Oggi si parla diffusamente di degrado, distruzione, ma poi non riusciamo nei fatti ad invertire la tendenza. Alla maggioranza piace la leggerezza, l’indifferenza, il vivere alla giornata e il disimpegno. In questo scenario è ambientato “I figli degli uomini”, pellicola molto intelligente del regista messicano premio Oscar Alfonso Cuaron (Gravity). Il tutto è tratto dal romanzo omonimo della scrittrice britannica P.D. James. Tuttavia la differenza tra romanzo e film è netta, sono due storie radicalmente diverse. La più evidente riguarda l’identità della donna che rimane incinta 25 anni dopo la nascita dell’ultimo bambino.
Personalmente stavolta, a sorpresa, ho preferito il secondo al primo. La pellicola di Cuaron è infatti curatissima sia a livello tecnico sia a livello culturale. Il romanzo probabilmente è troppo breve (275 pagine) per spiegare tutto quello che accade. Nel film, se il regista è bravo com’è, è più semplice perché le immagini, gli attori, le musiche, la fotografia danno profondità alla narrazione.
La trasposizione cinematografica iniziò tra il 2000 e il 2001, ma il regista bloccò la lavorazione del film per potersi dedicare a “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”. “I figli degli uomini” è uscito solo nel 2006. Insieme a Guillermo Del Toro (La forma dell’acqua, Il labirinto del fauno) e Alejandro Gonzalez Inarritu (Birdman, Revenant), Cuaron è l’esponente di punta del cinema messicano che si è imposto a Hollywood. Insieme a loro c’è da sottolineare la collaborazione con il direttore della fotografia del connazionale Emmanuel Lubezki (Revenant, Birdman, The Tree of Life) che amplifica il senso di oppressione dei protagonisti. Esemplare in tal senso il pianosequenza della fuga: lo spettatore, attraverso questo stratagemma, guarda il trapasso dalla vita alla morte nella sua durata (lo potete vedere qui).
Il film è ambientato nel 2027 in un Regno Unito grigissimo, il romanzo nel 2021 (ops, ci siamo già). Un libro che pare scritto oggi, ma la pubblicazione risale al 1992. La pandemia non era prevista. C’è una guerra tra poveri in corso, in cui si lotta per sopravvivere, le opere d’arte sono distrutte, i palazzi cadono a pezzi.
Atti terroristici e immigrazione clandestina vengono usati come arma (a doppio taglio). Nel libro addirittura gli anziani vengono invogliati al suicidio, i criminali esiliati e torturati, gli immigrati maltrattati e schiavizzati. Oltre a tutto ciò, la cosa più grave è l’umanità è divenuta quasi sterile: l’ultimo bambino, Baby Diego, è nato ormai 25 anni prima. A livello mediatico era il simbolo della speranza verso il futuro. Sembra una sciocchezza, ma quasi tutti oggi parlano di presente o di passato. Ciò ci ha reso più vulnerabili e pessimisti. La pandemia ci ha dato il colpo di grazia. Anche il protagonista Theo (Clive Owen), ex attivista politico, è ormai rassegnato all’imminente fine del genere umano. L’unico amico vero che gli è rimasto è l’ex insegnante, Jasper (uno strepitoso Michael Caine che simboleggia l’utopia del movimentismo anni ’60), a cui ogni tanto fa visita. Un giorno però il gruppo terroristico dei Pesci lo rapisce. La leader del gruppo è l’ex moglie di Theo, Julian (Julianne Moore). Il passato si intreccia al presente e al futuro: l’uomo è stato rapito per ottenere un lasciapassare per una donna (di colore) che è rimasta miracolosamente incinta. Un vero e proprio tesoro da custodire a ogni costo. Nel libro la donna incinta non è afroamericana e non è una differenza da poco. Cuaron, da messicano che lavora negli Stati Uniti, si mette nei panni delle minoranze, degli immigrati.
In un pianeta ormai distrutto, la fragilità di una donna che porta in grembo una piccola vita rappresenta l’ultimo baluardo di civiltà. Considerando l’aumento esponenziale di oggi dei femminicidi, i maschi non sono visti spesso bene. Giustamente il sito Movieplayer.it scrive che i bambini sono (quasi) sostituiti dagli animali che si comportano come dei veri e propri rimpiazzi. La presenza delle bestie, in questo contesto quasi apocalittico, allude alla storia della Genesi: Noè e il Diluvio Universale.
Come spiega l’autore del Qoelet, “il destino dei figli degli uomini e il destino delle bestie è lo stesso: quando uno muore, così muore l’altro, perché tutto è vanità”. Amen.
Theo accetta di proteggere la donna ed è convinto che sia una missione da portare a termine. Ma sarà un viaggio ricco di insidie, pericoli, trappole mortali. Ci sono parecchie cose belle in questo film di Cuaron. Ci sono diversi richiami all’Alan Moore di V per vendetta, a Blade Runner di Philip K. Dick, e a Brazil di Terry Gilliam. Senza dimenticare George Orwell, in particolar modo alla “Fattoria degli animali”. Quel maiale gigante, rosa, a mezz’aria sul cielo di una Londra infernale non è solo un richiamo a “Animals”, album del 1977 dei Pink Floyd, ma è anche un evidente citazione del potere del libro sopra citato. I maiali infatti erano coloro che, dopo la rivoluzione compiuta dagli altri animali, finiscono per diventare come gli uomini che li tenevano schiavi.
Tecnicamente il film è magistrale: c’è un massiccio uso della telecamera a spalla, luce desaturata dispersa sui calcinacci di un mondo (architettonico) alla deriva (notare i palazzi in stile Full Metal Jacket di Kubrick), una scena di guerra splendida che ricorda il conflitto jugoslavo degli anni 90. Strepitoso il pianosequenza nella prima parte durante la scena della fuga: solo la coppia Cuaron (regia) e Lubezki (fotografia) potevano compiere un simile prodigio di virtuosismo. L’obbiettivo della macchina da presa si sporca e gronda sangue. Ma quello che conta è il messaggio: il futuro della Terra non è del singolo, ma di tutti. Oggi tutto è frammentato: Stati, economie, uomini, donne, corpi, lavoro, produzione, sentimenti. Serve la collaborazione di più persone possibile per raggiungere l’armonia. Se credete in un futuro migliore come Theo, potreste “vedere cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Come diceva Roy di Blade Runner.
Fonti: BadTaste, Comingsoon, Cinematografo, Movieplayer
Regia ****1/2 Interpretazioni **** Fotografia ****1/2 Sceneggiatura ****
I FIGLI DEGLI UOMINI ****
(Gran Bretagna, USA 2006)
Genere: Fantascienza, Thriller, Drammatico
Regia: Alfonso Cuaron
Sceneggiatura: Alfonso Cuaron, David Arata, Mark Fergus, Timothy J. Sexton, Hawk Ostby
Cast: Clive Owen, Michael Caine, Julianne Moore, Chiwetel Ejiofor
Fotografia: Emmanuel Lubezki
Durata: 1h e 49 minuti
Trailer Italiano qui
Produzione e Distribuzione: Universal
Budget: 72 milioni di dollari
In concorso al 63° Festival di Venezia
Tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice britannica Phyllis Doris James (edito in Italia da Mondadori)
La frase: Ogni volta che uno dei nostri politici è nei guai, esplode una bomba
Immagine (dettaglio) da www.wikipedia.org
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.