Iniziamo anche questa Pillola con le notizie concernenti la pandemia da SARS-CoV-2. Anche nella settimana appena trascorsa, la Prefettura Metropolitana di Tokyo continua a confermarsi il principale centro ove si diffonde l’infezione, registrando 5.374 casi lunedì, 8.925 martedì, 10.823 mercoledì, 10.080 giovedì, 8.464 venerdì, 9.164 sabato. Da inizio emergenza, la capitale ha avuto 1.114.227 casi accertati e 3.937 deceduti.
Al 12 marzo, il tasso di occupazione dei posti letto Covid aveva raggiunto quota 41,7% (3.012 sui 7.229 posti disponibili) mentre per i pazienti in gravi condizioni il tasso era stato del 22,6% (182 su 804 posti letto).
Secondo quanto reso noto dall’Agenzia Nazionale di Polizia, nel mese di febbraio 564 persone persone positive al Covid sono morte in casa od in casa di risposo. Il numero rappresenta un vero e proprio record.
Frattanto, il tavolo consultivo del governo ed in particolare il capo dell’Istituto Nazionale di Malattie Infettive, Takaji Wakita, ha messo in guardia, lo scorso 9 marzo, l’Esecutivo dalle possibili conseguenze della rimozione dello stato di quasi emergenza in una serie di Prefetture. Per l’esperto, benché le misure applicate in Giappone siano state molto più blande di quelle europee, si potrà avere una nuova crescita dei casi come quella che si è registrata nelle aree (Shimane, Okinawa, Yamagata, Koichi, Fukushima ecc.) ove lo stato di quasi emergenza è stato tolto il 20 febbraio o il 6 marzo.
Per quanto concerne gli arrivi dall’estero, mercoledì scorso, il segretario generale del Gabinetto Matsuno ha dichiarato che a fine maggio potrebbe essere rimosso il tetto che impedisce agli studenti stranieri di recarsi in Giappone.
In campo vaccinale, il presidente della filiale nipponica di Moderna, Rami Suzuki, ha reso noto, lo scorso 11 marzo, di aver parlato con il Ministero della Salute circa un prossimo (pare entro l’autunno) rilascio nel Sol Levante di un vaccino specifico contro la variante omicron.
In politica interna, il senatore e ministro dell’Agricoltura Genjiro Kaneko ha comunicato la propria intenzione a non candidarsi alle prossime elezioni per il rinnovo della Camera dei Consiglieri e che dunque lascerà, a 77 anni, gli incarichi di direzione politica.
Nella sua lunga carriera politica, Kaneko è stato membro dell’assemblea prefettizia di Nagasaki, deputato per cinque legislature, Governatore della Prefettura dal 1998 al 2010 e da allora è senatore e, dallo scorso anno, ministro.
Sempre in ambito politico, l’Alta Corte di Hiroshima ha rigettato, mercoledì scorso, il ricorso, uno dei 16 presentati da gruppi di avvocati in tutto l’Arcipelago, che chiedeva l’annullamento delle ultime elezioni politiche in virtù dell’ineguale distribuzione voti/seggi.
Fino ad oggi nove tribunali hanno stabilito che le elezioni di ottobre rispettavano la Carta mentre altre sette hanno dichiarato – pur non annullando le consultazioni – che esse si sono svolte “in uno stato di incostituzionalità” per un gap che è giunto fino a 2,08 volte.
L’11 marzo si è celebrato l’undicesimo anniversario della Grande Catastrofe del Tohoku nella quale morirono 19.747 persone (ed altre 2.556 risultano ancora come disperse). “Faremo ulteriori sforzi per la ricostruzione del Tohoku” ha dichiarato il premier Kishida nell’ambito di una piccola commemorazione.
Al netto dell’ottimismo del Governo, ad undici anni di distanza, permane il problema delle acque contaminate da trizio stoccate all’interno dell’ex impianto (1,3 milioni di tonnellate) e per le quali non è detto che alla fine si giunga al loro rilascio in mare stante l’opposizione di Cina, Russia e delle due Coree; così come rimane in piedi il problema dello smaltimento di rifiuti altamente radioattivi (tra le 600 e le 1.100 tonnellate presenti negli ex reattori 1, 2 e 3), nonché la ricostruzione di case, aziende e luoghi pubblici che, pur essendo andata molto avanti, non è completata.
Nel proprio discorso di commemorazione di quella tragedia, il presidente del Partito Comunista Kazuo Shii ha sottolineato come alcuni problemi si siano persino aggravati in questi anni (ed in particolare, con la pandemia, negli ultimi due). Shii ha sottolineato come pesca e turismo siano ancora lontani dai livelli pre terremoto.
“Il ripristino delle infrastrutture in ciascuna area colpita è certamente progredito in una certa misura. Tuttavia, le vittime non sono state in grado di riguadagnare le loro vite originali. Gli sforzi per la rivitalizzazione dei mezzi di sussistenza, dell’occupazione nonché delle comunità locali e l’assistenza sanitaria continuano. In 11 anni abbiamo appena raggiunto la linea di partenza della ricostruzione. Continueremo a batterci fino a raggiungere l’obiettivo di una vera ricostruzione. Per quanto riguarda i problemi legati al decommissionamento della centrale nucleare di Fukushima Daiichi ed al rilascio nell’oceano di acqua trattata con ALPS, è della massima importanza rispondere sinceramente alle preoccupazioni e ai dubbi della popolazione locale. […] Il terremoto e l’incidente nucleare hanno insegnato alla società giapponese e alle comunità locali una grande lezione. Continueremo a costruire meccanismi di mitigazione e prevenzione dei disastri per prepararci a catastrofi naturali come terremoti e forti piogge e promuoveremo gli sforzi per proteggere la vita e i mezzi di sussistenza di tutti nonché tutte le comunità. Il Partito Costituzionale Democratico continuerà ad essere vicino alle vittime e alle aree colpite e farà tutto il possibile per ottenere una vera ripresa” ha affermato nel proprio discorso il leader del PCD Kenta Izumi.
Nell’energia, anche a fronte dei probabili problemi che un taglio alle importazioni dalla Russia potrebbe produrre, l’ex ministro della Difesa Itsunori Onodera ha espresso la necessità che si riattivino quelle centrali che sono state spente dopo l’incidente del 2011 e che non hanno ancora ottenuto il disco verde dall’Agenzia Regolatrice per il Nucleare. “Se potessimo far funzionare i reattori nucleari, se potessimo accelerare, se potessimo ottenere la comprensione delle persone dopo aver verificato la sicurezza, velocizzare le ispezioni e quindi i riavvii, questa sarebbe sicuramente una scelta [da compiere ndr]” ha detto l’ex ministro.
In settimana anche Hiroyuki Hosoda, coordinatore di un gruppo di parlamentari favorevoli al nucleare, ha ribadito che “vanno fatti più sforzi nella riattivazione” delle centrali spente.
Attualmente sono operativi sei reattori contro i cinquantaquattro pre-2011.
Rimasto, per adesso, nell’ambito del piano energetico di base attualmente in discussione alla Camera dei Consiglieri, il carbone.
Il 10 marzo, la Corte Distrettuale di Nagoya ha rigettato un ricorso, proveniente da cittadini che abitano nell’area, che chiedeva lo stop alla riattivazione dei reattori 3 e 4 della centrale di Takahama.
Frattanto, lo scorso 18 febbraio, la federazione delle aziende elettriche del Giappone ha presentato un piano per la cessione ed il riprocessamento delle 40 tonnellate di plutonio attualmente stoccate in Francia (21,8 tonnellate) e Regno Unito (15,4 ed in questo caso non più riprocessabili dato che il Regno Unito ha chiuso l’ultima centrale che produceva MOX nel 2011). Entro il 2026, stando al piano, i primi 700 chilogrammi di plutonio andranno al terzo reattore della centrale – posseduta dalla Kyushu Electric – di Genkai; ed entro il 2030 il materiale radioattivo alimenterà 12 centrali nipponiche (anche se, allo stato attuale, soltanto quattro reattori possono utilizzarlo). Ad aiutare il trattamento del materiale diventerà indispensabile l’apertura, prevista entro quest’anno, del centro di riprocessamento di Rokkasho gestito dalla Japan Nuclear Fuel.
Sempre sul tema energia, la linea dura nei confronti di Mosca decisa da Stati Uniti e Regno Unito comincia a sollevare perplessità nel Sol Levante. Martedì, mentre Washington annunciava il divieto alle importazioni di petrolio russo, il ministro nipponico all’Economia, Industria e Commercio Koichi Hagiuda invitava il proprio Paese a “sedersi ed aspettare” e dunque a temporeggiare circa l’eventuale fuoriuscita dei giapponesi dai progetti congiunti con la Russia ed alla sospensione delle importazioni dalla Federazione.
“Non avrebbe senso se un altro Paese li prendesse e la Russia non ne avrebbe dolorose conseguenze” ha dichiarato il ministro, intervenendo alla Camera alta, in riferimento proprio ai progetti congiunti come quelli di Sachalin e quello del Mar Artico.
“Una stabile e sicura fornitura di energia è nell’interesse nazionale del Giappone” ha, definitivamente, chiarito Kishida mercoledì scorso annunciando la decisione del Giappone di non aderire al boicottaggio di gas e petrolio russo.
Spostandoci nei tribunali, la Procura di Tokyo ha chiesto una condanna ad un anno di carcere nonché a 16 milioni di multa per Hidetoshi Tanaka, ex presidente dell’Università Nihon. L’ex dirigente ha ammesso di aver frodato il fisco non dichiarando 52 milioni di entrate tra il 2018 ed il 2020.
Sempre nelle corti, il governo giapponese ha fatto appello contro la sentenza – proveniente da Osaka – che ha condannato, lo scorso 22 febbraio, lo Stato a risarcire con 55 milioni di yen una donna che fu vittima di sterilizzazione forzata. La sentenza aveva stabilito che il limite di vent’anni dal danno per poter intentare causa non era applicabile. A nome del PCG, Tomoko Tamura ha invitato il Governo a ritirare il ricorso.
L’11 marzo, un’altra sentenza favorevole ad un ricorrente è giunta dall’Alta Corte di Tokyo, che ha ribaltato la sentenza di un tribunale inferiore (la Corte Distrettuale della capitale) e stabilito il diritto di un cittadino (che subì la sterilizzazione forzata nel 1957) a ricevere un risarcimento di 15 milioni di yen dallo Stato. Anche in quest’ultimo caso, la Corte, riconoscendo una violazione costituzionale (dell’articolo 13 nello specifico) operata dallo Stato nipponico, non ha considerato di ritenere valido il limite dei vent’anni dall’operazione per poter intentare una causa.
Negli scandali che coinvolgono il Partito Libera-Democratico, alla luce della incriminazione, quattro consiglieri comunali della Prefettura di Hiroshima hanno rassegnato, il 9 marzo, le proprie dimissioni dall’incarico. Due di questi, consiglieri del capoluogo, stando alle indagini, hanno preso dai coniugi Kawai (i quali erano in cerca di pacchetti di voti al fine di assicurare la rielezione alla Camera alta di Anri) 500.000 yen a testa.
Se a luglio dello scorso anno, la Procura di Tokyo aveva escluso la possibilità di portare sul banco degli accusati anche i corrotti e non soltanto i corruttori, adesso la decisione è stata rivista e 34 dei 100 politici locali che hanno ricevuto somme di denaro saranno chiamati a risponderne in tribunale.
In politica estera, il premier Kishida è in costante contatto con gli Stati Uniti e l’Unione Europea per coordinare l’aumento della pressione verso la Federazione Russa. Tra gli argomenti oggetto di discussione vi è anche il rifiuto di acquistare petrolio russo: una mossa che colpirebbe pesantemente Giappone ed Unione Europea ma che, di contro, potrebbe dare grande beneficio agli Stati Uniti ed alle solide democrazie liberali che di solito esportano questo prodotto dal Medio Oriente. Sul punto specifico, intervenendo in parlamento, Kishida ha frenato parlando di “diverse altre opzioni” rispetto alla questione delle sanzioni.
Venerdì, nell’ambito di consultazioni tra i Paesi del G7 si è discusso circa la revoca della clausola di “nazione più favorita” alla Russia (si tratta, in altri termini, della revoca circa l’applicazione in automatico del livello daziale più basso considerando tutti quelli imposti da trattati bilaterali o multilaterali sottoscritti dalle sette nazioni).
Lunedì l’Esecutivo ha, inoltre, comunicato l’evacuazione del proprio personale dislocato presso l’ambasciata di Kiev. Il giorno successivo, il governo giapponese ha comunicato l’invio in Ucraina di vari materiali bellici non letali (come giubbotti antiproiettile).
Il 9 marzo, inoltre, il Ministero degli Esteri ha annunciato che richiederà che la Russia sia deferita alla Corte Penale Internazionale di Le Hague.
Da parte sua, lo scorso 7 marzo, la Federazione Russa ha incluso il Giappone nella lista di Paesi non amici. La mossa consente alla Russia di rimborsare i propri debiti in rubli e richiede alle aziende o ai cittadini, che intendano avviare relazioni economiche con controparti di Paesi inseriti nella lista, un’autorizzazione.
Lo stesso giorno, il portavoce del governo di Tokyo Matsuno ha comunicato che presto saranno congelati gli asset posseduti nell’Arcipelago da banche ed aziende russe e bielorusse nonché il non pagamento di semiconduttori forniti da un’azienda bielorussa. Venerdì, il Governo ha annunciato che, a partire dal 10 aprile, saranno congelati gli asset di tre banche bielorusse.
Intervenendo in Camera alta, il premier ha ribadito che le Curili meridionali, quelle che in Giappone chiamano “Territori del Nord”, sono territorio giapponese. Il capo del Governo tiene quindi a tenere sempre vivo il sale sulla ferita delle relazioni russo-nipponiche ed allontana, di fatto, la prospettiva di un accordo che chiuda giuridicamente e diplomaticamente il secondo conflitto aprendo, allo stesso tempo, ad investimenti congiunti con il potente vicino.
Venerdì, l’esecutivo giapponese ha protestato contro una normativa russa che concede esenzioni fiscali a chi investe nelle isole rivendicate da Tokyo (rivendicazioni non chiarissime dato che non è noto se esse si limitino agli isolotti di Habomai o ad essi e Iturup o se anche a Kunašir è oggetto di rivendicazioni).
Lunedì mattina, dal palazzo delle Nazione Unite è arrivata la condanna, da parte di dieci nazioni (tra le quali ovviamente Repubblica di Corea e Giappone) all’ultimo lancio missilistico operato dalla RPDC verso il Mar Orientale lo scorso 5 marzo.
Nei rapporti con la parte meridionale della Penisola, alla luce delle ultime elezioni presidenziali che hanno visto la vittoria di Yoon Suk Yeol, il premier Kishida ha dichiarato la propria volontà a lavorare col nuovo Presidente al fine di ricucire gli strappi prodottisi nelle relazioni bilaterali a partire dal 2015 con la chiusura, da parte sudcoreana, della fondazione congiunta che doveva tramandare la memoria delle schiave sessuali dell’esercito nipponico (le cosiddette “comfort women”). Le tensioni sono poi state alimentate da una serie di sentenze, giudicate illegittime da Tokyo, che hanno condannato aziende giapponesi a risarcire ex forzati sfruttati durante l’occupazione coloniale della Penisola.
Venerdì Kishida ha telefonato a Yoon ed i due hanno ribadito la volontà di coordinarsi circa le questioni nordcoreane.
A mantenere sempre la tensione con la Cina ci ha invece pensato, nella settimana appena trascorso, l’ex premier Shinzo Abe il quale si è recato in Malesia, Paese nel quale è inviato speciale del Governo. Intervenendo in un ateneo, l’ex capo del governo ha invitato i Paesi dell’Asia ad unirsi nel tentativo di impedire “alterazioni dello status quo” nel continente.
In ambito militare, l’11 marzo, senza alcuna sorpresa, la Commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti ha dato il via libera al “sympathy budget” e cioè alla quota spettante al Giappone del fondo di copertura delle spese per lo stazionamento delle forze armate statunitensi nell’Arcipelago.
Di “onere irragionevole” ha parlato Keiji Kokuta del Partito Comunista Giapponese il quale ha anche criticato esercitazioni congiunte in Alaska che potrebbero – anche se il ministro Hayashi si è rifiutato di fornire i dettagli – avere come scopo la preparazione per l’attacco preventivo ad una base nemica.
In economia, il PIL nipponico è cresciuto del 4,6% nel periodo ottobre-dicembre 2021 e cioè meno del 5,4% stimato. I consumi privati sono cresciuti del 2,4% e non del 2,7% ipotizzato. Gli ultimi dati portano così il PIL del 2021 ad un +1,6%. Il 2020 si era chiuso con una contrazione del 4,5%.
Per quanto concerne l’inflazione, i prezzi all’ingrosso sono cresciuti a febbraio del 9,3%: l’aumento percentuale più importante dal gennaio 1981. Carbone e petroliferi hanno registrato un +34,2%; energia, gas ed acqua un +27,5%; ferro ed acciaio +24,5%; metalli non ferrosi +24,9% mentre il legname ha segnato addirittura un +58%.
Nella bilancia commerciale, le importazioni sono cresciute del 34% rispetto allo stesso mese del 2021 mentre le esportazioni del 12,7%.
Nell’auto, le maggiori case automobilistiche giapponesi presenti in Russia – Nissan, Subaru, Toyota e Mitsubishi – hanno invitato i propri dipendenti di nazionalità nipponica a lasciare la Federazione Russa, L’invito segue quanto raccomandato dal Ministero degli Esteri di Tokyo che ha invitato, lunedì scorso, i cittadini giapponesi a tornare nell’Arcipelago.
Le aziende giapponesi operanti in Russia sono centinaia e buona parte di esse, quasi la metà, operano nel settore auto. La sola Nissan, lo scorso anno, ha prodotto, nel proprio impianto di San Pietroburgo, 45.000 vetture.
Sempre in questo settore, dopo le ammissioni giunte dalla stessa Toyota, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti di Tokyo ha inviato i propri ispettori nella sede di Hino, la controllata di Toyota specializzata nella produzione di camion, per acquisire dati circa le dimensioni della falsificazione dei dati sulle emissioni nonché per iniziare ad accertare le responsabilità di quello che è soltanto l’ultimo tra i casi che hanno visto aziende giapponesi accerchiare i sistemi di certificazione.
Rimanendo in casa Toyota, il suo presidente, Akio Toyoda, ha comunicato, mercoledì, che l’azienda intende accogliere tutte le richieste dei sindacati concernenti paga base e bonus. Decisioni simili potrebbero essere prese, entro metà mese, anche dalle altri maggiori società automobilistiche.
L’azienda guidata da Toyoda, a causa dei perduranti problemi nelle catene di approvvigionamento dei semiconduttori, taglierà la produzione in Giappone del 20% ad aprile, del 10% a maggio e del 5% a giugno.
Nell’abbigliamento, una temporanea chiusura dei propri 50 negozi nella Federazione Russa è stata annunciata, giovedì, dal colosso Uniqlo.
Lo stesso giorno, per ragioni logistiche, Nintendo ha comunicato la sospensione delle proprie spedizioni e lo stesso ha fatto Mitsubishi Electric.
Anche Hitachi ha reso noto, dopo la richiesta ufficiale del vicepremier ucraino Fedorov, ha temporaneamente interrotto le attività produttive nella Federazione.
Nel trasporto aereo, ANA Holdings ha annunciato, martedì scorso, il lancio di un nuovo marchio per i voli internazionali. Senza grande fantasia il nome scelto è stato “Air Japan” e volerà, come compagnia low-cost, dal 2023 utilizzando dei Boeing 787-8.
Nel settore alimentare, un nuovo pesante aggravio è pronto a colpire le tasche dei cittadini nipponici. Mercoledì scorso, il dicastero dell’Agricoltura ha annunciato che aumenterà, in media, il prezzo di vendita alle aziende del grano importato del 17,3%. Gli aumenti scatteranno da aprile. Il prezzo medio raggiungerà così i 72.530 a tonnellata: il prezzo più alto dal 2008. Per il periodo aprile-settembre (mesi ai quali si riferisce il prezzo applicato) l’aumento per il consumatore finale potrebbe aggirarsi intorno al 50%.
A determinare gli aumenti, oltre al conflitto in Europa, vi sono stati i cattivi raccolti di Canada e Stati Uniti. Il Giappone consuma, in media, 5,6 milioni di tonnellate di grano all’anno ed il 90% proviene dall’estero.
“La competizione globale per il grano non farà che aumentare poiché i Paesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente che hanno fatto affidamento sulle importazioni dalla Russia e dall’Ucraina si stanno ora affrettando ad assicurarsi forniture da altrove e la Cina sta accumulando, strategicamente, scorte” ha affermato Akio Shibata, numero uno dell’Istituto Nazionale di Ricerca sulle Risorse Naturali, per il quale “i prossimi prezzi di rivendita avranno un impatto di grande portata”.
Nella distribuzione, la catena di supermercati FamilyMart ha annunciato, mercoledì scorso, che – nel rispetto delle nuove normative che saranno in vigore da aprile – non utilizzerà più posate di plastica. In via sperimentale inizierà da 10 negozi di Tokyo e poi, progressivamente, estenderà la misura a tutte le proprie 16.000 attività.
(con informazioni di tass.com; jcp.or.jp; cdp-japan.jp; mainichi.jp; asahi.com)
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Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.