Dopo le presidenziali di aprile la Francia torna a votare, stavolta per l’Assemblea Nazionale. Jean-Luc Mélenchon, dopo il sapore amaro del terzo posto poco a ridosso della Le Pen, ha aggregato attorno alla sua creatura de La France Insoumise anche comunisti, socialisti e verdi, con l’obiettivo di ottenere una maggioranza e diventare Primo ministro. Se quest’obiettivo sembra ancora lontano, più vicina è la possibilità di negare ai macroniani la maggioranza assoluta, costringendo dunque il Presidente a una qualche forma di compromesso parlamentare. In attesa dei ballottaggi – solo 5 dei 588 deputati sono stati eletti al primo turno –, le previsioni sono rese più difficili dalla volatilità delle alleanze locali: i voti della sinistra e di Macron riusciranno ad aggregarsi contro l’estrema destra? O saranno le due opposizioni a fondersi nelle urne per negare la maggioranza al Presidente?
Francesca Giambi
Nel primo turno delle legislative in Francia, con un astensionismo del 52,3%, si prospetta un testa a testa tra Macron e Melenchon; per questo la maggioranza assoluta di Macron è a forte rischio: tutti i 15 ministri vanno al ballottaggio.
La maggioranza uscente (Ensemble!) ha ottenuto il 25,75% dei voti, nello specifico solo 21442 voti in più rispetto a Nupes di Melenchon (25,66%).
Divertente la prima pagina di Libération che mostra Melenchon con il titolo “Quest’uomo mangia i bambini?” Ma che dimostra tutta la preoccupazione dei macroniani, ai quali voglio aggiungere anche certa stampa italiana, l’articolo di Andrea Bonanni, Il fantasma di Melenchon su Repubblica del 12 giugno, dove Melenchon viene presentato solo come un populista pericoloso quanto o quasi la Le Pen …Macron, con “indubbio sollievo dell’Europa”, otterrebbe l’esclusione delle forze populiste di estrema destra e di estrema sinistra.
Secondo le parole di Melenchon Nupes “non è la sinistra unita, non è la gauche plurienne, non è l’unione di forze diverse, è una pagina nuova”.
La Nuova unione popolare ecologica e sociale si è qualificata in 380 dipartimenti, oltre 230 in più rispetto a 5 anni fa e si è affermata nelle aree urbane estese del Paese e nelle grandi città.
Ecco lo spettro per il liberista Macron: la coabitazione, cioè la possibilità che il partito del Presidente non abbia la maggioranza all’Assemblea Nazionale e debba convivere con un Primo Ministro “di sinistra”.
In Francia questa differenza tra Presidente e Primo Ministro si è verificata tre volte (Mitterand Presidente e Chirac Primo Ministro, Chirac Presidente e Jospin Primo Ministro) ma purtroppo, secondo rivelazioni, stavolta potrebbe non accadere, anzi magari Macron potrebbe allearsi con il centrodestra.
Melanchon ha fatto “paura” anche quando si è presentato alle elezioni presidenziali di 5 anni fa, rileggendo le affermazioni su di lui, visto quasi più pericoloso della destra nera. La Confindustria francese e la destra moderata hanno definito il suo programma un “delirante progetto chiavista”, la stampa filo-gaullista lo ha chiamato “Maximilien Ilic Melenchon” (unendo Robespierre a Lenin), la sinistra riformista lo considera solo un demagogo (Hollande lo ha definito “tribuno”) e parla di pericolo populista.
Macron cercando di neutralizzarlo ha ironizzato sulla sua carica rivoluzionaria, ricordando che “il rivoluzionario comunista Melenchon era già senatore della Repubblica quando andavo a scuola”.
Melenchon spaventa i mercati finanziari, vedi le note di Abn Amro e lui risponde così: “si annuncia con la mia possibile vittoria, l’arrivo dell’inverno nucleare, della pioggia di rane, dei carri armati dell’esercito rosso e dello sbarco dei venezuelani”.
Melenchon ha apportato degli aggiustamenti al suo programma, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente, accettando le posizioni dei verdi, ha abbandonato l’idea di uscire dall’Unione Europea, pensando ad una posizione più consensuale di “disobbedienza” ai trattati UE, ma i suoi punti rimangono:
– età pensionabile a 60 anni
– orario di lavoro ridotto
– abbandono in Francia del nucleare come fonte energetica primaria
– patrimoniale sui grandi redditi
– ricetta aperturista sui migranti che prevede una maggiore attenzione alle domande di asilo e il diritto di voto per i migranti alle elezioni locali
– salario minimo a 1500 euro
– blocco dei prezzi ed affitti calmierati
Sulla guerra in Ucraina Melanchon ammette che il “responsabile è Putin” ma disapprova l’invio di armi a Kiev.
Questi punti programmatici sono senza dubbio punti di sinistra…ma la nostra sinistra dov’è?
Jacopo Vannucchi
Fin da aprile il duello a queste elezioni legislative francesi si era annunciato fra due poli, il centro macroniano e la Nupes (Nuova unione popolare ecologica e sociale). Questo perché il centrodestra sembrava ormai ampiamente inglobato nella coalizione elettorale di Macron, sceso com’era dal 20% di Fillon al 4,8% della Pécresse. I sondaggi della vigilia si sono rivelati molto accurati, ma in un contesto di bassa affluenza (solo 48% gli aventi diritto andati al voto) e di frammentazione multipla del quadro politico anche le fisiologiche oscillazioni del margine d’errore possono fare la differenza. In particolare, rispetto alle indagini di voto le urne hanno confermato qualcosa in meno per Ensemble! e qualcosa in più per i Repubblicani, forse indebolendo il fianco destro del Presidente e avvicinando la prospettiva di una maggioranza parlamentare di centro-centrodestra formata dall’accordo fra queste due forze.
Si tratta certamente di una situazione difficile per un Presidente che ad aprile aveva affermato la necessità di rispondere alla rabbia e alla sfiducia espressa dal movimento di Mélenchon, e che ancora la sera di quest’ultimo spoglio ha richiamato il proprio gruppo all’umiltà. La forma sostanzialmente tripolare della politica francese può riaggregarsi su tre agglomerazioni egemoniche:
1- Una di blocco borghese fra il centro e l’estrema destra, sperimentata ad esempio in Germania nel 1933;
2- Una neo-frontista fra il centro e la sinistra, sperimentata in Italia e in Francia negli anni 1945-47;
3- Una inedita fra sinistra ed estrema destra, teorizzata già da Radek per la Germania nel 1923 ma ad oggi solo parzialmente verificatasi in alcune zone dell’Inghilterra sul referendum Brexit del 2016.
L’opzione 2, che è non solo quella politicamente preferibile, ma anche la più auspicabile per Macron, è resa più difficile dall’ingombrante figura di Mélenchon: nazionalista e sovranista persino più della tradizionalmente patriottica sinistra francese, è però per la Nupes ciò che Johnson è stato per la destra in Gran Bretagna: un formidabile acchiappa-voti, che potrebbe essere insidiato forse da un unico più giovane, più simpatico e più serio concorrente, il segretario comunista Fabien Roussel.
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.