Pubblicato per la prima volta il 3 ottobre 2018
Frida Nacinovich, autrice di Con parole loro. L’amore per il lavoro nella tempesta del postfordismo, ha scritto un libro molto utile per capire e avvicinarsi al mondo del lavoro in Italia che è in continuo mutamento e, spesso, in rivolta. Inoltre, è davvero una bella raccolta di storie che narrano di uomini e donne che vivono i nostri complicati e, a volte, terribili tempi.
Si accende, sin dall’inizio, una necessaria luce sulla crisi strutturale, economica e non solo, dell’Occidente che ha durata ormai trentennale. Nonostante le mirabolanti dichiarazioni di esponenti di vecchi e nuovi governi non sembrerebbe proprio esserne usciti. Forse potremmo anche esserne sortiti, ma solo con un aumento di diseguaglianze, con una contrazione dei diritti sociali e civili e con una riduzione (ulteriore!) dei salari a tutto vantaggio di capitale e rendita.
Frida, a riprova di ciò, si reca fisicamente nelle varie città per raccontare le numerose storie di vite che narrano, troppo spesso purtroppo, di delocalizzazioni brutali ovvero Il chiudere e trasferirsi. Patatrac. Si percepisce, pertanto, tutta l’impotenza, la rabbia ma anche la solidarietà dei lavoratori e tra i lavoratori dinanzi alle clamorose ingiustizie frutto della pura logica del profitto (tanto e subito).
Il libro/inchiesta parla anche delle “razionalizzazioni delle strutture produttive” ovvero le esternalizzazioni di prodotti e servizi cui ricorrono sempre più spesso le aziende. È pratica, purtroppo diventata comune, affidare sempre più parti della produzione non più a terzisti esteri (come avveniva fino a una decina d’anni orsono) ma a una miriade di microimprese italiane o, ancora peggio, a lavoratori a domicilio pagati a cottimo senza assicurazione e senza alcun tipo di contratto. Lo sviluppo di lavoro povero o a basso valore aggiunto, soprattutto in ambito manifatturiero, è una realtà ormai consolidata in Italia (se ne è occupato perfino recentemente in un’inchiesta il New York Times).
C’è un po’ di luce, nel libro, anche per gli educatori milanesi che, pur svolgendo un lavoro faticoso ma importante e gratificante, si impegnano a mantenere uno standard di qualità nelle scuole. La forza e la perseveranza di questi lavoratori si scontra con la riduzione del personale e il blocco delle assunzioni dovuto a un assurdo (e voluto) patto di stabilità europeo.
C’è spazio anche per le parole dei vigili del fuoco, moderni eroi dei nostri giorni, che lavorano in condizioni difficili e fino a un’età fin troppo avanzata (regalo della riforma Fornero).
Si ritrovano le lotte di tanti lavoratori delle aziende dei trasporti autoferrotranviari con il rischio costante di una mannaia chiamata privatizzazione; quest’ultima, una volta abbattutasi, produce conseguenze ormai divenute costanti ovvero: aumenti delle tariffe, riduzione della sicurezza e licenziamenti.
C’è la storia terribile dei lavoratori del call center Almaviva, fatta di giovani laureati che vivono sulla loro pelle la condizione esistenziale e materiale chiamata precarietà. La vita di queste persone è una delle filigrane del nostro paese attraverso cui guardare e reagire perché, davvero, sia possibile un altro modello sviluppo.
Si accendono anche luci su piccole e medie realtà produttive dove, oltre all’innovazione e agli investimenti sui processi e sui prodotti, c’è attenzione e cura per la gente che ci lavora. Cosa chiedono? Solo una retribuzione dignitosa e un contratto che assicuri il futuro delle famiglie.
È, ancora, un libro molto utile perché tutte le storie presenti sono raccontate con gli occhi e le parole di sindacalisti e delegati della CGIL sparsi nell’Italia contemporanea. È uno sguardo vivo e appassionato sui mutamenti del sindacato, sulle sue difficoltà e sulle sfide che lo attendono. La CGIL resta ancora un’organizzazione di massa che è fatta di uomini e donne che lavorano e credono nella giustizia e nel progresso dell’umanità.
Nonostante le politiche governative italiane che proseguono ininterrotte il fallimentare cammino liberista inaugurato dalla sacra alleanza tra Reagan e Thatcher, la storia non è finita proprio grazie ai lavoratori e alle grandi organizzazioni (ne sono rimaste purtroppo poche e vanno difese!) che ancora resistono. Perché questa durevole resistenza? Forse la risposta si può ritrovare, semplicemente, nelle parole della delegata della FLAI CGIL, Giusi Madonia che spiega come il sindacato riesca a “trasformare le debolezze dei singoli nella forza dei tanti”. Ecco a cosa serve il sindacato.
Immagine di copertina Ediesse
A volte giurista, a volte demodé, sicuramente un lavoratore, certamente un partigiano.