Nel giro di poco tempo sono arrivati nei cinema italiani tre film francesi che affrontano tutti temi e questioni del mondo del lavoro di oggi: Un altro mondo di Stéphane Brizé (uscito il 1°Aprile grazie a Movies Inspired, dopo il passaggio al 78° Festival di Venezia), Full time – Al cento per cento di Éric Gravel (uscito il 31 marzo con I Wonder Pictures) e Il peggior lavoro della mia vita di Thomas Gilou (uscito il 24 marzo con Notorious).
Il problema del lavoro visto da tre prospettive diverse: il primo ve lo racconto in questa recensione, il secondo racconta l’odissea di una mamma divorziata con due figli costretta a star fuori di casa tutto il giorno a causa del lavoro e del pendolarismo, il terzo racconta la storia di un giovane che lavora, senza voglia, in una casa di riposo odiando gli anziani.
Lavorare per esistere o esistere per lavorare? Questo è il dilemma. Il cinema transalpino non chiude gli occhi, anzi rivendica la centralità del tema e la causa principale dei tanti problemi contemporanei. Nel Belpaese il tema è fuori dall’agenda di governo, i film italiani non parlano quasi mai del problema.
Doveva uscire a febbraio “Un altro mondo”, dopo il passaggio nel settembre 2021 al 78° Festival di Venezia. La variante Omicron ha costretto il distributore indipendente Movies Inspired a spostarlo ad aprile. Eppure a dicembre 2021 allo Stensen il film venne proiettato in anteprima nell’ambito delle lotte operaie del caso GKN di Campi Bisenzio. Una storia di tagli e delocalizzazione che è del tutto simile a quella che è raccontata in questo film francese. Dopo aver raccontato il precariato ne La legge del mercato, e le lotte sindacali degli operai con In guerra, il regista francese Stéphane Brizé termina la sua trilogia del lavoro con “Un altro mondo”. Accanto al regista ancora una volta c’è l’attore Vincent Lindon, giunto alla quinta collaborazione con Brizé.
Nel primo (La legge del mercato) interpretava un 50enne disoccupato, ricollocato presso un supermercato dove ha il compito di controllare i clienti e i suoi stessi colleghi, diventando parte di un sistema che non ha la minima umanità. Nel secondo (In guerra) fa la parte di un sindacalista che combatte contro la chiusura di uno stabilimento automobilistico, cercando di mantenere viva la speranza di un lavoro e di una dignità per i colleghi operai. In questo terzo film affronta il punto di vista dei dirigenti e si chiede come sia possibile che persone che hanno una vita, affetti, esperienza e studi d’eccellenza si prestino a schiacciare senza remore altre persone.
Mentre l’inglese Ken Loach ci fa vedere il suo punto di vista in maniera netta, Brizé usa l’oggettività dei fatti per raccontare la sua idea di mondo. Stavolta però si passa dall’altra parte della barricata. La prospettiva è ribaltata. Questo film è necessario averlo visto dopo i due precedenti perché sia La legge del mercato sia In guerra avevano elementi che vi torneranno utili. Siamo al tavolo dei potenti, dei manager, coloro che devono gestire il futuro di persone che stanno per essere licenziate.
Siamo in un grande gruppo americano di elettrodomestici, nella provincia francese. Un caso del tutto simile a quello di Whirpool a Napoli. Un grosso dirigente, Philippe (il solito magistrale Vincent Lindon), per adeguarsi alle esigenze dei mercati e delle richieste dei suoi superiori, manda a rotoli la sua vita. Un “cagnolino” a disposizione 24 ore su 24 della multinazionale. Dopo tutto il dogma del turbocapitalismo è non avrai altro Dio al di fuori del mercato. A Philippe hanno chiesto dei tagli a livello di personale, in tutti i reparti, e alcuni di questi protestano che rispettare i parametri imposti dai piani alti comporterebbe una diminuzione della qualità del lavoro e della sicurezza. Philippe cerca di trovare una soluzione indolore: tagliare i bonus dei manager per poter mantenere la stessa produzione senza tagliare il personale. Purtroppo deve remare contro l’ostilità della dirigenza nazionale, che non accetta compromessi. D’accordo il lavoro è ben remunerato, ma vivere è un’altra cosa. È in guerra su duplici fronti: da un lato la decisione dell’azienda di licenziare 58 persone ha minato il rapporto con i dipendenti, dall’altro c’è la vita privata. La moglie chiede il divorzio, ma c’è anche un figlio problematico che sente dannatamente l’assenza del padre.
Tutto è strettamente connesso. Philippe ha sacrificato la sua vita al suo essere manager. Deve prendere una decisione tempestiva: o si adeguerà alle volontà del padrone o finirà per schierarsi a fianco dei lavoratori per combattere insieme per il posto di lavoro. “Un altro mondo” è un film necessario su una frattura difficilmente ricomponibile tra umanità e potere che purtroppo trova radici solide nel capitalismo neoliberista. L’unica cosa che conta è il profitto. “Tutto è precario nella vita” – sentenzia la superiore di Philippe. Brizé rivendica la dignità dell’uomo, che d’accordo avrà un costo, ma che non deve avere un prezzo. Il film poggia interamente sulle spalle di uno straordinario Vincent Lindon. Il suo volto è il mezzo espressivo usato come ponte tra regista e spettatore. Lindon ci fa osservare il sistema finalmente dall’interno, all’interno di uno spazio dove convivono operai e dirigenti. Piano piano però con l’annientamento delle relazioni, la vita in quello spazio diventa vuoto e perde decisamente di valore. Ci sono pochi registi al mondo capaci di mostrare quello di cui sto parlando.
Brizé è una certezza per pellicole di questo tipo e anche qui ci mostra che cosa muove oggi il mercato del lavoro: i padroni devono essere contrapposti agli sfruttati (quelli che molti giovani oggi chiamano schiavi o lavoratori a cottimo, fino a che l’azienda ha bisogno), il successo dei manager è contrapposto al fallimento delle vite dei dipendenti, sempre più in bilico. Ma Brizé è lucidissimo nel mostrare che i padroni e i manager a servizio delle aziende fanno delle scelte non facili. Anche loro hanno famiglie da sfamare e sono esseri umani.
Un altro mondo è un film necessario, ma può apparire freddo e schematico. È solo un’impressione però perché il regista vuol calare lo spettatore in quel mondo, farti capire quanto è difficile prendere una decisione. Può sembrare banale, trito e ritrito, retorico e utopista, ma questa pellicola è dannatamente necessaria. Coraggiosa la mossa di Movies Inspired di distribuire un film del genere in Italia. Il problema è che uscirà in poco più di 25 copie in tutta Italia. Nel nostro Paese la cultura è sempre più abbandonata. Lo dimostra il fatto che questo film è andato al Festival di Venezia (indice di qualità), ma finirà per esser visto da pochissimi spettatori.
UN ALTRO MONDO ***1/2
(Francia 2021)
Genere: Thriller, Drammatico
Regia: Stephane Brizé
Sceneggiatura: Oliver Groce, Stephan Brizé
Cast: Vincent Lindon, Sandrine Kimberlain, Anthony Bayon
Durata: 1h e 37 minuti
Fotografia: Eric Dumont, Anne Klotz
Al cinema dal 1 aprile
Distribuzione: Movies Inspired
Trailer Italiano qui
In concorso al Festival di Venezia 2021
La frase: Tutto è precario nella vita
Fonti: Comingsoon, Cinematografo, My Movies, Movieplayer
Regia ***1/2 Film ***1/2 Interpretazioni **** Fotografia *** Sceneggiatura ***1/2
Immagine da ilsole24ore.com
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.