Pubblicato per la prima volta il 22 ottobre 2015
A partire dalla seconda metà del Novecento il paradigma umanista, che ha dominato l’orizzonte culturale del mondo occidentale lungo tutta l’età moderna, è entrato in una crisi profonda che riflette una insoddisfazione crescente nei confronti della presunzione degli approcci di matrice cartesiana di porre l’essere umano al centro di ogni riflessione filosofica.
Non solo eventi storici dalla portata devastante come le guerre mondiali, i genocidi di massa, la corsa agli armamenti e la conseguente minaccia di distruzione atomica, ma anche radicali trasformazioni sociali ed economiche che hanno visto l’esaurirsi del sistema di produzione fordista, in un contesto di globalizzazione e di crescita delle disuguaglianze sia all’interno dei paesi industrializzati che fra paesi del sud e del nord del mondo, hanno contribuito a mettere profondamente in discussione l’ottimismo che ha contrassegnato quello che Habermas ha definito “il progetto della modernità”. Alla prova dei fatti, la concezione che ha interpretato l’uomo come autonomo ordinatore della realtà, come il protagonista razionale e il deus ex machina di un processo storico, di una marcia trionfale di crescita e progresso tecnico che lo avrebbe condotto all’emancipazione e alla felicità assoluta, ha dimostrato tutta la sua inconsistenza.
È in questo clima di forte insofferenza verso gli insegnamenti tradizionali che comincerà a diffondersi, soprattutto in Francia, sia nell’ambito filosofico che delle scienze sociali, l’approccio strutturalista. Facendosi interpreti del disagio nei confronti della filosofia tradizionale, alcuni dei suoi principali esponenti quali Lévi-Strauss, Foucault, Lacan e Althusser sono riusciti nella sfida di coniugare l’insegnamento dei maestri Marx, Freud e Nietzsche, attenti nel descrivere le forze latenti che determinano il comportamento umano, con gli impulsi formalisti che provenivano dalla linguistica di Saussure, portando così a compimento un percorso teorico particolarmente fecondo di messa in discussione del concetto di uomo e di soggetto così come concepito dalla filosofia tradizionale, da Cartesio in poi.
Le riflessioni teoriche di questi autori tendano a minare profondamente l’immagine predominante dell’uomo che si è imposto nella modernità: se nel pensiero umanista l’essere umano è concepito come libero, capace di iniziativa e di apportare il cambiamento con la ragione, inserito in un flusso temporale costante che lo rivolge verso il progresso e la certezza di un futuro migliore, nell’ottica strutturalista è invece interpretato come profondamente determinato da elementi esterni e latenti in un contesto in cui le sue azioni si traducono nella continua riproduzione della realtà, ordinata, senza tempo e uguale a se stessa.
L’apporto specifico di Althusser alla critica antiumanista è di fondamentale importanza, tanto per la sua capacità di contribuire in maniera feconda alla riflessione strutturalista, quanto per quella di aggiornare il pensiero neomarxista di Gramsci e Lukács al contesto del dopoguerra e del pieno sviluppo della società fordista.
In primo luogo, l’obiettivo dichiarato di Althusser era quello di confutare la concezione del marxismo umanista secondo cui il pensiero dell’autore de Il Manifesto vada interpretato come una dottrina politica della libertà in cui viene enfatizzato il ruolo attivo e creativo di donne e uomini nel cambiare il mondo e rompere le catene dell’oppressione dello sfruttamento capitalista.
Secondo Althusser la teoria marxista è innanzi tutto una analisi scientifica della fase di dominazione capitalistica e non un pamphlet moralizzante. In quest’ottica, l’oggettività dell’impresa scientifica richiede uno studio rigoroso del sistema capitalistico e della società borghese, avulso da ogni forma di ideologia, soprattutto quella umanista. Porre al centro l’essere umano, e attribuirgli caratteristiche innate di razionalità, autonomia e coscienza, come fa la filosofia umanista, è una grave distorsione che impedisce una lettura della realtà estranea agli interessi di parte.
L’antiumanismo teoretico di Althusser è dunque innanzitutto questo: l’invito a studiare la realtà sociale considerando l’essere umano come uno degli elementi che la caratterizzano ma non come il centro da cui dipende tutto, il deus ex machina che ordina il mondo.
Seguendo la scia di Spinoza, Althusser riconduce alla categoria di ideologia anche il soggetto stesso, interpretato come una illusione del tutto immaginaria. Il Marx del Capitale, secondo Althusser, si libera dell’umanesimo e di un modo di filosofare incentrato sul soggetto per ridurlo, alla stregua di Spinoza, a mera ideologia che come tale deve essere espulsa da ogni teorizzazione scientifica. Questo sforzo è ravvisato da Althusser negli scritti di Marx dal 1845 in poi in cui il filosofo tedesco «rifiutando l’essenza dell’uomo come fondamento teorico […] bandisce le categorie filosofiche di soggetto, empirismo, essenza ideale ecc. da tutti i campi in cui regnavano» e, riconducendo l’umanesimo alla sua funzione pratica di ideologia, apre la strada a una conoscenza scientifica del mondo umano.
Spostare l’attenzione dagli uomini o gruppi sociali, per concentrarsi sui già dati rapporti di produzione che distribuiscono meccanicamente i ruoli e le funzioni che gli uomini ricoprono nella loro vita quotidiana, implica ripensare non solo la centralità del soggetto ma anche smantellare i presupposti di coscienza e autonomia che gli sono sempre stati attribuiti.
La libertà in questo frangente va vista come è una condizione di possibilità del sistema, non come una attribuzione o una caratteristica posseduta intrinsecamente dagli esseri umani. Questi ultimi, o le classi sociali nelle quali sono inseriti, non sono i soggetti della storia ma semplicemente dei portatori o supporti (Träger) dei rapporti di produzione. Fra le più importanti conseguenze di questa interpretazione sta una visione dell’individuo che, contrariamente a qualsiasi concezione filosofica legata all’umanismo, sia essa di matrice illuminista che socialista, non ha alcun peso nel determinare la storia, ma si limita semplicemente a riprodurre il compito che gli viene assegnato. Il cambiamento sociale, la rivoluzione non ha a che fare con l’azione illuminata di alcuni soggetti ma è una mera possibilità, peraltro intrinsecamente aleatoria, derivante da particolari e favorevoli situazioni strutturali come quella della Russia degli inizi del Novecento. Se il motore della storia è la lotta di classe, quest’ultima non ha nulla a che fare con la libera iniziativa degli individui che acquisiscono coscienza della loro condizione, piuttosto è l’esito dell’influenza reciproca fra le varie sfere della società all’interno della struttura. Non essendo il demiurgo della storia ma piuttosto subendone gli avvenimenti, l’essere umano subisce un radicale decentramento rispetto al centro della conoscenza e della realtà, ruolo al quale l’umanismo lo aveva eretto.
Ma questo “antiumanismo teoretico”, pur decentrando in maniera radicale e riducendo a mero meccanismo l’essere umano e rifiutando di considerarlo l’unità di analisi privilegiata di qualsiasi discorso scientifico, non rompe in maniera decisiva con il progetto illuminista e modernista di una conoscenza oggettiva che si erga a baluardo nei confronti di tutti i tentativi mistificativi delle forme di oscurantismo ideologico che riproducono le disuguaglianze sociali.
Certo, come ammette lo stesso Althusser, non è facile essere marxisti in filosofia, non è facile armonizzare la contrapposizione fra il pensiero scientifico e quello ideologico, ma è da questa distinzione che occorre partire per evitare che la critica al positivismo, all’umanesimo, allo storicismo, al razionalismo cartesiano non si riduca a mero nichilismo. Solo una critica teoretica, rivolta ai fondamenti della concezione umanista della filosofia occidentale, può, mettendo da parte ogni connotazione moralista, far comprendere quale è il posto dell’uomo nel mondo: ciò significa a un tempo rimarcare la sua mancanza di libertà rispetto alle regole strutturali che lo avvolgono ma, allo stesso tempo, permette di liberarlo dalla fallacia ideologica nel quale è stato rilegato dalla concezione umanista.
Sebbene ad oggi l’enfasi posta da Althusser sulle forme di dominazione a cui si deve piegare l’uomo, incapace di generare cambiamento in quanto inserito in ruoli che ripete all’infinito, appaia eccessiva e troppo sminuente nei confronti della capacità dell’uomo di promuovere il cambiamento, non deve sfuggire l’intento di Althusser che non è tanto quello di negare la possibilità che l’essere umano apporti un contributo per determinare la sua liberazione, quanto quello di liberare l’uomo dalla presunzione di pensare di essere al centro dell’universo. L’idea borghese dell’uomo così come teorizzata da Cartesio fino a Kant, come vedremo quando Althusser ci parlerà degli Apparati Ideologici di Stato, è un meccanismo di dominazione perché nel farci credere di essere soggetti liberi e già autonomi, distrugge lo spirito critico e rende docili: immaginandosi come soggetti già intrinsecamente votati alla libertà, diventa meno lucida la nostra capacità di comprendere che in realtà siamo assoggettati a una forma di dominazione sottile che facendoci credere di essere liberi, genera in realtà consenso e riproduce lo status quo.
Ecco allora che appare chiaro l’obiettivo di Althusser: resistere all’umanesimo in quanto strumento ideologico funzionale al capitale, analizzare il capitalismo per quello che è, ovvero un sistema di sfruttamento, non dovuto alla “cattiveria” della classe dominante, ma legato a elementi strutturali come la proprietà dei mezzi di produzione e la presenza di rapporti di produzione. Solo rimanendo ancorati all’analisi scientifica ci si può permettere di sfuggire alla trappola ideologica di considerare l’uomo come razionale demiurgo della propria libertà e si può aprire le strade al vero cambiamento sistemico.
[Continua nei prossimi giorni]
Immagine di Mrstrimming (dettaglio) da Wikimedia Commons
Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all’arte in tutte le sue forme.