Pubblicato per la prima volta il 9 settembre 2017
La rivoluzione è finita, abbiamo vinto. Storia della rivista A/traverso di Luca Chiurchiù, per i tipi di Deriveapprodi, è per tanti versi un testo necessario. Necessario perché va a coprire una grossa lacuna nella pregevole opera di ricostruzione della storia delle riviste “di movimento” portata avanti da Deriveapprodi, ad esempio nell’ottimo Avete pagato caro, non avete pagato tutto. La rivista Rosso (1973-1979), ma necessario anche perché l’itinerario di A/traverso per tanti versi riassume in sé la parabola di un’intera generazione di lotte.
Nata a metà anni ’70 a Bologna, dall’immaginazione di Bifo Berardi e di un «piccolo gruppo in moltiplicazione» di intellettuali appartenenti ai movimenti bolognesi, A/traverso si pone l’ambizioso obiettivo di sovvertire i codici dell’arte e della comunicazione dettati dal Potere, codici che secondo il collettivo bolognese informavano la stessa controinformazione, ridotta a mera “altra faccia della medaglia” di questa lingua del potere oppressiva e opprimente. Collocata “trasversalmente” in quella galassia di difficile definizione che Chiurchiù definisce “ala creativa dell’Autonomia”, le pagine di A/traverso ospitano negli anni, in una veste grafica volutamente disordinata sia riflessioni legate ai temi – più classicamente Autonomi – del rifiuto del lavoro come sfruttamto borghese e della centralità dei desideri e dei bisogni del proletariato giovanile e dei mezzi immediati per soddisfarli nell’ambito delle lotte, sia pezzi di poesia d’avanguardia e di satira, spesso e volentieri irridente i fallimenti del movimento stesso, gli stessi temi che torneranno nell’esperienza, parallela e trasversale al gruppo di A/traverso, delle trasmissioni della radio pirata Radio Alice. Con lo sguardo rivolto a Deleuze e Guattari, stelle polari del gruppo bolognese, sulle pagine di A/traverso si sperimenta liberamente con l’aspetto grafico, con lo stile di scrittura, con la lingua e con la forma-articolo stessa, spezzata, dispersa sulla pagina o alterata “ontologicamente” come nel caso delle notizie programmaticamente fake, create ad arte per dimostrare l’assurdità delle pretese di sincerità del potere mediatico. E proprio in questo campo “artistico” la rivista bolognese subisce, secondo Chiurchiù, uno scacco devastante per il suo progetto originale: A/traverso rimane una variazione sul tema delle avanguardie storiche, il senso disgregante della pratica scrittoria liberata dal potere rimane più nelle menti dei suoi ideatori, e la proposta della rivista rimane essenzialmente “di nicchia”.
Durante e dopo il ’77 i toni degli articoli “avanguardisti” di A/traverso si fanno più cupi. L’oceanico convegno dell’autonomia al palazzetto dello sport a Bologna di settembre 1977, che doveva segnare la ricomposizione del movimento, si era invece tradotto in una prova di forza tra l’estremismo dell’Autonomia organizzata e le altre componenti del movimento, soprattutto quelle ascrivibili all’ala creativa. A/traverso, da una salda collocazione nell’autonomia, non era disposta politicamente a veder riassorbita in una mistica della violenza che non fa (come la controinformazione faceva con i codici linguistici) che scimmiottare specularmente la violenza del potere la pluralità delle esperienze di lotta e di liberazione nate in seno al proletariato giovanile. Purtroppo quella del «piccolo gruppo in moltiplicazione» bolognese rimase nella pratica una posizione minoritaria, e gli attacchi contro i «becchini del corpo agonizzante del proletariato giovanile» – i gruppi della sedicente “lotta armata”, lasciano, negli sparuti numeri conclusivi tra fine anni ’70 e inizio anni ’80, alla constatazione nichilistica del fallimento politico di un’intera generazione, di un mondo ormai spoliticizzato e stretto tra Breznev, Wojtyla, Reagan e l’eroina, che può – e anzi dovrebbe – essere sommerso dall’oblio.
In relativamente poche pagine Chiurchiù riesce a costruire un quadro ricco di dettagli e di piacevole lettura, costruito su un lavoro di ricerca documentaria che – data la pessima qualità della carta economica su cui venivano stampate tante riviste “di movimento”, che ne rende la conservazione quasi impossibile, e la dispersione dei numeri sopravvisuti – ha tutta l’aria di essere stato complesso da molti punti di vista. Non si può, infine, non lodare l’opera di ricostruzione del panorma editoriale antagonista del decennio ’68-’77 che Deriveapprodi porta testardamente avanti, restituendo alla storia del presente – e agli storici del futuro – un patrimonio di voci che il Potere avrebbe ben gradito vedere respinto nel nulla.
Immagine (dettaglio) da machina-deriveapprodi.com
Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all’Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università degli Studi di Torino. Mi interesso di epistemologia delle scienze sociali, filosofia politica e del diritto, antropologia culturale e storia contemporanea. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l’animazione, i fumetti ed il vino.