sostenuto la necessità di sottrarla all’economia illegale. Alcune considerazioni fanno parte del buon senso: sigarette, alcol, gioco d’azzardo… ci sono sostanze e dipendenze sicuramente più dannose di quello che inquieta le notti dell’improbabile Giovanardi. Non voglio però qui parafrasare Andrea Alongi (cercate il nome su YouTube per due risate).
È interessante invece la posizione di chi ritiene questa battaglia come uno dei problemi della sinistra: occuparsi di diritti civili e legalizzazione implicherebbe una distrazione dalla centralità del conflitto capitale-lavoro…
Demercificare la cannabis sarebbe magari una battaglia interessante, ma sarebbe una campagna necessariamente da argomentare assieme a una proposta di società alternativa, con qualche ipotesi su come dovrebbe funzionare sul piano economico e produttivo. Non si capisce perché la sinistra di classe dovrebbe lavorare per un mondo più reazionario e oscuro, ignorando quanto pesi nel campo della non legalità…
Surreale invece è chi tira nel mezzo altri decenni di storia europea, in cui le droghe erano utilizzate per depotenziare conflitti politici di natura politica (nota è la posizione dell’IRA, per esemplificare). Non solo si tratta di altri contesti, ma anche di sostanze completamente diverse.
Il Canada non è un paese socialista. Però sarebbe bello che fossero i paesi socialisti a portare avanti conquiste di progresso, civile e sociale, come avvenuto nel secolo scorso, contrariamente alle semplificazioni storiche a cui credono anche alcuni presunti comunisti…
Jacopo VannucchiLa legalizzazione delle droghe leggere, anche per usi di carattere “ricreativo”, pone alcune serie questioni di carattere sociale.
Anzitutto è necessario fare una distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Il consumo di queste ultime porta ad una accentuata dipendenza e a pericolosi effetti di deterioramento mentale e fisico, che si concludono in ultimo con la morte. Le droghe leggere, invece, provocano una minore dipendenza e meno gravi effetti sull’organismo. Il consumatore di droghe pesanti si trova in una condizione grave e ha un immediato bisogno di aiuto medico. Il consumatore di droghe leggere, invece, cerca semplicemente il cosiddetto “sballo”. Le analisi sulla correlazione tra il consumo di marijuana e la classe sociale, effettuate in vari Paesi occidentali, sembrano fornire un quadro composito: da un lato, il consumo generale (anche una tantum) nell’arco della vita appare più marcato nelle classi alte; dall’altro, tra i consumatori quelli più frequenti si trovano nelle classi deboli1. A cosa è dovuto e a cosa serve, dunque, questo “sballo”? Nelle classi alte probabilmente alla noia, oltre che alla necessità di spendere in qualche modo il denaro (anche se i cantori della flat tax dicono che il surplus dei ceti ricchi va in investimenti e assunzioni). È anche probabile che le classi alte ricerchino droghe più costose. Per i ceti inferiori, invece, la droga è un evidente modo con il quale si cerca di creare un’illusione di vivibilità in una società reale invivibile. Questo consumo ha quindi almeno tre seri effetti sociali: 1. Anestetizza la capacità delle masse di reagire alla sofferenza e di reclamarne la fine;
2. Rende, al contrario, le masse asservite allo stesso sistema che con una mano le rende infelici e con l’altra propina loro la droga;
3. Addirittura, paga di tasca propria questa droga, un balzello finanziariamente regressivo e socialmente derisorio. La tesi secondo cui liberalizzare la droga è positivo perché si sottraggono denari alle mafie è molto pericolosa: il medesimo atteggiamento potrebbe essere fatto valere, come le destre in effetti fanno, sulla liberalizzazione delle armi o sul traffico di esseri umani (la prostituzione). Né la depenalizzazione diminuisce l’emarginazione sociale: al contrario, gli studi sembrano indicare che la legalizzazione, se da un lato può diminuire il consumo tra i minorenni, che non possono più contare sulla vendita indiscriminata del mercato nero2 , dall’altro lato aumenta tra gli adulti il consumo di cannabis e addirittura l’assunzione sproporzionata di alcool (binge drinking)3. Una seria politica sulle droghe, invece, imporrebbe di agire su un altro fronte: l’apertura delle narcosale, nelle quali i tossicodipendenti potrebbero assumere droghe pesanti in dosi non letali, sotto stretto controllo medico e con la possibilità di accedere in ogni momento a terapie di recupero. In questo modo si potrebbero salvare vite dalle morti per overdose e cercare di lenire e curare le piaghe che la miseria scava nei ceti più a rischio. 1Is socioeconomic status in early life associated with drug use? A systematic review of the evidence (Regno Unito, 2009); The Influence of Socioeconomic Status on Cannabis Use Among French Adolescents (Francia, 2012); The Relationship Between Substance Use and Social Class Among College Students (Stati Uniti, 2016)
2Teen Drug Use Drops Across the Country, Thanks to Legal Marijuana3The research suggests marijuana legalization could lead to more use
Il premier canadese Trudeau rappresenta il volto nuovo e carismatico di una sinistra ormai già vecchia. Una sinistra figlia della caduta del muro di Berlino e della globalizzazione che ha abdicato quasi del tutto alla sua missione politica e sociale di supporto e rappresentanza delle classi meno abbienti per rifugiarsi in battaglie di radicalismo liberale come la legalizzazione delle droghe leggere. Occorre dunque prima di tutto affermare con forza e chiarezza (se non vogliamo che l’etichetta idiota di “buonista” o “radical chic” continui a dare voti alla destra leghista e pentastellata per i prossimi 100 anni) la necessità di una sinistra diversa da quella che va nel solco tracciato da Tony Blair e che metta al primo posto la lotta per una società alternativa a quella capitalistica. Ma allo stesso tempo occorre evitare l’atteggiamento diametralmente opposto e altrettanto sbagliato di bollare la legalizzazione della cannabis come riforma inutile se non addirittura dannosa o “funzionale all’ordine borghese” per le nostre società.
Un paese in cui la cannabis è legale è – ovviamente – perfettamente compatibile con una società ingiusta, diseguale e fondata sul dogma del liberoscambismo. Eppure anche rimanendo entro questa configurazione sociale, la legalizzazione della cannabis ha comunque degli effetti concreti e positivi, non strutturali ma comunque da non sottovalutare. Mi sembra che gli effetti più interessanti non vadano tanto ricercati nel godimento individuale di un prodotto che prima poteva essere reperito solo illegalmente, con tutti i rischi e le difficoltà del caso, e nemmeno nei benefici economici per la nascita di un nuovo business (per quanto non siano cose affatto negative), bensì nella possibilità di indebolire il narcotraffico (e in Italia le mafie) e nel ridurre il numero di detenuti in carcere, spesso dentro solo per aver venduto pochi grammi di Marijuana. In un paese come il nostro caratterizzato da una gravissima situazione di sovraffollamento delle carceri, significherebbe un grandissimo guadagno umano e sociale, oltre che economico. Una cannabis legale, più controllata, più sicura, strappata al narcotraffico e alla criminalità organizzata avrebbe degli effetti positivi non trascurabili, soprattutto in un paese come l’Italia che però, tristemente, ha da tempo abbandonato un dibattito reale su questo tema.
Immagine di copertina liberamente ripresa da www.deviantart.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.