Il richiamo dai toni forti e decisi di Ursula von der Leyen contro una legge ungherese che equiparerebbe omosessualità a pornografia, riporta l’attenzione europea non solo sui diritti LGBTQA+ ma nuovamente, a pochi mesi di distanza da altri richiami, su questioni di stato di diritto, di violazione dei valori fondanti dell’Europa. Su questo tema il contributo a più mani della settimana.
Francesca Giambi
La legge usa la protezione dei bambini come pretesto per la discriminazione delle persone per via del loro orientamento sessuale.” e ancora “Questa legge è vergognosa!”
Queste le dure parole di Ursula von der Leyen di commento alla legge ungherese sui contenuti LGBTQA+ vietati ai minori, che nei fatti equipara omosessualità a (pedo)pornografia.
Nello stesso momento in cui in Italia si stanno portando avanti lotte ed ostruzioni a favore e contro l’approvazione della Legge Zan, l’Europa si pronuncia ribadendo con forza le sue posizioni fondanti (art. 2 TUE): “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
”Lo fa la Commissione Europea non solo con la voce di Ursula von del Leyen ma con i poteri a sua disposizione: sanzioni e procedure di infrazioni (che potrebbero portare…) e soprattutto con la valutazione del PNRR ungherese, per il quale sicuramente non ci sarà la sospensione del finanziamento di 7 miliardi di euro, ma rischia comunque un allungamento dei tempi di approvazione sia per i temi trattati che per non avere fornito sufficienti indicazioni sull’utilizzo finale dei fondi stessi.Lo fa il Parlamento Europeo con la votazione di una risoluzione, approvata da tutti i gruppi tranne i Conservatori (di cui fa parte Fratelli d’Italia) e la destra di Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega), che chiede una condanna nei termini “più duri possibili”.
La direzione è chiara: ci muoviamo a favore dei diritti civili, cercando di troncare il prima possibile afflati discriminatatori, come per esempio i pronunciamenti anche contro la Polonia e le sue vergognose zone “Lgbt-free” che portano con sé echi di “ghetto”…
Di sicuro questa Europa è altamente perfettibile nel suo ordinamento, soprattutto per quanto riguarda i poteri a sua disposizione, al momento solo economici, ma se anche solo tutti i paesi riuscissero ad allineare le loro proposte di legge ai valori ispiratori della costituzione europea (TUE) potremmo affermare come sul piano dei diritti civili potremmo fare dei grossi passi avanti.
Jacopo Vannucchi
La legge anti-LGBT+ recentemente approvata in Ungheria costituisce un buon esempio di una contraddizione che attraversa l’Europa. Una parte del continente intende promuovere attivamente il riconoscimento delle comunità minoritarie per orientamento sessuale e per identità di genere. Un’altra parte riafferma invece il valore normativo e prescrittivo dell’eterosessualità cisgender. A questa scissione se ne sovrappone però una seconda, quella relativa al rapporto tra Stato e società civile. Il campo anti-LGBT+ ricorre attivamente alla supremazia statale per imporre la propria agenda di controllo della sessualità e dell’identità di genere. L’altro campo, invece, altrettanto attivamente propugna l’assoluta autonomia della società civile dallo Stato, riconoscendo nel sentimento e nell’emozione personali – fattori finora estranei a una cultura giuridica che sorge dall’Illuminismo – l’unico giudice delle identità che lo Stato deve riconoscere.Il riconoscimento dei diritti LGBT+ in Europa rischia di assumere quei tratti di edonismo americano già rivenuti nel 1974 da Pasolini nel 59% di no all’abrogazione del divorzio. Una declinazione di questo tipo assumerebbe effetti sociali di destra, anzi, di destra estrema – pur se di una marca del tutto diversa da quella omofoba dell’Est Europa: la disintegrazione della società in un pulviscolo di identità particolari, autodichiarate e cangianti, con il venir meno di qualsiasi minimo comune denominatore di responsabilità collettiva.
Per l’eteronormatività credo possa valere il giudizio di Stalin sui Romanov: hanno commesso gravi crimini contro il popolo, ma hanno il merito storico di aver fissato i confini esterni della Russia. L’eteronormatività ha commesso gravi crimini di oppressione ed emarginazione, ma ha il merito storico di aver fissato parametri per una conduzione ordinata dei rapporti sociali. Adesso è il momento di rendere questo ordine più inclusivo e non gerarchico, senza però rinunciare all’ordine stesso. Sui diritti civili la sinistra dovrebbe applicare nuovamente il principio cui dette voce per il PCI Adriana Seroni: «Il gruppo comunista respinge la concezione dell’aborto come fatto meramente privato rispetto al quale lo Stato dovrebbe limitarsi a fornire assistenza sanitaria gratuita».
Alessandro Zabban
Cosa è l’Europa? La lettura di una civiltà europea come uscita dalle “barbarie” del medioevo e progredita in maniera costante sull’asse della razionalità scientifica e dei valori dell’illuminismo è una lettura fuorviante. La realtà è che nella storia europea si sono accavallati, sovrapposti e integrati momenti diversi che con gli occhi di oggi potremmo leggere come contraddittori: tolleranza religiosa e oscurantismo, cosmopolitismo illuminista e romanticismo nazionalistico, apertura alle altre civiltà e chiusura al mondo, solo per fare esempi banali, rappresentano configurazioni culturali instabili che non seguono nessuna linea di progressione temporale ma che sono piuttosto in tensione continua anche oggi. Da questo punto di vista, l’Ungheria di Orban non è meno europea della Francia di Macron.
Diverso è però quando il discorso da un’idea astratta di Europa, si focalizza più specificamente e concretamente sulle caratteristiche di quel progetto politico che è l’Unione Europea, progetto che rappresenta una estremizzazione dei valori borghesi sui due assi del liberismo economico e del liberalismo politico. Sul fronte del liberismo la lotta senza quartiere dell’Unione Europea alla proposte politiche che si rifanno a una lettura di classe della società sono state combattute con forza e decisione (l’ultimo tassello è stato l’equiparazione di comunismo e nazismo), mentre sul fronte del radicalismo liberale, che ha più a che fare con la giusta pretesa di estensione dei diritti civili, l’Unione Europa ha mostrato più tolleranza, basta vedere il riguardo con cui finora è stato trattato l’imbarazzante ma utile gruppo di Visegard che raccoglie le proposte populiste di destra di maggior successo nel continente. Questo blocco di paesi ha un valore strategico innegabile perché rappresenta il nocciolo duro della lotta contro quel poco che rimane delle idee socialiste e marxiste che si aggirano tenuamente ma ostinatamente nel continente.
Dopo la figuraccia della visita di von der Leyen e Michel ad Ankara, dove la Presidente della Commissione si è fatta umiliare pur di non scontentare Erdogan (decisamente più antiliberale di Orban) che viene pagato profumatamente per tenere i migranti e i profughi in condizioni disumane ai confini del suo Paese, c’era bisogno di un cambio di passo e di far vedere che la sensibilità europeista su questi temi deve prendere una posizione concreta (su Orban ma non su Erdogan). Del resto, in mancanza di qualsiasi forma di solidarietà sociale, economica, nazionale, l’identità (europeista ma non europea) ha bisogno di essere forgiata su certi valori che devono essere quelli liberali. A noi sta bene, perché sono preferibili i valori liberali a quelli dei conservatori alla Orban. Ma il quadro nel quale si inserisce questa battaglia è davvero desolante.
Immagine da commons.wikimedia.org
Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al “tema della settimana”. Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.