È doveroso ringraziare Jordan Peele. Solo artisti del suo calibro oggi possono scuotere le persone a cambiare. È difficile trovare oggi qualcuno che ti dia la voglia di alzare l’asticella. “Nope” non è il classico filmetto estivo, è molto di più. E anche stavolta non è un horror. Il film non è un capolavoro, ma per il livello attuale è grande cinema. Nope, per dirla come il prof. Keating de “L’attimo fuggente”, è il barbarico Yawp di Jordan Peele. Un grido di allarme.
Peele, pur non avendo trovato completamente l’amalgama di tutti gli ingredienti (soprattutto a livello di sceneggiatura), riesce a guardare in alto mantenendo la giusta dosa di umiltà. Ed è proprio questa qualità che lo rende un personaggio accattivante del panorama cinematografico mondiale odierno. E il messaggio arriva eccome. Ancora una volta un film criptico come “Get out” e “Noi”. “Nope” è un film chiaramente biblico. Subito Peele ce lo sbatte in faccia, con una citazione:
“Alzerò le tue vesti fin sulla faccia
e mostrerò alle genti la tua nudità,
ai regni le tue vergogne.
Ti getterò addosso immondezze,
ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio.” (libro di Naum, 3:6)
La citazione assume un particolare significato sin dalle prime scene del film. Ostlund in “The Square” usava l’uomo che fa il verso della scimmia per distruggere la stupidità umana (la scena la potete vedere qui). Kubrick nella prima parte di “2001 Odissea nello spazio” usava la scimmia mostrandola a cacciare un animale. Qui invece c’è uno scimpanzé che ha un raptus omicida verso la crew cinematografica della sitcom “Gordy’s home”. Una violenza improvvisa come quella di Alex di “Arancia meccanica”. Il punto è che lo scimpanzè nella storia, apparentemente, non c’entra nulla. Invece c’entra eccome. “Non è possibile addomesticare un predatore” – dirà il protagonista nel corso del racconto. Un ex bambino prodigio della sit-com, sopravvissuto alla strage provocata dalla scimmia, è divenuto adulto. Ha lucrato sulla tragedia e vuole comprare la tenuta dei due fratelli protagonisti. Poco fuori Los Angeles vivono OJ (Daniel Kaluuya di “Get Out”) e Emerald (Keke Palmer). Da poco il loro padre è rimasto misteriosamente ucciso. Lei è estroversa, le piace il palcoscenico, lui è introverso e preferisce stare con i cavalli più che con le persone.
Hanno ereditato un ranch di cavalli e hanno contatti ben avviati per far utilizzare le loro bestie nei film di Hollywood. Dopotutto il fantino di colore senza nome, immortalato nel 1878 nella serie di fotografie “Sallie Gardner at a Gallop” di Eadweard Muybridge (vedere qui), è un loro antenato. Molti non lo sanno ma Muybridge fu il pioniere della fotografia in movimento, che poi divenne il concetto fondamentale del cinema alla fine dell’Ottocento. Nope critica la Hollywood bianca che ha sistematicamente rimosso il contributo delle persone di colore dal cinema, ma, nella finzione, Em e Oj testimoniano che il loro contributo è ancora attivo. Gli affari non vanno benissimo per i due fratelli, OJ rifiuta di vendere il ranch. Ma il pericolo è in alto. Una candida e soffice nuvola nasconde un mistero. Oggetti che cadono dall’alto, blackout, repentini cambiamenti, cavalli impazziti, violenza improvvisa, la morte improvvisa del padre causata da chissà quale causa. C’è qualcosa che non quadra.
Peele usa la stessa suspense che usò Hitchcock per “Gli Uccelli”. I due fratelli decidono di comprare delle telecamere per vederci chiaro. Magari potrebbero fare uno scoop e vendere i video a Oprah Winfrey, diventando ricchi sfondati. La loro vita è una perenne illusione alla ricerca di una ricchezza che non arriverà mai. L’ossessione di riprendere per diventare ricchi. La differenza è sostanziale. Più Hollywood è in crisi di idee (il momento attuale), più si ha voglia di “fare cinema” per essere popolari. Nel film c’è una critica alla vecchia scuola, incarnata dal personaggio di Michael Wincott, ma anche alla moderna smania di riprendere tutto. Conosco persone che con lo smartphone in mano credono di avere il mondo a portata di mano.
Come nella vita di tutti i giorni in un’orgia di ansie da consumismo sfrenato, turismo di massa, chat, social, selfie. Ma è davvero necessario quest’ingordigia? L’unico che se lo chiede è OJ e infatti è lui a capire il punto debole del “mostro”.
Ed ecco che un film western sul sogno americano diventa un thriller di fantascienza allegorico. L’american dream, viene detto nel corso del film, è “un sogno in cui alla fine arrivi in cima alla montagna, è quello da cui poi non ti risvegli più”.
Si inizia a credere a qualche forma extraterrestre, o un predatore in stile Alien (capolavoro di Ridley Scott).
L’oggetto volante è mutevole, sfuggente, vorace, predatore e sa adattarsi in base a chi guarda. Ecco perché ce lo mostra e non ce lo mostra.
La pellicola cresce alla distanza seguendo strade già battute da maestri come Kubrick (l’uso della violenza di “Arancia Meccanica”), Hitchcock, John Carpenter, George A. Romero e M. Night Shyamalan. Senza dimenticare Steven Spielberg.
Ebbene sì. Peele mostra l’enigma della storia un po’ alla volta. Quest’ oggetto volante è un po’ come lo squalo spielberghiano (correva l’anno 1975).
Il film nella prima mezz’ora sembra lento e confuso, ma poi innesca il turbo. Dopo un po’ l’ottovolante parte e il film gira che è una bellezza. Come a suo tempo fece Spielberg con Jurassic Park, Incontri ravvicinato del terzo tipo e Lo squalo. La tensione si può creare, senza mostrare. Mettendo lo spettatore in un vortice di emozioni, paure, un audio avvolgente che, con le sue vibrazioni, scuote letteralmente la sedia dello spettatore e un’immagine che divora il tenero cuore di un cinefilo. La seconda parte vorresti che non finisse mai, grazie soprattutto alla fotografia meravigliosa di Van Hoytema (Interstellar, Her, Tenet, La Talpa, 007 Spectre). Si nota che sia stato girato in pellicola Kodak 65mm con telecamere Imax, che assicurano immagini di altissima risoluzione e una profondità incredibile. L’uso dei colori (specialmente del blu e del grigio) è encomiabile. Vi consiglio vivamente di andare a vedere il film in una sala Imax (nella provincia di Firenze è all’Uci di Campi Bisenzio) per godervelo ancora di più.
L’obbiettivo del film è la critica alla società dello spettacolo, al tramonto di Hollywood. Il segreto per dipanare la matassa è più semplice di quello che si crede. Gli occhi di chi guarda e la luce sono gli elementi fondamentali del cinema. Ma più che un film sugli alieni è un film di alieni: quelli che scegliamo di non vedere o che non semplicemente non vediamo. L’orrore balza agli occhi di chi (sa) guarda(re). Essenzialmente oggi siamo in una società dove tutti siamo strettamente collegati, ma ognuno continua a pensare individualmente al proprio orticello.
Regia **** Fotografia ****1/2 Interpretazioni ***1/2 Sceneggiatura ***1/2 Sonoro **** Film ****
Fonti principali: Cinematographe, Coming soon,, Bad Taste, Cinematografo, My Movies
NOPE ****
(USA 2022)
Genere: Western, Thriller, Fantascienza
Regia e Sceneggiatura: Jordan Peele
Cast: Keke Palmer, Daniel Kaluuya, Michael Wincott, Steven Yeun, Brandon Perea
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Durata: 2h e 10 minuti
Produzione e Distribuzione: Universal Pictures
Trailer italiano
Intervista al cast
Uscita italiana: 11 Agosto 2022
Budget: 68 Milioni di dollari
La frase cult: Il sogno americano è quando alla fine arrivi in cima alla montagna ed è quello da cui poi non ti risvegli più
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.