Finalmente, dopo una lunga gestazione, la trasposizione cinematografica de “La donna alla finestra” è realtà. Diciamo che il tempismo non è stato il suo forte. Sicuramente il film, se fosse uscito nel 2020, sarebbe stato perfetto durante la pandemia. È stata un’operazione lunga e faticosa. Ancora una volta i film di Netflix (sono poche le eccezioni positive a livello di cinema d’autore) dimostrano di essere piccoli piaceri usa e getta da vedere a casa per passare un’ora e mezzo. A livello generale però difficilmente funzionano al cinema. Eppure questa pellicola era nata appositamente per la sala e Netflix l’ha rilevata dalla Disney, dopo l’acquisizione della Fox.
Nel 2018 Joe Wright (già regista di Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, L’ora più buia , Pan e Anna Karenina) venne ingaggiato dalla Fox per dirigere il film che doveva uscire nelle sale a metà maggio 2020. Nel frattempo Walt Disney nel 2019 rileva la 20th Century Fox e la Fox Searchlight per oltre 70 miliardi di dollari. La casa di Topolino blocca il film. Il regista inglese ne fece una versione ambiziosa, i “test screening” eseguiti su un campione di pubblico confermarono che la visione era confusa e poco fluida. Già lo sceneggiatore Tracy Letts era noto per alcuni problemi di questo tipo con la trasposizione de “La ragazza del treno” (recensione qui).
Così Joe Wright ha pianificato di rigirare alcune scene, ma Amy Adams aveva altri impegni concomitanti. Così hanno deciso di riprogrammare il film a data da destinarsi. Il 14 maggio 2021 è finalmente arrivato in streaming su Netflix che ha comprato i diritti. Walt Disney ha perso circa 5 miliardi di dollari nel 2020 a causa dell’emergenza Covid, licenziando 28000 persone. Il lancio della piattaforma Disney+ ha fatto un record: oltre 73 milioni di abbonamenti. La pandemia e i conseguenti blocchi delle sale cinematografiche e dei parchi tematici ha fatto sì che Disney vendesse vari film (tra cui questo) per fare cassa.
Effettivamente il romanzo di A.J. Finn (edito in Italia da Mondadori nel 2018) sembra scritto per il cinema perché trae linfa proprio da una nota pellicola di Hitchcock: La finestra sul cortile. Sir Alfred è diventato un maestro con idee nuove e apparentemente semplici, ma con uno stile difficilmente emulabile. Questo cult movie del 1954 del maestro inglese raccontava la storia del fotoreporter Jefferies (James Stewart) costretto ad osservare il mondo dalla finestra dell’appartamento per via di un incidente. Ha una gamba ingessata. Le uniche persone che vede sono l’infermiera Stella e la compagna Lisa (Grace Kelly). Ma poi improvvisamente scompare la donna dell’appartamento di fronte. Jefferies annusa qualcosa, inizia a spiare la coppia della casa di fronte convinto che si tratti di un omicidio. Il tutto precipita al punto che diventa un’ossessione. Sarà vero quella che ha visto o è frutto della sua immaginazione?
Come dice in questo film lo psichiatra (interpretato dallo sceneggiatore Tracy Letts) alla protagonista, “la curiosità è indice di un modello depressivo ridimensionato”. In effetti è così perché nella stragrande maggioranza delle persone non c’è voglia di conoscenza, c’è la voglia del pettegolezzo e l’onnipresente condizione di apparire meglio degli altri. Sappiamo poi che non sempre la realtà coincide. Questo è uno dei problemi più ricorrenti oggi. Abilmente i social network hanno usato ciò a dismisura per farci credere che agli altri interessi la nostra vita. Invece è tutta aria fritta.
Gli omaggi del cinema a “La finestra sul cortile” sono stati molteplici: da Brian De Palma con Omicidio a luci rosse fino a Disturbia di D. J. Caruso, senza dimenticare La finestra della camera da letto di Curtis Hanson. Joe Wright ci mette sia le scale nel finale de La donna che visse due volte (saccheggiato in maniera fin troppo evidente), sia i viaggi nella mente di Io ti salverò. La protagonista più che James Stewart con la gamba ingessata sembra più la dottoressa di “Spellbound” (1945), interpretata da Ingrid Bergman. L’impedimento però c’è eccome: stavolta è di tipo psicologico e non fisico. Inoltre il tema del “doppio” insito nella Kim Novak di “Vertigo”, qui non è nella protagonista, ma nel personaggio chiave della vicenda.
Questo film dimostra che se un regista vuole confrontarsi con Hitchcock, nel confronto perderà sempre. Joe Wright è un cinefilo al limite del maniacale, ma questa volta sembra più un difetto che un pregio perché non sa domarla e gli sfugge di mano. Appare facile rifare i film del maestro inglese con la tecnologia di oggi a disposizione, ma la storia del cinema dimostra invece che è una mission impossible.
Effettivamente è un romanzo impegnativo e non facile da adattare. Sembra un incrocio tra “Gone Girl” di Gillian Flynn (poi divenuto film grazie a David Fincher con il nome “L’amore bugiardo”) e “La ragazza del treno” di Paula Hawkins (anch’esso divenuto film diretto da Tate Taylor). La pellicola ha il suo fascino sulla carta, ma nel complesso non è eccelsa, anche per via degli intoppi e dei compromessi che vi ho descritto. In ogni caso vanta un’ottima fotografia di Bruno Delbonnel (in passato ha collaborato con i fratelli Coen, Tim Burton e Aleksandr Sokurov), dominata da varie tonalità di colore rosso, e una credibile interpretazione di Amy Adams. Purtroppo però la sceneggiatura non sempre è al livello del comparto tecnico, soprattutto a causa di continui inserti, flashback che rallentano la narrazione e che tendono a fare un po’ di confusione nella testa dello spettatore. Purtroppo pare che la cosa sia voluta, le riprese aggiuntive sembra non abbiamo sortito l’effetto sperato.
Veniamo alla trama. La narrazione non è molto attendibile perché è il punto di vista di Anna Fox (Amy Adams), una psicologa infantile quasi quarantenne, con problemi di alcolismo e agorafobia. Anna è perennemente trascurata, spettinata, paranoica, depressa e imbronciata. Nel romanzo lo scrittore A.J. Finn lascia vari indizi sulla fisicità, sul carattere della donna. Ecco un breve passaggio del romanzo in tal senso:
“Mi guardo allo specchio. Rughe che si irradiano negli occhi. Una massa di capelli scuri, qua e là tigrati di grigio, sciolti sulle spalle; una peluria corta e ispida sotto le ascelle. La pancia è un po’ molliccia. Le cosce sono punteggiate dalla cellulite. La carnagione è di un pallore quasi osceno, le vene si stagliano violacee su braccia e gambe. Cellulite, peluria, rughe: avrei bisogno di manutenzione. […] Abbasso gli occhi sulle dita dei miei piedi che si increspano sulle piastrelle: lunghe e affusolate, una (o dieci) delle mie caratteristiche migliori, sembrano diventate gli artigli di un piccolo predatore. Frugo nell’armadietto dei medicinali, dove le boccette di pastiglie sono impilate luna sull’altra come totem, e pesco il tagliaunghie Quanto meno un problema che posso risolvere”.
Amy Adams forse è troppo bella fisicamente per interpretarla, stando alla descrizione del libro. Anna vive sola barricata in casa in preda alle sue paure. È separata dal marito Ed (Anthony Mackie) che ha la custodia della figlia Olivia. Nel rapporto con la famiglia sembra ricalcare il film Netflix di Charlie Kaufman, “Sto pensando di finirla qui”. Ovviamente solo da un punto di vista visivo perché la sceneggiatura è decisamente più piatta ne “La donna alla finestra”. Anna prova forti disagi e paure in ambienti non familiari o in ampi spazi affollati, temendo di non riuscire a controllare la situazione. Questo la porta a sentire il bisogno di una via di fuga immediata verso un luogo sicuro come la casa.
Gli unici hobby sono la fotografia e il cinema. La cinepresa si muove leggiadra, ma non sempre in maniera fluida. L’obbiettivo della macchina da presa diventa occhio. Sono proprio gli sguardi a sbrogliare la matassa. Anna è una cinefila che ama i vecchi noir in bianco e nero. Ogni tanto si concede qualche chiacchierata con la vicina Jane Russell. Crede che questa famiglia sia un modello. Così inizia a osservarli dalla finestra con la sua macchina fotografica Reflex e si sviluppa un’ossessione. Si sa l’erba del vicino, è sempre più verde. Un giorno nota che la sua vicina, Jane (Julianne Moore), è stata vittima di violenza del marito Alistair (Gary Oldman che ha già lavorato con Wright ne “L’ora più buia”, vincendo l’Oscar).
Chiama la polizia in preda al panico. Ma i farmaci che prende le causano alcune allucinazioni ed altri effetti collaterali. Al resto ci pensa qualche bicchiere di troppo, come a Emily Blunt ne “La ragazza del treno”. Il dubbio che la donna si sia immaginata tutto è alto. Anche la polizia non le crede, Alistair Russell è allibito dalle accuse della donna. Anche perché Jane (Jennifer Jason Leigh di “The hateful eight”) poco dopo ha un altro aspetto.
Tutti credono che Anna abbia dei grossi problemi. Il film scorre abbastanza bene fino al “grottesco” (per non dire di peggio) finale dove emergono diversi problemi di equilibrio. Anche le musiche di Danny Elfman, autore di quasi tutte le colonne sonore dei film di Tim Burton, sono meno incisive del solito e non conferiscono un grande aiuto per lo spettatore.
La direzione degli attori non sempre c’è: alcuni personaggi sono troppo sopra le righe, altri appaiono e scompaiono. Julianne Moore e Gary Oldman, attori solitamente straordinari, sono ridimensionati parecchio. Sembrano macchiette per colpa di una sceneggiatura che non li assiste adeguatamente. L’unica che il film sfrutta bene è Amy Adams. Ed è praticamente lei da sola a reggere il film.
FONTI: BadTaste, Comingsoon, Cinematografo, Movieplayer, MyMovies, libro “La donna alla finestra” di A.J. Finn (Mondadori editore)
Regia *** Interpretazioni ***1/2 Musiche *** Fotografia ***1/2 Sceneggiatura ***
LA DONNA ALLA FINESTRA ***
(USA 2021)
Genere: Thriller, Drammatico
Regia: Joe Wright
Sceneggiatura: Tracy Letts
Cast: Amy ADAMS, Gary Oldman, Julianne Moore, Anthony Mackie, Jennifer Jason Leigh
Durata: 1h e 42 minuti
Fotografia: Bruno Delbonnel
Musiche: Danny Elfman
Produzione: 20th Century Fox/ Walt Disney
Distribuzione: Netflix
Tratto dall’omonimo romanzo di A. J. Finn
Trailer Italiano qui
La frase: La curiosità è indice di un modelle depressivo ridimensionato
Immagine (dettaglio) da www.wikipedia.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.