La situazione nei carceri italiani è una faccenda seria, una questione che non va sottovalutata, perché come pensiamo o trattiamo i condannati delinea il nostro essere civili, il nostro essere persone all’interno di una comunità che pensa senza agire di pancia. Dopo l’emergenza Covid-19, i detenuti sono diminuiti, ma il problema del sovraffollamento è ancora elevatissimo. L’Italia è il primo Paese della UE in questo senso. A questo si aggiunge la degenerazione della giustizia, sia nelle cause civili sia in quelle penali. Il berlusconismo ha accelerato questo processo.
Tempi interminabili, la prescrizione dei reati, il rapporto tra giudici e politica, i processi “mediatici” e politicizzati sono le cause principali di questo peggioramento. Se il sistema educativo scolastico fallisce, la criminalità e poi il carcere ingoiano molte persone. Specie nelle periferie o ai margini delle città, dove il degrado è maggiore. A peggiorare le cose in Italia ci ha pensato la pandemia. A Foggia, nel marzo 2020, oltre 50 detenuti scapparono dal carcere. Solo 41 sono stati ripresi. Una decina sono ancora a piede libero.
Nel 2021 i detenuti di Santa Maria Capua a Vetere, Rieti e Modena si sono lamentati delle manganellate ricevute dalle guardie carcerarie.
È molto raro nel cinema italiano che qualcuno si occupi di problematiche come il lavoro, il disagio giovanile o il tema dei carcerati e dei carceri. È il caso di Leonardo Di Costanzo, ischiano di nascita, che ha dovuto trasferirsi in Francia per poter studiare meglio la settima arte. Ma al centro dei suoi lavori ci sono sempre le storture italiane. Quando si trova l’eccezione alla regola, spesso, bisogna applaudire. Anche perché “Ariaferma” è un film umanista più che sulla situazione generale. Il cast ha presentato la pellicola nei carceri di Rebibbia, a Roma, e a Bollate, vicino Milano. Ovvero i modelli italiani più all’avanguardia. Anche detenuti di lungo corso hanno sottolineato la bellezza di questo film che, di fatto, ribalta tutti i luoghi comuni. Di Costanzo sottolinea che Ariaferma non è un lavoro sulla situazione, ma sull’assurdità del carcere.
Lo capiamo subito da come è fotografato l’ambiente: un luogo fatiscente, decadente, questo “limbo” è in fase di dismissione. Dentro però ci vivono ancora una dozzina di detenuti e alcune guardie. La nuova struttura non può ospitarli e dovranno rimanere ad attendere il via libera delle istituzioni. La burocrazia è un male cronico dell’Italia, lo sappiamo bene. Come ne “L’intervallo” (film del 2012), c’è quest’attesa che uccide. Di Costanzo è abilissimo ancora una volta nel descrivercela. La goccia che fa traboccare il vaso è che questo (ex) carcere non ha più nemmeno la cucina e i pasti provengono, precotti, dall’esterno. Iniziano le vibranti proteste dei detenuti.
In particolar modo viviamo le vicende del detenuto più temuto del carcere, Carmine La Gioia (Silvio Orlando, in un ruolo inedito), e dell’ispettore Gaetano Gargiulo (Toni Servillo). “L’ordine di trasferimento può arrivare in qualsiasi momento, anche domani”, ripete Gaetano. Ma anche lui ci crede il giusto. Apparentemente i due non abbiano niente in comune, ma piano piano iniziano a capire che il loro destino non è poi così diverso. Il carcere lo è per tutti, l’aria ormai ferma, stantia è la stessa che respirano sorvegliati e sorveglianti.
Le guardie hanno il difficile compito di tenere a bada i detenuti. L’arrivo in carcere di un giovane, lo scippatore Fantaccini, porta una sorta di aria nuova, ma anche di consapevolezza. L’ispettore Gaetano inizia a maturare l’idea di un nuovo approccio, di un nuovo umanesimo. A costo di violare le regole che tutti devono rispettare (anche le guardie). In tal senso la cena tutti insieme è un momento bellissimo che però presto si esaurisce per tornare a una brutale realtà. Il blackout energetico che avverrà durante la cena non è casuale. La reclusione, in fondo, è per tutti. Le sbarre, più che essere fisiche, sono decisamente metaforiche e rimangono spesso invisibili ai più. Specie in un mondo dove l’umanità non trova più posto.
Splendida la fotografia di Luca Bigazzi che ci trascina in questo limbo dantesco. La regia ci fa capire la condizione di sala d’attesa perenne e non ci spiega mai perché quelle persone sono lì. È una scelta interessante perché l’obbiettivo del regista è quello di non dare punti di riferimento agli spettatori. Devono essere loro a capire, a farsi domande.
È innegabile la lentezza del film, ma è voluta per far immergere lo spettatore in una realtà pressoché immutabile. Un’attesa infinita, un limbo esistenziale del tutto simile a quello, precario, di molti giovani italiani. Il parallelismo è interessante: infatti l’arrivo in carcere di Fantaccini è il detonatore. Grandissima la prova degli attori: straordinari Servillo e Orlando, ben diretti e bilanciati, a cui si aggiungono ottimi comprimari come Ferracane (visto ne “Il traditore” di Bellocchio), Striano, Capuano e l’esordiente Pietro Giuliano.
È incredibile che “Ariaferma” non sia rientrato nel concorso principale del Festival di Venezia. Questo dimostra il conformismo culturale italico che si ferma a ciò che brilla in superficie. La pandemia ha confermato che il settore della cultura è stato quello sicuramente più penalizzato. Un popolo ignorante è più facile da controllare e da ingannare. Ce ne stiamo accorgendo.
Fonti: Movieplayer, Cinematografo, Comingsoon, My Movies, Ciak
Regia ***1/2 Interpretazioni **** Fotografia **** Sceneggiatura ***1/2
ARIAFERMA ***1/2
(Italia 2021)
Genere: Drammatico
Regia: Leonardo Di Costanzo
Sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Valia Santella e Bruno Oliviero
Cast: Silvio Orlando, Toni Servillo, Fabrizio Ferracane
Durata:1 h e 57 minuti
Fotografia: Luca Bigazzi
Distribuzione: Vision Distribution
Uscita Italiana: 14 Ottobre 2021
Trailer Italiano qui
Interviste qui
La frase: È dura stare in carcere
Immagine da www.cinematografo.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.