In un momento così drammatico della guerra in Ucraina, dove le bombe incessanti distruggono cose, palazzi, scuole, centri commerciali e dove i civili cercano solo di sopravvivere, appare preoccupante l’adesione dei paesi del nord Europa, da sempre neutrali, alla Nato, per paura di attacco della Russia, come è avvenuto per l’Ucraina.
Ma allora la Russia si sentirà ancora più isolata e accerchiata? Come potrà reagire? È proprio questo che l’Europa vuole?
Ne parliamo a più mani questa settimana.
Leonardo Croatto
La paranoia è una malattia contagiosa: ha la caratteristica di trasferirsi da individui che ne sono portatori in grande quantità a soggetti relativamente assennati. La caratteristica più spaventosa di questa malattia è quella di agire sulle capacità razionali delle persone annullandole completamente.
Il paranoico è convinto che ogni suo incidente, ogni sua sventura, ogni evento negativo della propria vita (reali o presunti) siano da attribuire agli altri. Questo meccanismo, annullata ogni capacità di analizzare lucidamente gli effetti delle proprie azioni, porta a vedere chiunque come un potenziale nemico, a sentirsi circondati da soggetti ostili pronti a cogliere qualsiasi occasione si presenti per recare danno.
Quando a diventare paranoici, a subire il contagio di massa, sono intere nazioni, la paranoia diventa la cifra prima della politica interna: i più matti di tutti (che a quel punto, per un paese di paranoici, manifestano anche grande attrattività, perché capaci di riassumere ed amplificare la follia di tutti i cittadini) assumono incarichi di rilievo nelle istituzioni, nei parlamenti e nel governo; poi la paranoia diventa il tratto caratterizzante la politica estera, fino a farsi motore della geopolitica, e, nel più lungo tempo, della storia.
Facile attribuire questi tratti ai grandi dittatori del passato, un po’ meno facile rendersi conto quanto questa malattia guidi le scelte politiche della maggioranza dei cittadini che abitano il pianeta, sia cifra delle relazioni tra stati almeno negli ultimi due secoli e causa del disastro attuale. Forse più che di multelateralismo avremmo avuto bosogno, dopo il secondo dopoguerra, di un bel po’ di terapia psicoanalitica.
Francesca Giambi
L’ingresso di paesi del nord Europa nella UE e l’ampliamento della Nato può essere visto davvero come una pace?
Dopo aver ceduto al ricatto di Erdogan per il suo consenso all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato in cambio di ciò che voleva (caccia F-16 da Biden, revoca dell’embargo alle esportazioni di armi in Turchia, consegna dei militanti curdi ricercati,…) Erdogan può procedere alla pulizia etnica dei curdi…
Tutto questo è molto preoccupante. Siamo davvero nella nuova guerra fredda. E l’Europa getta la sua maschera ipocrita, di pensare di essere perno di equilibrio e di ricerca di pace per appoggiare sia l’ingerenza degli Stati Uniti che sottovalutando il pericolo Erdogan (che paghiamo abbondantemente per tenere gli immigrati fuori dei confini…).
L’Europa ha lasciato Erdogan trattare con Putin, ma come si può accettare che due tiranni-assassini possano sedersi a parlare di pace? La Nato, o “Patto Atlantico”, consiste in un’alleanza militare intergovernativa, nata il 4 aprile 1949 con lo scopo dichiarato di garanzia delle libertà e della sicurezza dei propri membri. La Nato fino dall’inizio ha avuto come cardine una visione geopolitica antisovietica e oggi tutto questo si ripropone. Una nuova cortina di ferro, di nuovo gli USA ed i suoi servitori ora contro Russia e Cina.
Questa guerra in Ucraina ha fatto guadagnare solo le fabbriche di armi, solo l’America, mentre sta distruggendo l’economia europea. È possibile che questo continui? Putin è un dittatore sanguinario, il popolo ucraino vede solo distruzione e morte. Ora dovrebbe bastare, dovrebbe essere importante arrivare sia ad una tregua sia alla fine di questa sporca guerra. Ma purtroppo l’America ha interesse che la guerra duri a lungo… E il Patto Atlantico diventa globale, i leader Nato a Madrid approvano il nuovo strategic concept: “Mosca ci minaccia, Pechino una sfida per la sicurezza”.
La risposta alla sfida delle autocrazie contro le democrazie è l’invio di altri soldati americani nei vari paesi europei, Italia inclusa, e basi nell’ex Patto di Varsavia… Questo è un vero disastro… che preclude proprio trattative di pace, anche perché la Nato si sta rivolgendo al fronte sud, come ha affermato Stoltenberg, segretario generale della Nato, perché si deve contrastare Cina e Russia “Non possiamo lasciargli il Nord Africa”.
E la paura è proprio la 3° guerra mondiale, nucleare e definitiva. Putin è l’ultimo dei “nuovi mostri”. Dopo il 1989, con la fine del comunismo e della guerra fredda, sia Clinton che Obama (democratici) dissero che la Nato non si sarebbe estesa… e l’Europa? Avrebbe potuto dichiarare finita l’epoca dei blocchi, farsi veramente unita, autonoma e democratica, e invece… si è dibattuta tra Nato e Gazprom nel mercato globale.
Jacopo Vannucchi
Il Presidente russo ha affermato che l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO non costituisce di per sé un problema per Mosca, che però reagirebbe con uno schieramento nucleare se il Patto atlantico schierasse truppe nei due stati.
La cosa interessante del giornalismo italiano è che il più delle volte simili considerazioni da parte delle autorità russe vengono definite “minacce”. In realtà si tratta di banali osservazioni che esplicitano come un’alterazione dell’equilibrio di potenza provochi delle conseguenze.
Se Svezia e Finlandia entrano nella NATO, questa sarà in grado di chiudere completamente la Russia in fondo al Mar Baltico: i due Paesi completerebbero infatti l’accerchiamento di Danimarca, Germania, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. San Pietroburgo potrebbe essere completamente bloccata da quel lato, e l’impressione è che gli elementi più guerrafondai dell’area baltica abbiano iniziato le prove bloccando l’oblast’ di Kaliningrad. In questo caso si tratta di un blocco terrestre, ma che va letto in relazione al mare: non solo, infatti, l’unica alternativa al rifornimento via terra è quello via mare in un Baltico destinato a diventare un lago NATO, ma il porto di Kaliningrad ha una rilevanza fondamentale per la Russia, essendo l’unico di acqua calda di cui dispone su quel versante.
Inoltre, le voci di un possibile ingresso a breve della Bielorussia nel conflitto potrebbero doversi leggere in connessione con la débâcle delle forze ucraine sul fronte del Lugansk, solo parzialmente compensata dalla riconquista dell’Isola dei Serpenti. L’impressione è che ancora una volta la Russia possa contare sul fattore tempo, che lavora inesorabilmente per lei; allargare il conflitto sarebbe un modo per ostacolare la Russia, e l’ingresso bielorusso in guerra fornirebbe ai falchi polacchi e baltici l’occasione perfetta.
Al di là di questi fattori ce ne sono altri, non meno sanguinari: la dura repressione delle forze rivoluzionarie curde e la ricostruzione di un’egemonia turca sul Mediterraneo orientale fino alla Libia. In altri termini, la “NATO-izzazione” dell’Europa rivendicata a Madrid da un pimpante Biden si abbina alla benedizione del revanscismo ottomano cui da vent’anni si dedica Erdoğan. Il principale obiettivo di lungo periodo degli Stati Uniti sembra dunque sfinire non la Federazione Russa, bensì il continente europeo.
Alessandro Zabban
Proprio l’ampliamento a est della Nato ha negli ultimi anni esacerbato le tensioni fra Russia ed Europa: auspicarne ora un ulteriore allargamento significa non volere un mondo fondato sulla cooperazione paritaria bensì voler ripristinare una stantia logica da blocchi contrapposti.
L’Occidente, che rappresenta suppergiù un settimo della popolazione mondiale, invece che accettare l’ovvia realtà, ovvero che non può dominare il mondo per sempre e che dovrebbe piuttosto ricercare una cooperazione win-win con le potenze emergenti, sta facendo di tutto per cercare di ostacolarne l’ascesa. Così, i paesi che accettano un ruolo subordinato a Washington e Bruxelles, a prescindere dalla loro aderenza a certi valori, vengono legittimati e accettati, tutti gli altri no, a partire da Russia e Cina.
Questa ipocrisia però sta cominciando a non essere più tollerata dai restanti sei settimi dell’umanità che sempre più perseguono una loro politica autonoma, orientata al business e al commercio internazionale e poco propensa a farsi imbrigliare in vecchie logiche di alleanza. La reticenza delle potenze emergenti dell’Asia centrale e del Medio Oriente a condannare l’invasione russa, mostrano che all’Occidente non bastano più nemmeno le minacce per mettere il resto del mondo in riga.
Il risultato nel breve termine è che la Russia è in grado di resistere alla sanzioni e di riorientare l’export su altri mercati altrettanto profittevoli. Nel lungo termine a rischiare di essere isolata è l’Europa stessa che tende a scivolare sempre più alla periferia di un sistema internazionale interconnesso che ha il suo nuovo centro nevralgico lungo le rotte asiatiche della Nuova Via della Seta.
L’Occidente pensava di riprendersi un ruolo di centralità affossando militarmente ed economicamente la Russia, principale alleato della Cina e per questo non ha spinto per una soluzione pacifica al conflitto ma ha soffiato sul fuoco della guerra inviando armi all’Ucraina e chiedendole di combattere fino all’ultimo uomo. Ma le cose non stanno andando come pronosticato e l’allargamento della Nato a nord rischia di compattare l’alleanza atlantica nel suo isolamento ai margini di un mondo che è stanco della dominazione occidentale.
Immagine da flickr.com
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.