La caduta del ddl Zan al Senato aiuta a riflettere sul periglioso sentiero dei diritti civili in Italia. Dopo la grandiosa avanzata degli anni ’70 sembra essersi impantanati in un pantano da un bel po’ di tempo a questa parte. Chi ha fatto fallire il ddl Zan? Quali sono le motivazioni? A queste e a altre domande il Dieci mani della settimana prova a dare qualche risposta.
Leonardo Croatto
L’affossamento del disegno di legge Zan presenta un paio di dimensioni squisitamente politiche che, però, non hanno niente a che fare col contenuto della norma, che, nella sua essenza, si sarebbe limitata ad emendare il testo di altre leggi già esistenti (a partire dagli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale) aggiungendo all’elenco di situazioni soggette a tutela i riferimenti a sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere. Casi definiti chiaramente nel primo articolo senza possibilità di equivoci sul loro senso e assolutamente inclusivi.
Il primo elemento di interesse che il dibattito sul disegno di legge Zan ha portato alla luce, ancora una volta e nello stesso modo di quello sulla pandemia, è l’esistenza di un’ampia fetta di elettorato collocato su posizioni antilluministe e antiscientiste, che si batte per il ritorno ad un ordine naturale delle cose – primigenio e non di rado sacralizzato, ma di fatto indefinito – messo in discussione dal progresso (ontologicamente connaturato in senso negativo) scientifico e sociale. A questo elettorato corrisponde una rappresentanza partitica conservatrice e reazionaria che ha egemonizzato tutto lo spazio politico di destra, scacciandone i liberali.
Il secondo elemento di interesse, conseguente dal precedente, è che la discussione sul disegno di legge ha messo in evidenza come nell’arco delle opzioni politiche di questo paese esista un soggetto diffuso e plurale che viene definito (impropriamente) “sinistra” ma che è portatore di gran parte degli stessi (dis)valori e ha incorporato la stessa narrazione della destra del punto precedente. La stessa aggressività espressa – propriamente, dal punto di vista delle tassonomie della politica – dai conservatori si è manifestata in una quota della “sinistra di centro”, con argomentazioni spesso non dissimili da quelle della destra: dai richiami ad una fantomatica “teoria del gender” (cavallo di battaglia della reazione cattolica) agli appelli alla libertà di espressione (chi si ricorda le Sentinelle in Piedi?) fino al benaltrismo che caratterizza la contrapposizione tra diritti civili e diritti sociali e alla mistificatoria retorica della tutela delle specificità come cessione all’individualismo liberista.
Al netto delle miserabili tattiche politiciste di alcuni protagonisti della politica, quindi, quello su cui vale la pena concentrarsi, la lezione che vale la pena apprendere da questa vicenda, è come certe idee della destra più retriva siano egemoniche anche in ampie fette dell’elettorato attribuito (non sempre correttamente) alla sinistra, e quale peso questa zavorra di idee reazionarie, con tutto il portato delle articolate narrazioni che le giustificano, carica su qualsiasi azione volta a spingere questo paese verso la modernità.
Piergiorgio Desantis
La “tagliola”, ovvero il voto segreto in Senato, che ha affossato al ddl Zan evidenzia, innanzi tutto, la mancanza di numeri sufficienti per l’approvazione, cosa già ampiamente risaputa in verità. Fidarsi, per l’ennesima volta, dei voti di chi ha affossato, tra gli altri, il governo Conte, è stato davvero un errore con poche attenuanti. Noi non siamo sereni affatto in questa battaglia con curve da tifoseria che non vorremmo vedere fuori dagli stadi. Tuttavia, proprio per riprendere in mano la storia italiana, è da ricordarsi che proprio le maggioranze di sinistra in Parlamento hanno portato all’approvazione di grandi conquiste democratiche (aborto e divorzio, tra le altre). Oggi, oltre all’assenza di una forza significativa in Parlamento, emerge uno scollamento profondo della società tutta dalle aule legislative italiane. Ciò vuol dire che l’avanzata dell’astensionismo e la poca coscienza nel voto porterà, quasi sicuramente, milioni di voti alle forze che hanno affossato la legge sulla omontransfobia. Ricordandosi che gli anni ’70 in Italia sono stati un periodo storico di impetuosa avanzata dei diritti sociali e diritti civili, non possiamo aspettarci molto da questo Parlamento e dai prossimi a venire. Solo la gioventù italiana che scende libera nella piazze per protestare contro l’orrore dei senatori di centro-destra che esultano, è la speranza dell’avvenire.
Francesca Giambi
L’immagine di una parte del Senato schiamazzante in modo sguaiato quasi disgustoso per avere, grazie alla tagliola ed al voto segreto, ucciso il DDL Zan, disegno di legge per la “prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, fa molto riflettere.
Primo, perché persone che dovrebbero rappresentare lo stato non possono gioire in modo scomposto, quasi da ultras di calcio, per aver aver negato diritti di altri cittadini.
Secondo, perché si è voluto dino all’ultimo giocare al cerino, dopo aver votato a maggioranza la stessa legge alla Camera.
Terzo perché non si doveva arrivare al voto segreto, perché chi ha affossato la legge doveva mostrare la faccia.
Quarta considerazione: sono lontani gli anni ’70 nei quali vennero emanate leggi per tutti, e dico tutti, dallo Statuto dei lavoratori, al divorzio, all’aborto.
Queste leggi videro contrapporsi le forze politiche, in una battaglia dura, ma politicamente corretta. E allora questi nostri rappresentanti in parlamento cosa hanno a che fare con noi? La chiesa più oltranzista attraverso le pagine di Avvenire era da tempo che metteva in guardia da questa legge, soprattutto perché non riconosce i transessuali, la destra, in modo scandaloso e menzognero ha voluto sostenere la gravità di alcuni articoli, quali la libertà di espressione o l’utero in affitto… che naturalmente non ci sono nella legge Zan. Non sanno leggere? O cercano consensi in un popolo acritico che non ha voglia di approfondire e conoscere?
Le piazze soprattuto dei giovani hanno risposto subito denunciando la schifezza dei senatori. I cittadini si stanno muovendo, anche se, purtroppo, la legge non sarà più discussa…Le mobilitazioni e le piazze piene dopo il voto sono trasversali, specchio di quella parte di paese che il DDL Zan l’avrebbe voluto, che sondaggi dicono essere oltre il 60%…
Forse anche per questo, per una sorta di ulteriore consenso che la destra ha dichiarato di essere al lavoro su una propria versione, che comunque non potrà essere discussa in parlamento prima di sei mesi di tempo tecnico, sicuri che verrà approvata. Mi immagino già come saranno pensati costruiti gli articoli di questa legge…
I giovani vivono sulla loro pelle il disagio di un momento storico e personale, molti di loro stanno facendo un percorso di scoperta sessuale, e a volte di cambiamento, e sanno cosa significa essere emarginati, non sentendosi tutelati nella loro vita privata.
Ma la legge era pensata per proteggere anche i disabili e tutte le minoranze, e difendere questa legge è arroganza? O è soltanto, in una repubblica laica, arrivare a dare diritti che sono da sempre negati? Si continua a parlare di combattere il bullismo, ma cosa facciamo di concreto?
Zan, dopo il voto, ha affermato che “le responsabilità” della bocciatura in Aula “sono chiare”. Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovranità che volevano affossare il DDL Zan è il responsabile del voto al Senato. IL riferimento ai senatori di Italia Viva e a Renzi, assente perché in viaggio in Arabia Saudita, è molto chiaro.
Uno degli slogan degli attivisti contro Renzi è stato ” Dopo il Rinascimento in Arabia, il Medioevo da noi”.
Chi può credere che abbiano votato con la destra perché si doveva fare compromessi? Questi giochetti sporchi e dannosi ci sono sempre stati ma oggi è amaro constatare che la politica è davvero un gioco di bieca ricerca del consenso che in questo caso si è consumato sulla pelle di persone che chiedevano diritti… Se poi il gioco è stato per capire come fossero le reali maggioranze in funzione delle prossime elezioni del Presidente della Repubblica allora il tutto è ancora più bieco…
Jacopo Vannucchi
Prima di discutere sull’esito della votazione e sul processo che vi ha condotto, la domanda iniziale d’uopo è: il ddl Zan sarebbe stata una legge utile? Una buona legge?
Perfino gli aspetti non oggetto di controversia apparivano scritti molto male. La parte riguardante l’orientamento sessuale era essa stessa discriminatoria, poiché lo limitava all’attrazione per il proprio sesso, quello opposto, o entrambi: escludendo così chi non prova attrazione sessuale (le persone asessuali) e chi la prova ma indipendentemente dal sesso (le persone pansessuali).
Ovviamente si sarebbe potuta accettare una legge scritta molto male, e anzi discriminatoria, se essa fosse stata un passo avanti. Così la Don’t Ask Don’t Tell, abrogata da Obama nel 2011 perché oppressiva, era stata considerata una conquista del movimento gay quando varata nel 1994.
La questione dei punti controversi – identità di genere, autonomia scolastica, libertà di opinione – era ed è invece fondamentale. Qui il testo andava cambiato non solo per motivi di opportunità, non solo per avere un accordo con il centrodestra, ma perché quel testo era sbagliato e nocivo. Quella formulazione avrebbe forzato l’Italia a correre su binari che non le sono propri e che vengono forgiati nella dimensione statunitense.
L’Italia avrebbe adottato due gravi malanni dell’attuale orientamento ideologico USA: da un lato, la identity politics, per la quale la società è composta da una serie di categorie fondate sull’autopercezione dei suoi membri e sulla diversità di queste autopercezioni rispetto all’esterno; dall’altro, la forma tabuistica della cancel culture, per la quale la differenza, se per un verso fonda l’insalatiera (salad bowl) cui la società è ridotta, per altro verso non può mai essere evocata (ad esempio, viene ostracizzato per transfobia chi fa presente che una donna transgender è diversa da una donna cisgender).
Questo aspetto era talmente connaturato al disegno di legge che non solo Zan ha più volte apertamente rivendicato la coincidenza fra il suo ddl e la politica di Biden, ma addirittura a ciò rispondeva perfino l’aggravante di misoginia che dal ddl sarebbe stata introdotta. Un insulto sprezzante per la cultura del femminismo europeo, poiché equiparava le donne, che non sono una minoranza, ad essere trattate come nella legislazione vigente, o nelle parti del ddl Zan con essa consonanti, sono trattate le minoranze (omosessuali, transgender, stranieri…).
Se abbiamo scampato un’ulteriore colonizzazione culturale, restiamo però drammaticamente privi di una legislazione speciale per il contrasto ai fenomeni di omofobia e transfobia. Aspetto di difficile risoluzione in tempi brevi: il centrosinistra non raccoglierà mai la disponibilità del centrodestra ai giusti cambiamenti sopra richiamati. Ciò perché l’attuale dirigenza del PD è genuinamente convinta della bontà politica e dell’efficacia propagandistica della lotta per imporre in Italia paradigmi ideologici oltreatlantici e neo-cosmopoliti.
Alessandro Zabban
Cosa è il centrosinistra? È risaputo che il crollo del Muro di Berlino ha reso egemone in tutto l’Occidente una sinistra riformista sempre più distante dai problemi sociali ed economici delle classi subalterne. La sua vocazione non è più quella di ridurre le disuguaglianze e di rivendicare condizioni di vita migliori per i più poveri e marginali ma è quella di candidarsi alla gestione del liberismo nella sfera economica, in una situazione in cui i postulati della globalizzazione vengono dati per scontato e sono spesso condivisi con entusiasmo.
Mentre in Cina la fase della gestione liberista veniva intesa negli anni Ottanta e Novanta come un passaggio doloroso ma necessario per modernizzare il Paese e per creare le condizioni per un socialismo maturo, in Occidente alla sinistra è mancato totalmente (e manca tutt’ora) un progetto di lunga durata di alternativa. Regnava incontrastata la narrazione che solo l’accoppiata capitalismo e democrazia liberale avesse la soluzione in tasca per creare una società migliore.
Avendo perso il suo popolo, il centrosinistra ha seguito la strada tracciata dalla celebre Terza Via di Blair: ricostruirsi una propria identità politica facendosi portavoce non più dei lavoratori ma delle minoranze o delle categorie marginalizzate, a prescindere dalla loro situazione economica. In molti hanno sintetizzato questo processo parlando di abbandono dei diritti sociali in favore di quelli civili.
In Italia, questo processo è però avvenuto in modo del tutto peculiare. Da una parte l’abbandono delle questioni sociali, della disuguaglianza, della povertà sono avvenute in maniera più netta e rapida rispetto ad altri Paesi (basti pensare alle privatizzazioni selvagge intraprese già negli anni Novanta di cui la sinistra è indubbiamente corresponsabile), dall’altra l’apertura del centrosinistra alle questioni legate ai diritti civili è stata lenta e incompleta, faticando enormemente ad imporsi del tutto e incontrando sulla sua strada ostacoli e resistenze che solo in parte sono spiegabili con una relativa forza della componente cattolica all’interno di partiti di fatto centristi.
Questa sorta di “blairisimo bastardo” è evidente ancora oggi, nelle accuse reciproche fra Italia Viva e PD sulle responsabilità nell’affossamento del Ddl Zan. L’ eccezionalità italiana consiste nell’avere forze che si professano di centrosinistra e che non mostrano nessun interesse (se non ogni tanto a parole) a recuperare la questione sociale nella loro agenda politica (oltretutto in una situazione globale che sta vedendo un timido ritorno del problema della povertà e delle disuguaglianze) e che anche sulle lotte di progresso civile tendono al conservatorismo.
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Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.