Il covid 19 ha accelerato la crisi delle sale. I grossi studios hanno voluto annientare i cinema d’essai più piccoli e indipendenti, dando la colpa al virus. Il sito Badtaste.it spiega il perché: “una situazione simile si è già verificata però, negli anni ‘20, quando per effetto dell’epidemia di influenza spagnola e dei lockdown che furono necessari e poi ancora per effetto della crisi economica le sale, allora un business molto vecchio stampo e a conduzione familiare, cominciarono a chiudere. Accadde che gli studios le comprarono, una per una, a cifre irrisorie finendo per controllare tutta la filiera: produzione, distribuzione ed esercizio tutte in mano agli stessi soggetti. La situazione era così ingiustamente accentrata che nel 1948 il Paramount Act stabilì che nessuno studio potesse possedere anche delle sale. Quella legge è stata abrogata meno di un anno fa”.
Il sistema cinematografico europeo si è scoperto fragilissimo senza il cinema industriale americano. Probabilmente le monosala e i piccoli cinema di provincia chiuderanno per la mancanza di prodotto, visto che i film americani più importanti sono stati rinviati al 2021 (compreso l’ultimo 007 che uscirà il 2 aprile). Ma anche le multisala non se la passano meglio, visti gli spazi che devono gestire. Lo slittamento degli Oscar da febbraio al 25 aprile e l’impennata (senza controllo) dei contagi in America, ci fa capire che prima della prossima primavera ci saranno poche novità significative. Almeno da Hollywood.
I risultati di “Tenet” negli Usa non sono stati all’altezza delle aspettative e le major preferiscono rinviare i loro film di punta per diminuire i rischi e le perdite.
Tuttavia i buoni film ci sono: bisogna saperli scovare. Ancora la Francia. Sicuramente il miglior cinema europeo viene da lì. Ogni anno ci sono delle sorprese in positivo. Tra queste c’è sicuramente “Roubaix, une lumiere” di Arnaud Desplechin. Presentato al Festival di Cannes 2019, questo film è magistrale. Onore alla piccola casa indipendente No.Mad che l’ha distribuito in solo venti sale (a Firenze lo trovate allo Spazio Alfieri). I critici internazionali lo hanno snobbato, ma questo è grande cinema.
Desplechin (Jimmy P, I fantasmi di Ismael) è un autore elegante. Classe 1960, nativo proprio di Roubaix. Città di 100.000 abitanti nell’alta Francia, vicino al confine con il Belgio. “La città più povera di Francia, dove il 45 per cento vive sotto la soglia della povertà”. Il tasso di immigrazione algerina, polacca, italiana e portoghese è piuttosto alto. Salvini è a Catania in attesa del processo e ancora non è arrivato a battere i pugni sul tavolo. A questo va aggiunto un tasso di disoccupazione alle stelle che va di pari passo, ovviamente, con un’impennata della criminalità. Un fenomeno molto conosciuto anche in Italia, soprattutto nelle periferie attorno alle grandi città.
Non è un caso dunque che questa pellicola sia un atto d’amore del regista alla sua città natale. Ma attenzione non è tutto rose e fiori. Lo si capisce dalla prima didascalia che appare sullo schermo in giallo (noto per essere il colore dell’allerta): “tutti i crimini che appaiono qui, ridicoli o tragici, sono accaduti. Vittime e colpevoli sono reali”.
Ispirandosi agli scrittori Simenon e Dostoevskij e al talento smisurato di Hitchcock (“il ladro”), il regista sceneggiatore francese ci dona un polar d’altri tempi partendo da un documentario di Mosco Boucalt, “Roubaix, commissariat central”.
È la notte di Natale in una Francia allo sbando. Sotto una forte pioggia, è avvenuto un efferato omicidio. Dimenticate le insegne luminose e il clima di festa. C’è clima di depressione e di umor nero. I giochi di luci di inizio film spaziano dalle finestre delle case ai fanali delle auto, ma anche dalle fiamme. Segno che il malumore cova dove meno te lo aspetti.
Una donna anziana è stata uccisa. L’accusa cade sulle vicine (è risaputo che dopo mogli, mariti, compagni/e ed amanti, sono la categoria più esposta): Claude (Lea Seydoux) e Marie (Sara Forestier) sono due giovani donne amanti lesbiche, alcolizzate, tossicodipendenti e perdute in quell’oceano chiamato caos esistenziale.
Le due donne si dichiarano non colpevoli, ma ben presto si contraddicono, cambiano i fatti. Piano piano emerge che una esercita sull’altra un totale dominio psicologico che sfocia ovviamente nella dipendenza. Ma ci sono diverse cose che non quadrano.
Il caso è affidato al veterano Daoud (Roschdy Zem), ispettore capo di origini algerine. Un uomo carismatico, empatico e profondamente umano che si affida molto al suo istinto. Il suo obbiettivo è arrivare alla verità. Accanto a lui c’è la giovane recluta Louis (Antoine Reinartz), fresco di diploma.
Daoud attraversa le strade districandosi tra auto incendiate, disastri familiari, alcolisti, spacciatori, tossicodipendenti, giovani violenti, soli e rabbiosi, degrado sociale e un clima da finta quiete prima della tempesta. Tutti hanno alibi. La città è fredda, grigia, asettica priva di empatia. Anche la stazione di polizia ha i muri scrostati, scrivanie polverose, vetri danneggiati e/o crittati. Daoud è consapevole che Roubaix è terribilmente peggiorata rispetto a quando era un adolescente. Tant’è che la sua famiglia era ritornata in Algeria. La sua convinzione è che la gente nasca buona, ma poi crescendo la società a mano a mano ti corrompe, facendoti passare dall’altra parte della barricata (etica). Ovviamente rappresenta il laico. Il confronto (generazionale, chiaramente) tra lui e Louis è il punto di partenza della pellicola: non si conoscono ma entrambi amano i cavalli. Il giovane le corse, la competizione, le scommesse, l’ispettore le bestie. Sulla giustizia mentre l’ispettore crede che sia la società che ti cambia in peggio, Louis è credente e arrembante, è dubbioso e maggiormente incerto nel giudizio delle colpe. Un confronto tra amore e pietà che richiama l’album “Oh mercy” di Bob Dylan (pubblicato nel 1989). Non a caso il sottotitolo del film in originale è proprio il nome del disco. Desplachin, dopo averci descritto accuratamente l’ambiente, mette lo zoom sul caso della donna uccisa. Con lunghi dialoghi, insistiti primi piani sui volti e sugli occhi, ci si addentra in un gioco di specchi rivolto all’indagine e Daoud ci mostra quanto siano importanti le nostre azioni quotidiane. Se vogliamo un mondo migliore, dobbiamo iniziare noi a dare l’esempio. La sceneggiatura è davvero molto curata e ci vorrebbero almeno 2/3 visioni per carpire tutte le informazioni che il regista ci dà. Tuttavia la storia si può intuire e la trama non è poi così complicata come sembra. Strepitosi gli attori: Roschdy Zem (vincitore del premio Cesar e del Lumiere) è sopraffino e si esalta in ruoli come questo (“36 Quai des orfevres”), Antoine Reinartz gli tiene testa così come le due magnifiche attrici. Lea Seydoux (The lobster, Midnight in Paris) è straordinaria ed ambigua al punto giusto nel mostrare le contraddizioni e gli umori del suo personaggio: struccata e con vistose occhiaie mostra tutta la sua umanità e i suoi punti deboli con micro espressioni talvolta quasi invisibili. Come ha rivelato recentemente Woody Allen nella sua autobiografia, è una delle migliori attrici mondiali della mia generazione. A tenerle testa una strepitosa Sara Forestier che sicuramente non sfigura nel confronto. Se analizziamo il film in maniera corretta, si può notare che i due uomini, così come le due donne, sono le due facce diverse della stessa medaglia.
Alla prima visione è difficile rimanere impassibili di fronte a un film del genere. Il problema è che questo film verrà distribuito in appena venti sale in tutta Italia. In tempi di Covid, non il massimo.
Fonti: Mymovies, cinematografo, bad taste, sentieriselvaggi, movieplayer, manifesto, Sole 24 ore
Roubaix, una luce nell’ombra ***1/2
Titolo originale: Roubaix, une lumiere (Francia 2019)
Genere: Polar, Drammatico, Thriller
Regia e Sceneggiatura: Arnaud Desplichin
Fotografia: Irina Lubtchansky
Cast: Lea Seydoux, Sara Forestier, Roschdy Zem, Antoine Reinartz
Durata: 2 ore
Uscita Italiana: 1 Ottobre 2020
Distribuzione: No.Mad Entertainment
Trailer Italiano: https://www.youtube.com/watch?v=Qlh2Z_L3uHY
In concorso al Festival di Cannes 2019
Interviste al regista qui e qui
La frase: Non ti danno voti su quanti casi risolvi, ti danno voti se mantieni l’ordine.
Regia **** Interpretazioni **** Fotografia ***1/2
Sceneggiatura ***1/2
Immagine da www.ilfattoquotidiano.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.