La tornata di elezioni amministrative si è conclusa favorevolmente al centrosinistra, nelle sue varie declinazioni. Con o senza il M5S, con o senza le forze centriste, i candidati sostenuti dal PD hanno prevalso in tutte le maggiori città con la sola eccezione di Trieste. Il miglioramento rispetto alle aspettative della vigilia, da un lato, ha coinciso con una chiusura di campagna difficile per i partiti di destra, coinvolti in scandali privati, sotto accusa per l’infiltrazione neofascista documentata a Milano, e in evidente difficoltà e imbarazzo di fronte all’assalto di Forza Nuova alla sede nazionale della CGIL. D’altro lato l’avanzata del centrosinistra si è combinata a un pronunciato aumento dell’astensionismo, proveniente perlopiù dalle zone periferiche e che ha danneggiato soprattutto le destre.
Leonardo Croatto
In un contesto politico nazionale dato da una maggioranza parlamentare di proporzioni mai viste, artificialmente costituita intorno alla figura di un presidente del consiglio rappresentato come organismo monocratico di salvezza nazionale, l’unico elemento che appare realmente interessante delle ultime amministrative è il tasso altissimo di astensione.
Albert O. Hirschman nel 1970 espose in un breve trattato un utilissimo strumento per l’analisi del comportamento dei consumatori nei confronti del deterioramento dei beni messi in vendita da un produttore, esaminando come un acquirente abituale, di fronte al degrado di un bene di consumo, abbia sostanzialmente due possibili opzioni: “exit” e “voice”. “Exit”, quando decide di interrompere il consumo di quel bene; “voice”, quando decide di far conoscere la sua insoddisfazione come strumento di pressione per ottenere un recupero di qualità. La scelta tra queste due opzioni, così come il comportamento tenuto quando si sceglie l’una o l’altra, è legata alla lealtà con cui il consumatore è legato a quel bene.
Questo modello è comodamente applicabile alla politica: un elettore fedele al proprio partito sarà orientato a votarlo sinché le politiche di quel partito non risultino deludenti. Quando il livello di delusione supera una certa soglia, l’elettore potrà manifestare il proprio disagio o esprimendo la propria insoddisfazione e tentando di modificare le poliiche del partito o votando per un partito diverso.
Nella cornice di questo semplice ma efficace modello, è interessante provare a capire cosa rappresenti l’astensione dal voto. L’impressione che si ha, e che dovrebbe spingere verso più articolate riflessioni di quelle che si sono viste in questi giorni sui giornali, è che “exit”, in questo caso, non riguardi i singoli partiti, ma l’intero sistema della rappresentanza offerto dal meccanismo della delega ai soggetti politici, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili nel caso in cui questo fenomeno si acuisca.
Francesca Giambi
Le recenti elezioni amministrative si sono svolte in ben 1153 comuni ed il dato, al di là dei meri risultati, più importante e al tempo stesso pericoloso è rappresentato dall’astensione.L’affluenza si è fermata al di sotto della soglia del 55%, quasi 7 punti percentuali in meno rispetto al 2016.Il voto è un diritto ed un dovere… e come mai la gente non vuole più votare? È proprio questo il punto sostanziale: la politica non interessa più… i leader dei partiti non fanno “politica” ma cercano solo consenso… (come dice Willie Peyote nella canzone “La locura”: Non ti servono i programmi se il consenso ce l’hai)Ma il consenso può sostituirsi alle idee politiche, può “la pancia” dettare le idee per intervenire sui bisogni dei cittadini?Le riflessioni sono tante anche guardando le grandi città e i risultati tra centro e periferia…La scelta dei cittadini era sostanzialmente tra una destra becera ed aggressiva (un po’ di opposizione e un po’ di governo), una destra conservatrice e moderata (leggi Forza Italia) espressione di una élite economica, un partito Cinque Stelle ancora alla ricerca di una ideologia, un PD che ha perso quasi tutte le componenti ideologiche di un passato a sinistra ed è diventato un centro, asservito al re-Draghi.
Beh, certo questo non depone bene e se le persone sono rimaste a casa lo si può capire…La gente comune deve combattere tutti i giorni con una vita che è sempre più costosa, con beni che non sono più per tutti, con una sanità che non è più per tutti, con servizi che non servono più.E le analisi del voto (sostanzialmente arretramento della destra, piccola “vittoria” del PD, sfascio dei Cinque Stelle) sono state affidate dai madia a personaggi che dirottavano le problematiche su altro…La sinistra non c’era… è questa l’amarezza più grande. Non c’era, ma non come sostengono tutti gli anticomunisti che troviamo, perché ci sono troppe liste… perché il voto poteva anche dirottati su qualcuna di queste… ma le persone non ci credono più. La gente vorrebbe non pensare e appartenere alla sinistra vorrebbe dire mettersi in discussione e pensare…
Eppure è sotto gli occhi di tutti che il nostro dramma è sostanzialmente questa disparità sociale, questa protezione dei privilegi, questa precarietà, questo lavoro che non c’è, questa terra che stiamo distruggendo, questi diritti per i più negati, questa sanità che è sempre meno pubblica.Perché la gente doveva andare a votare? Per una Italia che doveva rinascere, e che sembra sprofondare in una melma e cercare il super-uomo?I
l governo di Draghi ha dato la mazzata definitiva al parlamento, e allora proprio perché queste elezioni erano locali mi chiedo perché l’affluenza è stata così bassa… La gente è molto demoralizzata e confusa, ci vorrebbe una riforma elettorale che possa fare emergere le differenze.
Jacopo Vannucchi
Avendo osservato l’esito delle elezioni amministrative se ne deve concludere che le prossime elezioni politiche non dovranno essere, per il centrosinistra, quella facile impresa che oggi alcuni si figurano. Mancheranno infatti alcune componenti fondamentali del successo di questo autunno. Anzitutto non sarà possibile sfruttare le varie situazioni locali per costruire alleanze a geometria variabile, differenziate secondo le specificità dei territori. In secondo luogo, sebbene possa essere vero che la destra attuale potrebbe non recuperare tutti suoi elettori astenuti, ciò non significa automaticamente che questi elettori continueranno ad astenersi, o che magari voteranno a sinistra. L’impressione è quella di un secondo déjà-vu, dopo il primo del 2012 e l’originale del 1993. Anche in quei casi l’elettorato qualunquista e antipolitico (o, come dice la gente bene, “moderato”) si era trovato privo di un riferimento politico che però, alle elezioni politiche dell’anno seguente, non tardò a manifestarsi. In merito alle difficoltà della destra, la lettura ufficiale di partiti e stampa è che la linea di vicinanza a No Vax, No Green Pass e vaccine hesitants abbia spaventato l’elettore centrista; e/o che l’elettorato di destra sia stato disorientato dalla triplice posizione di FI, Lega e FdI sul Governo Draghi (ma come, non era una trovata geniale per occupare l’intero arco di maggioranza/sostegno critico/opposizione?). Sembra invece più probabile che i partiti di destra abbiano deluso non perché troppo estremisti, ma perché troppo moderati – sebbene il 2016 sia per molti aspetti un anno politicamente distante dal presente, resta il fatto che il partito più falcidiato è Forza Italia, mentre Fratelli d’Italia è l’unico che cresce diffusamente. Non è certo da escludersi la formazione, di qui alle elezioni politiche, di una forza di destra più radicale di quelle attuali, di cui stiamo avendo già esempi in Francia (Zemmour) e in Germania (la corrente “der Flügel” dentro AfD).
Alessandro Zabban
I dati deprimenti dell’astensione mostrano con evidenza che nessun partito riscuote la simpatia delle masse.Il PD esce indiscutibilmente vincitore dalla tornata delle elezioni amministrative ma più per demeriti dei concorrenti che per meriti propri. Il centrodestra che si vuole mostrare compatto in realtà risulta in una posizione ambigua, non nel campo moderato ma nemmeno completamente in quello della destra estrema. Così, l’elettore che guarda a destra senza troppa convinzione si trova disorientato e tende all’astensione. E non stupisce che sia la Lega a pagare il prezzo più alto, divisa come è fra fazioni molto distanti ideologicamente fra di loro. Anche in merito ai candidati proposti, sono apparsi più votabili quelli espressi dal centrosinistra.Ma queste elezioni amministrative non sono uno specchio affidabile degli umori del Paese, che appare ancora fondamentalmente orientato a destra. Occorre intanto ricordare che si è votato principalmente nelle grandi città dove si concentra l’elettorato progressista/riformista. Ma più che altro, la destra sembra essere più capace di rimobilitare quell’esercito di astenuti che in parte dovrebbe riattivarsi per le più sentite elezioni politiche, il cui esito, comunque, dipenderà molto dai successi o insuccessi del governo Draghi e dalle congiunture economiche dei prossimi mesi, in uno scenario globale tutt’altro che rassicurante.
Al di là delle narrazioni celebrative che la stampa italiana dedica al governo Draghi, emerge con evidenza una situazione sociale complessa e una disaffezione politica che impedisce a un numero impressionante di persone di riconoscersi persino nei partiti di protesta emersi recentemente. Questo nuovo bipolarismo appare estremamente precario e nuovi movimenti potrebbero emergere con forza, sparigliando nuovamente le carte della politica italiana.
Immagine da psycom.net
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.