Il 55° rapporto annuale del Censis mette a fuoco contrasti e movimenti nella società italiana. Dall’espansione dell’irrazionalismo alla dilagante sfiducia nel rendimento lavorativo dell’investimento in istruzione, dal disallineamento fra domanda e offerta di lavoro alla condizione giovanile e femminile, dal logoramento del capitale umano al declino del reddito familiare, i molteplici fattori che mantengono l’Italia come malato d’Europa fronteggiano però un atteggiamento quasi di riscatto, «un’aspirazione collettiva e condivisa di risalita, se non di ricostruzione». Per soddisfare queste aspirazioni sembra necessaria una ripresa di una consapevole progettualità razionale.
Leonardo Croatto
Piergiorgio Desantis
Si resta sempre piuttosto sbigottiti e preoccupati leggendo i rapporti Censis soprattutto degli ultimi anni. Perché al di là di una povertà delle famiglie in termini assoluti in aumento (+104,8% rispetto al 2010) e, purtroppo, l’ennesima conferma della lontananza della retribuzione femminile rispetto a quella maschile (28 euro in meno su base giornaliera), si riscontra l’irrazionalità per almeno una parte della società italiana. Infatti, per il 5,9% degli italiani (circa tre milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino non funziona. Per il 5,8% la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento di controllo delle persone. È giusto interrogarsi su una parte, seppur minoritaria delle persone, ha questo tipo di convinzioni che ovviamente rivelano un disagio profondo. Per interloquire e ragionarci su, l’Istituto afferma che ” siamo entrati in un nuovo ciclo, ossia quello dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. Ciò determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, ridotti rientri in termini di gettito fiscale, quindi l’innesco della spirale del debito pubblico, una diffusa insoddisfazione sociale, quindi la ricusazione del paradigma razionale”. Ma ciò è supportato da dati assai razionali: la crescita economica passa dal 45,2 % degli anni ’70 allo 0,9 % del decennio pre-pandemia, fino al crollo del quasi 9% nel 2020. Nell’area Ocse siamo l’Italia è l’unico paese in cui le retribuzioni medie lorde annue sono diminuite del 2,9%. Insomma restiamo un paese in crisi (nonostante i fondi del PNRR che incideranno sempre meno sulla crescita economica già nei prossimi anni), irrigidito nella scala sociale, insoddisfatto e, quindi, facile preda dell’irrazionalità. Probabilmente, le politiche economiche adottate, nonostante la pandemia, non sono sufficienti per invertire la tendenza al declino nel breve e nel medio periodo. Ecco perché le nostre prospettive non sono rosee, purtroppo, stante lo stato di cose presenti. Il futuro appare piuttosto caotico e, dunque, ci appigliamo alla riscoperta dei legami comunitari e del valore della solidarietà indotta dalla pandemia e la connessa capacità di mobilitazione personale e collettiva indotta. E non è per niente poco.
Jacopo Vannucchi
Nel libro-intervista «Il popolo perduto» (2019) Mario Tronti fa risalire le cause dell’antipolitica globale alla mancanza di direzione politica del mondo. Il dominio sovrano del mercato ha scatenato la proletarizzazione del ceto medio, producendo la «plebeizzazione dell’opinione pubblica».
In queste brevi considerazioni è contenuta in nuce gran parte delle considerazioni del Censis, aggravate dalle specifiche debolezze italiane: una domanda di lavoro pesantemente non qualificato, che crea disoccupati ad alta istruzione; una piramide rovesciata dell’economia demografica, che porta genitori e nonni a contribuire economicamente alle famiglie di figli e nipoti; non il ristagno, ma il declino del salario reale lordo.
Mentre la credenza nell’irrazionale è inversamente proporzionale al livello di istruzione, la disillusione sociale appare distribuita come una lieve campana in funzione dell’età e del titolo di studio: i più scoraggiati sono le persone nella fascia centrale (diplomati e dai 35 anni in su), che sono anche la categoria più sensibile a una particolare credenza irrazionale: l’inesistenza del Covid. È evidente che quando si dà credito a fandonie di questo genere non vi è solo l’analfabetismo funzionale: vi è la volontà di fuggire da un mondo che produce angoscia e dolore. Sarebbe eufemisticamente utile interrogarsi sull’impatto che le politiche del lavoro durante la pandemia hanno avuto sulla salute mentale dei lavoratori Il rapporto Censis conferma già che le trasformazioni tecnologiche accelerate dalla reazione delle imprese alla pandemia hanno approfondito il divario digitale fra ricchi e poveri, fra istruiti e meno istruiti.
Di fronte a questo quadro sconcertante si intravede però una via d’uscita neppure troppo fioca: «dopo la crisi, il governo della transizione». La disgregazione globale prodotta dal neo-liberalismo dagli anni 1980 ai 2000 ha generato due decenni di crisi. Una generazione è stata risucchiata dalla precarizzazione del lavoro, un’altra vi è nata e cresciuta; oggi si apre lo spazio per la ricostruzione di un nuovo ordine sulle ceneri del vecchio. Dal Censis arriva sotto questo aspetto un velato appoggio al governo Draghi e alle sue componenti centrali («una forte coesione nazionale per affrontare in modo non ideologico le nuove e antiche povertà») con una successiva stoccata ai due pilastri del Governo Conte I: i respingimenti e il reddito c.d. “di cittadinanza” («iniziative e interventi che hanno mancato il bersaglio e che inutilmente affollano il bilancio dello Stato»).Resta però da definire il segno profondo di questa ricostruzione. Qui il Censis appare non del tutto all’altezza di una comprensione razionale: liquidare come fede irrazionale la percezione di responsabilità delle multinazionali o la sfiducia in un PNRR in quanto sarebbe spolpato dalle lobby, significa aver seguito poco, forse, l’iter del Build Back Better Act negli Stati Uniti d’America.
Alessandro Zabban
L’ultimo rapporto Censis mostra delle interessanti ed inquietanti tendenze in atto nella società italiana. La crisi istituzionale, la sfiducia nella democrazia capitalistica e un generale risentimento che trova pochi sbocchi organizzati appaiono dinamiche che sono cresciute in maniera esponenziale col Covid.
Ha avuto in particolare una certa risonanza mediatica la parte relativa al diffondersi di concezioni irrazionali, soprattutto nelle fasce di popolazione meno istruite. Senz’altro occorre chiedersi come sia possibile che un numero così significativo di persone creda ad esempio che la terra sia piatta o che il Covid non esista, problema a mio parere legato a doppio filo con un sistema di istruzione visto quasi esclusivamente come “palestra” per la produttività ed il lavoro.
Ma ci sono aspetti della ricerca che lasciano francamente piuttosto perplessi, soprattutto per quanto riguarda le conclusioni a cui si vuole arrivare. Si dice ad esempio che “l’irrazionalità ha infiltrato il tessuto sociale” portando però ad esempio il fatto che “per il 64,4% le grandi multinazionali sono le responsabili di tutto quello che ci accade” o che “ per il 56,5% esiste una casta mondiale di superpotenti che controlla tutto”.
Ora, è vero che rispondere affermativamente a queste domande è una semplificazione, perché in effetti le dinamiche del potere globale sono estremamente complesse e non riconducibili a un unico sistema di potere che domina su tutto. Però, francamente, anche rispondere negativamente, appare un atteggiamento tutt’altro che soddisfacente, poiché tende a negare o sminuire il ruolo enorme che le multinazionali e la borghesia transnazionale hanno nell’orientare le decisioni politiche ed economiche su scala mondiale.
Appare una scelta discutibile insomma definire irrazionale e “neo-cospiraziononismo dietrologico” chi afferma ad esempio (ben il 67,1%) che “il potere reale in Italia è concentrato nella mani di un gruppo di potenti: alti burocrati, politici e uomini d’affari”. Includere questa tipologia di domande in una analisi sull’irrazionalità appare una scelta poco scientifica e molto ideologica, in cui l’obiettivo è confondere le acque cercando di affogare qualsiasi approccio critico dentro il calderone maleodorante del cospirazionismo.
Immagine da flickr.com
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