24 anni fa, nel febbraio 1997, avevo dieci anni. Andavo alle elementari ed ero al secondo anno di minibasket quando al cinema uscì “Space Jam”. Ricordo che mi ero da poco comprato la canotta rossa n. 23, i Chicago Bulls erano i campioni NBA e si confermarono fino alla stagione 97/98. L’intensità e la qualità di quel basket è oggi difficile da trovare.
Quando vidi quel poster con Jordan e Bugs Bunny in un cinema, ero in brodo di giuggiole. Ricordo che tra l’inverno e l’estate andammo a vederlo con la squadra ben 3 volte. Risultato? Uno dei film più iconici della mia adolescenza. Space Jam era veramente oltre per l’epoca: un film leggero, scanzonato, divertente, ritmato, con una grande colonna sonora. Tutto era al servizio della storia.
La combinazione tra personaggi in carne e ossa e cartoni ebbe un impulso grazie alla sperimentazione di Robert Zemeckis con “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” del 1988.
La Warner Bros negli anni 90 aveva assunto dirigenti molto lungimiranti, che non pensavano solamente a fare soldi. Basti pensare che la major americana produsse, tra i tanti titoli, film importanti come i Batman di Tim Burton, The Mask, Heat – la sfida, L’ultimo dei mohicani, Malcolm X, Il fuggitivo, Michael Collins, L’avvocato del diavolo, Il postino, Contact, Tutto su mia madre, Il miglio verde e Space Jam.
La scelta vincente di Warner fu quella di ingaggiare Michael Jordan, inteso non solo come marchio mondiale, ma soprattutto perché ad oggi probabilmente rimane il più grande giocatore di basket di tutti i tempi. Tutti lo conoscono e rimembrano ancora le gesta sportive. Insieme a lui c’erano i Looney Tunes, che guarda caso sono ancora oggi di proprietà Warner.
Galeotto fu lo spot Nike del 1992 in cui Jordan pubblicizzò le scarpe con il marchio Air (https://www.youtube.com/watch?v=NrTHJeqZA2o). Accanto a lui c’era Bugs Bunny. Da lì la major capì la potenzialità dell’abbinamento.
Nel 2016 la Warner Bros passa a AT&T, holding fornitrice di servizi di telefonia mobile con ricavi da oltre 181 milardi di dollari.
2021. Dopo quasi 25 anni e 5 tentativi (Jordan ha più volte declinato l’invito, dicendo che quell’esperienza cinematografica fu estenuante), arriva al cinema “Space Jam New Legends”. Negli Stati Uniti è arrivato a luglio, in Italia arriverà il 23 settembre. Quando è uscito su youtube il trailer, mi sono preoccupato. L’anima del primo Space Jam non c’era. Quando poi ho visto il film, l’impressione è diventata più che reale.
Alla fine il più grande giocatore attuale, il n.23 dei Los Angeles Lakers, Le Bron James, ha accettato la sfida. Ci sono voluti 5 tentativi, dovuti alla rinuncia di Sua Maestà Micheal Jordan. Joe Pytka, regista del primo film, ha criticato il sequel. Ha perfettamente ragione: “la verità è che LeBron non è Michael“. James non è una celebrità mondiale abbastanza grande da portare il film in alto come ha fatto Jordan. Questo è il problema principale del sequel. Malcolm D. Lee ci propone un “remake” del primo film, togliendo Jordan e mettendo in campo Le Bron alle prese con il figlio Dom che si sente incompreso. Il giovane fanciullo è un appassionato di videogame e sviluppa un nuovo gioco dove in pratica il padre James è una sorta di cattivo.
Le Bron vorrebbe che il figlio seguisse le sue orme di giocatore di basket, ma a Dom non gliene frega niente perché ama i videogame più che il gioco reale.
Un giorno però il ragazzino viene rapito da un’intelligenza artificiale, Al-G Rhythm (Don Cheadle), che gli propone di sviluppare il gioco.
Naturalmente anche il campione dei Lakers finirà nella trappola.
Per riuscire a tornare a casa con il figlio, dovrà affrontare una partita di pallacanestro con i Looney Tunes, che nel frattempo sono stati mandati al confino.
Ma Al-G Rhythm ha allestito una squadra virtuale di tutto rispetto e userà le regole del videogame di Dom. Naturalmente Le Bron non sa che quello non è propriamente basket.
Il film fin da subito non fila. C’è troppa pubblicità invasiva, è troppo pieno, ti rimbomba il cervello, i personaggi non servono a niente, non hanno alcun peso.
La Warner Bros stavolta ha esagerato con il digitale. Il film è piatto, arido di emozioni, freddissimo. La major ha usato Space Jam per pubblicizzare i suoi brand (i marchi) e i suoi personaggi. Il famoso scudo con la scritta WB è onnipresente.
La trama è un pretesto banale, il film è troppo lungo, allungato con l’acqua e sentimenti a buon mercato. Ci sono ben 6 sceneggiatori a scrivere questo film. Troppi! La cosa si nota: tutto è affastellato, senza un motivo. In più c’è l’invasività della Warner che ha fatto fuori Phil Lord e Christopher Miller (registi di Lego Movie) e ha inserito Malcolm D. Lee per controllare il processo creativo. Anche Le Bron James è stato riempito di soldi per esser anche esso proprietà intellettuale di Warner.
La partita, che dovrebbe essere sulla carta il momento topico del film, è offuscata dai personaggi che siedono ad assistere: Pennywise di “IT”, The Mask, King Kong, Harry Potter, draghi del “Trono di Spade”, omaggi a Mad Max, Matrix, Casablanca, Batman, Superman, Gigante di ferro, Flintstones, Joker, Scooby Doo, Wonder Woman e via dicendo.
Molti hanno detto che Space Jam 2 assomiglia a Ready Player One di Spielberg. Effettivamente in qualcosa lo ricorda, ma gli manca totalmente la profondità e la volontà di raccontare una storia che è il senso del cinema.
I Looney Tunes sono “rianimati” in un 3D piuttosto brutto da vedere. La Warner ci informa che l’animazione in 2D è ormai obsoleta.
Non si ride mai, ma neanche si sorride. L’emblema è la scena dove Willy Coyote viene moltiplicato all’infinito per far recuperare lo svantaggio ai Looney Tunes: tutto è calcolato per arrivare al classico happy ending. Le Bron è completamente addomesticato e non crea empatia con lo spettatore. Cosa che invece Jordan sapeva fare.
Se poi si guardano i doppiatori italiani, notiamo che c’è addirittura Fedez, oltre al cestista ex Fortitudo, Carlton Myers.
Il film non è sincero e pare rispettare un dogma trumpiano: american first. Specie se sono azionisti. Se questo succede in un film per famiglie e per bambini, vuol dire che il concetto di cinema va assolutamente ripensato. Stessa cosa accade in Italia per “Me contro te”. Sia Space Jam 2 (negli States) sia la saga degli youtuber (in Italia) hanno incassato bene, ma sono prodotti assolutamente vuoti.
Sono d’accordo con il critico di Film Tv, Gianluca Leuzzi, che dice che “questa è industria purissima, questione da Sole 24 ore”. Il cinema non abita qui, le immagini servono a vendere il merchandising (videogame, figurine, maglie, pupazzi).
Gli spettatori però non sembrano accorgersene perché continuano a volere la serialità tralasciando la qualità.
Non è che il cinema è in crisi perché sta perdendo la sua identità?
E gli studios sono i principali responsabili. Se la gente va poco al cinema è soprattutto perché si fanno sempre più film di scarsa qualità.
“Space Jam New Legends” è fra questi.
Regia * Interpretazioni ** Doppiaggio * Fotografia ** Sceneggiatura *
SPACE JAM NEW LEGENDS **
(USA 2021)
Genere: Animazione / Avventura / Commedia
Regia: Malcolm D. Lee
Sceneggiatura: Andrew Dodge, Chuck Jones, Justin Lin, Willie Eberson
Cast: Le Bron James, Don Ceadle
Durata: 1h e 56 minuti
Fotografia: Salvatore Totino
Prodotto e distribuito da Warner Bros
Musiche: Hans Zimmer
Budget: 20 milioni di dollari
Trailer Italiano qui
Sequel di “Space Jam” del 1997 diretto da Joe Pytka
La frase: Sono un cartone?
Immagine da basketuniverso.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.