È doveroso partire dal blockbuster più atteso che, solo nella prima giornata di programmazione, ha portato quasi 60.000 persone d’agosto al cinema solo in Italia. Una boccata di ossigeno anche per gli esercenti cinematografici dopo il lockdown. “Tenet” di Christopher Nolan arriva 3 anni dopo “Dunkirk” (in sala trovate anche Inception per l’anniversario dei 10 anni).
Fu annunciato all’inizio del 2019. Le riprese partirono nel maggio dello stesso anno in 7 paesi: Danimarca, Estonia, India, Italia (più precisamente sulla costiera amalfitana, a Ravello), Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti.
Poco prima di Natale è stato diffuso il primo trailer. In tutto il mondo è salita la febbre. In tutti i sensi perché pochi mesi dopo il Covid 19 si è fatto sentire prepotentemente e si è preso la scena.
Il film doveva uscire nelle sale il 17 luglio 2020 negli Stati Uniti, come da tradizione per il regista inglese. Il dilagare della pandemia negli Usa ha reso impossibile la cosa. Insieme al 25° capitolo di 007, intitolato “No time to die” (al momento posizionato a novembre 2020, con voci di un ulteriore slittamento all’estate 2021) è il film che ha subito più rinvii causa covid.
Anche in Italia il film è stato scelto come l’evento che avrebbe riportato la gente al cinema. Ma soprattutto serviva per incoraggiare gli esercenti a riaprire le sale in estate. Incredibilmente la pellicola doveva uscire il 3 agosto (scelta piuttosto controcorrente nel mercato del Belpaese), per poi slittare al 26 perché Warner avrebbe voluto mandare il film in contemporanea mondiale per prendere in controtempo la pirateria. Il costo complessivo di 220 milioni di dollari (il suo film più costoso) non ha permesso di poterlo divulgare in rete. Nolan ha preteso che uscisse in sala, girando come di consueto in un misto tra pellicola 70mm e Imax per far sì che l’esperienza al cinema fosse più appagante e totalizzante. Ebbene sì, devo dirlo forte e chiaro: a livello visivo è stata un’ottima esperienza che rifarei.
Poi l’aumento dei contagi negli Usa ha fatto sì che, per la prima volta, un blockbuster hollywoodiano uscisse prima in Europa, per poi arrivare con circa una settimana di ritardo negli Usa, negli stati che lo consentono (a New York e a Los Angeles, ad esempio, non uscirà subito perché il numero dei contagi è ancora altissimo).
Ma Christopher Nolan e Warner Bros non si sono scoraggiati e, stavolta bisogna dirlo, sono gli unici che hanno lottato per poter soddisfare il pubblico e gli esercenti cinematografici. Infatti è stato lanciato in Italia in ben 700 copie! Un lancio in grande stile, come ai tempi pre-covid. La scommessa è stata grande. A 50 anni (da poco compiuti) Nolan realizza il suo film più estremo, ambizioso e coraggioso, ma confuso. Una sorta di sequel di Inception, ambientato però nel mondo dello spionaggio globale.
Si vede che Nolan ama 007, ma è totalmente diverso dall’iconico agente segreto ideato da Fleming. Dimenticate il Martini, le bond girl. Purtroppo va detto che non è tutto oro ciò che luccica. Tenet è un gigantesco giocattolone da lunapark cinematografico, ma funziona meno di Inception (anche perché John David Washington e Robert Pattinson non valgono Leonardo DiCaprio). L’immagine prevale su tutto, la fotografia di Van Hoytema (da Interstellar in poi è fedele collaboratore di Nolan) è come al solito efficace e ambiziosa, da lasciare senza fiato. I significati non mancano, la morale c’è però il finale è facilmente intuibile dopo meno di metà film. Se state attenti e non vi distraete.
Nella filmografia del regista è possibile tracciare un filo conduttore che unisce svariate caratteristiche comuni presenti nei suoi film. Fin dall’esordio di Following, Nolan ci parla di doppi, vendetta, ossessione, inganno, tormento interiore, la differenza tra realtà e percezione della stessa. Ma soprattutto del tempo. E non è un caso che Nolan abbia ammesso di aver tenuto in considerazione “C’era una volta il west” di Sergio Leone come guida per esprimere la sensazione del passare del tempo. Attenzione non per le inquadrature, ma per l’approccio teorico a un genere. “Non so di sicuro se è vero, ma ho quest’idea che se pensiamo a Sergio Leone quando ha fatto C’era una volta il West, c’è questa sensazione… non credo abbia visto dei film western mentre lo faceva. È un film che esprime il suo amore per il genere che è cresciuto anno dopo anno dopo anno. E c’è qualcosa di favolosamente amplificato nel modo in cui poi affronta quel genere. È un distillato di tutte queste cose nel suo passato e delle sue impressioni sul genere. Volevo che la troupe si tuffasse in questo film in modo davvero unico, e che non fosse influenzata coscientemente da altre cose, ma che il nostro amore per il genere e per i film in generale, alimentasse il modo in cui esprimiamo le cose” – ha detto il regista a Total film.
Quasi tutte le sue storie vantano una narrazione temporale non lineare. Questo film è nolaniano nel bene e nel male, ha tutti i paradigmi e i temi cardine della sua poetica, nei pregi e nei difetti. È la somma della filmografia del regista: dentro Tenet, ci sono tutti i suoi film da Following a Dunkirk. Come spesso succede al regista inglese, è abbastanza realistico e usa poco la computer grafica (appena 280 inquadrature in un film di 2 ore e mezzo). Notare la scena della distruzione dell’aereo a Oslo: è stata fatta davvero!
Nolan, fino a Inception (2010) compreso, ha fatto sempre storie di indubbia qualità. Poi però con Il cavaliere oscuro il ritorno, Interstellar e Dunkirk ha avuto qualche caduta di stile, qualche compromesso con la Warner che lo ha un po’ addomesticato. Nel complesso il regista inglese si è fatto strada con uno stile personale e inconfondibile. Ogni film precedente è un’esperienza che Nolan riesce a far percepire nel film successivo. Stavolta però la troppa ambizione del regista diventa, se vogliamo, il limite di Tenet.
La partenza è fulminea e ci fa capire perché questo film è stato scelto per la ripartenza dell’industria dopo la serrata del lockdown. Dal “Cavaliere Oscuro” in poi c’è sempre nei film di Nolan un inizio folgorante. Il prologo con l’attentato al teatro dell’Opera di Kiev è grande cinema e ci fa capire quanto sia bello andare in sala. Nulla di nuovo, ma Nolan lo fa sembrare tale con grande maestria. Si può scorgere anche una critica alla gestione della pandemia nel settore culturale: infatti i terroristi pestano, rovinano gli strumenti musicali, interrompendo una serata di musica. Come sappiamo è stato uno dei settori che hanno avuto più danni dal covid.
La cosa che mi dà più noia di Nolan è la completa segretezza sui film che gira. Solitamente prima di andare al cinema, mi preparo: leggo, esamino, analizzo le recensioni degli altri. Tutto è sotto vincoli di segretezza fino al giorno dell’uscita. Nolan ha addirittura chiuso in una stanza gli attori a leggere la sceneggiatura. Tutto ciò per non far trapelare niente all’esterno. Spesso nel mondo del cinema, questa tattica è usata non solo per evitare gli spoiler, ma come elemento difensivo da parte delle major. Infatti quando si parla poco di una storia è perché ha diverse pecche (vedi la trilogia di Star Wars di Disney). Il cinema deve far parlare di sé, deve entrare nelle discussioni, deve creare anche diversità di opinioni. Lo dico fieramente, non a caso gestisco un cineforum. Nel caso di Nolan la cosa è stata più o meno efficace: sicuramente ottima per la trilogia di Batman e per Inception, mentre per Dunkirk e Interstellar non si può dire la stessa cosa. Il primo nascondeva in realtà un finale che strizzava l’occhio a Salvate il soldato Ryan, tanto che Nolan chiese a Spielberg come gestire l’epilogo, il secondo invece aveva numerosi buchi di sceneggiatura. Nolan non è un genio come lo era Kubrick. È un ottimo regista, ma ha ancora molto da imparare per arrivare a tali livelli. Da quando non ha più il fratello Jonathan o altri aiutanti alla sceneggiatura, si vede i suoi limiti (soprattutto nella costruzione dei personaggi femminili). Christopher Nolan si dovrebbe occupare più della regia. Avrebbe bisogno di un autore cervellotico come Charlie Kaufman per decollare, ma non scordiamoci che Nolan ha bisogno dannatamente del botteghino. Purtroppo si vede che gli strizza l’occhio. Tenet fa parte di questo filone: per sintetizzare, lo spettacolo allestito è di gran livello, intrattiene, Nolan ha una padronanza del mezzo assoluta, ma la sceneggiatura non è il massimo.
Stavolta l’unica cosa che sapevo prima di entrare in sala, è che il mcguffin (ovvero l’innesco che dà dinamicità al racconto), per dirla alla Sir Alfred Hitchcock, è la parola “Tenet”. La chiave di volta è il Quadrato del Sator, considerato magico, che consiste in un’iscrizione di parole in latino: Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas (potete approfondire l’argomento qui https://it.wikipedia.org/wiki/Quadrato_del_Sator). Se ancora non siete stati a Siena, visitate il Duomo e sul fianco nord di fronte al palazzo arcivescovile, troverete un’iscrizione del misterioso Quadrato. A seconda del punto in cui si comincia a leggere, le cinque parole danno origine alla stessa frase, facendo della composizione un palindromo. Ovvero una frase che può essere letta da sinistra a destra e viceversa, ma anche dall’alto in basso e viceversa.
Ovviamente queste cinque parole compaiono nel film, ma possono assumere vari significati. A seconda dell’epoca in cui sono state visionate. Sator è il seminatore, il creatore. Arepo c’è e non c’è (non posso svelarvi di più) perché a seconda delle epoche assumeva vari significati: era aratro o falcetto, ma ai tempi di Virgilio venne visto come una profezia della nascita di Cristo. Tenet è ovviamente il collante, la parola centrale, l’anello di congiunzione. Senza crolla tutto il castello. Poi opera potrebbe significare con cura, mentre rotas rappresenta le ruote del carro.
Nel film c’è Sator: è il magnate russo interpretato da un ottimo (e shakesperiano) Kenneth Branagh che ricorda un mix di Blofeld di 007 e Zobrist di “Inferno”. Ma essendo un magnate russo del gas “con la passione” per il plutonio, viene da pensare anche a un mix tra Vladimir Putin (che controlla Gazprom) e Roman Abramovich, patron del Chelsea.
Ma c’è di più: il significato del titolo è guidare, orientare. “Tenet ha a che fare col tempo e coi diversi modi in cui può funzionare. Non voglio fare lezioni di fisica, ma l’inversione è questa idea della materia che ha la sua entropia invertita, quindi attraversa il tempo in senso inverso, relativamente a noi” – ha rivelato Nolan in svariate interviste.
L’entropia è un sistema di coordinate che misura il disordine presente in un sistema fisico.
Alla base di Tenet c’è lo stato di un sistema che evolve senza mai tornare indietro. In sostanza il tempo si muove nella direzione dell’entropia.
Il meccanismo “Tenet” è piuttosto complicato, ma Nolan ci dà degli indizi: i colori. Scegliendo come riferimento “Matrix”, lo spettatore deve scegliere il rosso o il blu (come le pillole di Morpheus). In pratica si può scegliere il futuro o rimanere ancorati al passato. Ma attenzione, ci dice Nolan, bisogna saperlo fare. A seconda della scelta si apre una porta diversa. Ma ci sono anche due colori fondamentali come il nero e il bianco della pelle: la contrapposizione tra l’afroamericano (John David Washington) e il bianco antagonista (Kenneth Branagh) rappresenta un elemento di grande attualità. Rappresentano rispettivamente il ribelle e il vecchio sistema, il (possibile) futuro e il passato. C’è anche la via di mezzo perché ci sono gli indiani Mahir (Himesh Patel) e Prya (Dimple Kapadia): la società globalizzata e multietnica è servita.
Ma veniamo al film. Il Protagonista (John David Washigton, figlio di Denzel, recentemente visto in “BlacKKKlansman” di Spike Lee) non ha un nome.
Al centro c’è una Guerra Fredda nucleare che potrebbe portare alla Terza Guerra Mondiale. In questa pericolosa missione il Protagonista è affiancato dal mentore Neil (un Robert Pattinson non molto convincente e monoespressivo) e una donna misteriosa Kat, interpretata dalla bellissima ed enigmatica Elizabeth Debicki (Il grande Gatsby, Widows). Senza dubbio è lei la migliore del cast, nonostante sia male asservita dalla sceneggiatura (Nolan a scrivere i personaggi femminili non è il massimo). Un perfetto mix tra la connazionale australiana Cate Blanchett e la Kim Novak del classico senza tempo “Vertigo – La donna che visse due volte” di Sir Alfred Hitchcock (osservate bene la fotografia del film nelle scene girate sulla costiera amalfitana e vedrete qualche assonanza). La donna infatti è l’infelice moglie del pericoloso oligarca russo Saitor, interpretato da Kenneth Branagh (che entro fine anno vedremo come attore e regista in “Assassinio sul Nilo”). Oltre a loro comparirà in un breve cameo anche l’attore portafortuna di Nolan: Michael Caine. Il carismatico attore inglese da “Batman Begins” in poi è stato in ogni film di Nolan. In Dunkirk non si vede fisicamente, ma quella di Caine era la voce originale sentita via radio dal personaggio di Tom Hardy.
Per evitare la catastrofe il Protagonista e i suoi amici dovranno attuare una manipolazione temporale: l’inversione. “Quello che posso darti è una parola: Tenet. Aprirà le porte giuste e anche alcune sbagliate. Usala con cautela!” – gli dice Victor (interpretato da Martin Donovan, già attore per Nolan in “Insomnia”). Un trucco che ricorda sicuramente Ritorno al Futuro, Terminator, Looper, ma anche quelli artigianali di George Melies. Inoltre c’è una scena in puro stile Matrix in cui il Protagonista deve scegliere tra due proiettili: uno che va avanti nel tempo e uno che invece torna indietro. Una sorta di scelta tra pillola rossa o pillola blu che Morpheus fornisce a Neo.
Infatti quest’arma è molto pericolosa ed ambigua: se usata su larga scala, potrebbe essere un mezzo terroristico, ma se usata nel modo giusto potrebbe essere il miglior antidoto. Il Protagonista di John David Washington è una sorta di Cobb di Leonardo Di Caprio in “Inception”: cambia la missione, ma anche lui in un certo senso deve impiantare un’idea in un percorso a livelli con l’aiuto di alcuni collaboratori. Il problema è di chi fidarsi. “Mentire in questo mondo è una cosa standard” – dice John David Washington nel corso del film.
Tuttavia “Tenet” conferma ancora una volta che Christopher Nolan ha indubbie qualità, sa miscelare una concezione moderna di intrattenimento del cinema con stile e con elementi della vecchia scuola. Spettacolare sì, ma forzato. Sicuramente non è il miglior film di Nolan. I detrattori del regista inglese continueranno a mantenere la loro idea, visto che “Tenet” non riesce del tutto a rendere il pubblico partecipe alla vicenda. Secondo autorevoli esperti di cinema, a questo film manca una certa umanità per piacere al pubblico. Gli manca il cuore, per dirla in soldoni. Ma bisogna anche dire che l’umanità è in un periodo difficile: è fredda, inconsapevole, arrabbiata con il prossimo, in perenne competizione e alla ricerca della propria identità. Quindi probabilmente il discorso che il regista inglese intraprende non è poi così sbagliato. Infatti il Saitor di Branagh è spinto nella sua malvagità dal fatto che gli uomini abbiano irrimediabilmente rovinato il mondo in cui sono vissuti è deciso a farla finita con l’umanità intera. In questo somiglia molto allo Zobrist di “Inferno” di Dan Brown e sa (ampiamente) di già visto.
Ma stavolta c’è di più: ai tempi di Trump, Tenet sceglie di dare un’impronta puramente socialista. Si parla di future generazioni, cambiamento climatico, ma anche di senso morale, di stare accanto a chi ci sta vicino, di credere nelle nuove generazioni, di incoraggiarle. L’umanità di oggi sta vivendo sicuramente “una fase peggiore dell’olocausto nucleare”. Il Covid ha solo amplificato ed evidenziato la questione, per ricordarcelo.
Aldilà della bravura tecnica e di una certa originalità nella messa in scena, va detto però che Nolan non è Kubrick. Lo aveva già dimostrato in Interstellar e ce lo conferma.
Nonostante ciò bisogna considerare l’ottimo montaggio di Jennifer Lame (davvero brava) e la musica martellante di Ludwig Goransson (trovate il tema principale qui) che ha sostituito Hans Zimmer (impegnato nella colonna sonora di Dune di Denis Villeneuve). Anche se questo tema musicale non vale l’immensa “Time” che impreziosiva Inception, ma è costruita in modo da essere ascoltata avanti e indietro (come il film richiede). La recensione di Tenet potrebbe essere riassunta in una frase del film: “non cercate di capire, sentitelo”. Se lo senti senza pensare troppo, ti piacerà. Considero “Tenet” lo specchio perfetto della nostra epoca. Per dirla come il suo protagonista, a volte “l’ignoranza può essere usata come arma”. Avviso tutti che potrebbe non bastare una laurea in fisica e una sola visione per capire completamente l’intero trip mentale travestito da cubo di Rubik che si gira, si contorce, ma che rimane uguale perché Tenet è palindromo.
Buon ritorno al cinema e tenet…evi forte!
FONTI: Mymovies, cinematografo, movieplayer, comingsoon, ciak, badtaste
TENET ***1/2
(USA 2020)
Genere: Drammatico, Azione, Fantascienza, Spionaggio
Regia e Sceneggiatura: Christopher Nolan
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Cast: John David Washington, Robert Pattinson, Kenneth Branagh, Elizabeth Debicko, Michael Caine
Musiche: Ludwig Goransson
Durata: 2h e 30 minuti
Uscita Italiana: 26 Agosto 2020
Prodotto e distribuito da Warner Bros in 700 sale
Budget: 220 milioni di dollari
Trailer Italiano qui
Interviste al cast
Making of qui
La frase: Per fare quello che faccio, devo avere un’idea della minaccia che affrontiamo
Regia **** Interpretazioni ***1/2 Musica ***1/2
Fotografia **** Sceneggiatura *** Montaggio ****1/2
Recensioni di altri film di Nolan:
10 anni di Inception
Dunkirk
Interstellar
Immagine da www.bestmovie.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.