“Per come vanno le cose in questo paese, è già tanto che non li abbiano assolti subito”.
Sono gonfie di amarezza le parole di un familiare delle 32 vittime della strage ferroviaria di Viareggio, di fronte alla sentenza della Quarta sezione penale della Cassazione che, di fatto, smentisce i giudizi del Tribunale di Lucca e della Corte di Appello di Firenze, escludendo l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro in quello che è stato il disastro ferroviario più grave del dopoguerra.
L’approfondito j’accuse di ben 95mila pagine sulle scarsissime misure di sicurezza nella circolazione delle merci pericolose lungo i binari italiani, frutto di anni di lavoro certosino degli investigatori e validato da due corti di giustizia, finisce nel cestino.
E così, a undici anni e mezzo dalla tragica notte del 29 giugno 2009, vanno in prescrizione le accuse di omicidio colposo plurimo che riguardavano i vertici del Gruppo FS, di RFI e di Trenitalia, Mauro Moretti in primis, e i responsabili di Gatx Rail Austria, Gatx Rail Germania e Jungenthal. Resta in piedi il solo reato di disastro ferroviario colposo, per il quale la Cassazione rinvia alla Corte d’Appello di Firenze “per una nuova valutazione della pena da irrogare agli imputati”.
Piange Daniela Rombi davanti al Palazzaccio. Lei, che nella strage ha perso la figlia ventunenne Emanuela, non può darsi pace: “È lo stesso dolore di quando mi dissero che era morta. Oggi li hanno riammazzati tutti e 32”. Poi si riprende: “Una sentenza di questo tipo era inimmaginabile, la cosa più grave è che abbiano tolto l’incidente sul lavoro. Ma torneremo a Firenze, più agguerriti che mai. Non ci fermiamo, la nostra è una lotta di civiltà, perché è fondamentale che dopo quello che è successo sia garantita la sicurezza, sul lavoro e nei trasporti”.
Domani [9 gennaio, ndr], a mente più fredda, l’associazione dei familiari delle vittime “Il mondo che vorrei” farà il punto. Ma già oggi Marco Piagentini, l’uomo che non ha voluto morire nonostante le ustioni sul 90% del corpo, pensando all’unico figlio rimasto dopo che l’immane esplosione gli aveva tolto la moglie e gli altri due bambini, fotografa la situazione: “Oggi scriviamo una pagina triste. Per noi, che i nostri figli non ce li rende nessuno, e per questo Paese. Comunque la nostra battaglia di civiltà la continuiamo. Certo da utenti della giustizia purtroppo abbiamo subito un colpo durissimo”.
Non si ferma Piagentini: “Ci dispiace per il lavoro fatto dai magistrati di due gradi di giudizio, che hanno sviscerato le carte da cui sono emerse chiaramente le responsabilità. Per i periti che hanno raccontato in aula lo stato delle ferrovie italiane nel 2009. Oggi con la parola prescrizione si cancella con un colpo di spugna tutto questo lavoro”.
L’immagine del colpo di spugna è calzante anche per Dante de Angelis, ferroviere protagonista di tante lotte per la sicurezza sul lavoro: “La prescrizione dell’omicidio colposo plurimo è la conseguenza della mancata applicazione della legge 81/08 sulla sicurezza. E a cascata viene fuori il proscioglimento delle società per le responsabilità amministrative, e l’esclusione di tutte le rappresentanze sindacali che si erano costituite parte civile.
“Tutto questo dopo una inchiesta dettagliatissima, che aveva evidenziato le carenze nella intera catena di sicurezza del sistema ferroviario. A conti fatti, con questa sentenza si salva l’apparato economico e industriale delle ferrovie europee, anche a costo di sacrificare gli amministratori, che per il disastro ferroviario saranno condannati. Certo è inimmaginabile che tutti i ferrovieri, e tutti i passeggeri, non siano tutelati dalle norme della legge 81/08. Non capisco come sia possibile”.
Gli fa eco Riccardo Antonini: “Il fatto che sia stata tolta l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza è davvero grave, come l’assoluzione di tutte le società. Come se non ci fosse stata alcuna responsabilità per quello che è avvenuto”.
Aggiunge Laura Mara di Medicina Democratica: “È un grave e pericoloso precedente anche l’annullamento delle statuizioni civili per le 22 associazioni, enti e sindacati, che in questi anni si sono costituite parti civili, e che di fatto saranno condannate a pagare le spese processuali”.
“L’accusa di disastro ferroviario resta in piedi – chiosa Fulvio Aurora – perché quello non lo si può proprio `oscurare´, visto che ha incendiato il cielo di Viareggio quella notte”.
A sera scendono a mezz’asta le bandiere alla Casina dei Ricordi in via Ponchielli, dove si custodisce la memoria della strage ferroviaria. Giuliano Bandoni è laconico ma efficace: “Oggi viene meno un diritto di giustizia”.
Apparso su Il Manifesto in data 9.01.2020
Immagine di E. Torre (dettaglio) da Wikimedia Commons
Giornalista de il manifesto, responsabile della pagina regionale toscana del quotidiano comunista, purtroppo oggi chiusa. Direttore di numerosi progetti editoriali locali, fra cui Il Becco.