Clint Eastwood ha appena compiuto 90 anni, ma il suo status di venerato maestro del cinema d’autore se lo è dovuto “sudare” con il tempo e con tanto lavoro. I primi anni 2000 secondo me sono stati i suoi anni migliori da regista. Semplicemente non ha sbagliato un colpo.Dal 2004 al 2008 sono arrivati film come Million Dollar Baby, Flags of our fathers, Lettere da Iwo Jima, Changeling e Gran Torino. Già negli anni 90, con Un mondo perfetto e Gli spietati, si intradeva che Clint voleva affermarsi con film classici senza fronzoli, effetti speciali. Il suo cinema va dritto al cuore. Per questo Clint ha il suo pubblico (me compreso).
Ma senza la sperimentazione di questo capolavoro del cinema contemporaneo, “Mystic River” (2003), probabilmente non ci sarebbero stati i film successivi. Clint Eastwood, nonostante la sua fama, dovette durare molta fatica per fare questo film. Nessuna casa di produzione voleva fare un progetto su un romanzo così difficile. Clint credeva fortemente in questa storia scritta da Dennis Lehane (che compare pochi secondi nella scena finale della “parata” su una decappottabile). Il suo romanzo gli era piaciuto tantissimo e credeva che fosse molto cinematografico. Cosa che anch’io da lettore posso confermare.
Alla fine la Warner Bros si fece avanti (dagli anni ’90 Eastwood ha un contratto quasi di esclusiva con la major), ma pretese un forte contenimento dei costi (appena 30 milioni di dollari). Innanzitutto i braccini corti di casa Warner volevano girare in Canada e non a Boston (ambientazione del romanzo di Lehane) per abbassare le spese. Clint arrivò perfino a lavorare al minimo salariale componendo lui stesso la colonna sonora con il figlio Kyle. Inoltre la voce narrante che sentite nel trailer originale è la sua. Decise di girare la storia a Boston con lo stesso cast tecnico di “Debito di sangue” per mantenere la storia credibile, accorciando la durata delle riprese a soli 39 giorni. Un record vista la cura maniacale del film.
Si assicurò così i migliori attori in circolazione: Sean Penn, Tim Robbins, oltre a comprimari di lusso come Eli Wallach (Tuco de “Il buono, il brutto e il cattivo” che appare nel ruolo del proprietario di un negozio di liquori), Laura Linney e Marcia Gay Harden (Into the wild). Il ruolo, che poi andò a Kevin Bacon, era inizialmente di Michael Keaton. Un forte litigio tra il regista e l’attore di Birdman portò a questa sostituzione. Laurence Fishburne (Matrix) sostituì in corsa Forest Withaker (che Clint conosceva bene, visto che lo aveva già diretto in “Bird”).
Il regista pretese una concentrazione e una preparazione di altissimo livello. In pratica tutti arrivavano sul set e con pochi ciak giravano le scene. È risaputo nel mondo del cinema che Clint è un regista da “buona la prima”. Eastwood non ha mai amato troppo le prove collettive, ma segretamente gli attori si ritrovavano in albergo per trovare il giusto affiatamento.
Queste prove però mostrano quanto questo film era complesso. Kevin Bacon passò del tempo nella polizia di Boston per entrare nel personaggio, Sean Penn si calò in maniera mimetica nella parte, così come il memorabile Tim Robbins.
La storia è molto articolata, è un’ambigua opera di strada e vanta prevalentemente quattro protagonisti: oltre ai tre amici di cui vi parlerò, c’è il fiume Mystic che taglia in due la città di Boston. Ecco perché Clint volle girare lì: l’ambientazione è il punto forte della storia. La Warner non ci aveva capito molto.
Questo fiume è piuttosto misterioso e cupo perché “lava” le coscienze dei suoi abitanti, invischiati nei retaggi di un passato irreparabile che li ha cambiati in maniera netta. Un classico personaggio che Clint Eastwood non poteva che afferrare al volo visto che nelle sue storie la morale conta sempre tantissimo. Le immagini iniziali del letto d’acqua nero, sono inquietanti e dicono tutto sul malessere che pervade un’intera città, una generazione, l’umanità. Sono l’oscuro presagio del ruolo che il fiume avrà verso la fine. E’ sempre ripreso dall’alto dall’aereo, oppure con l’utilizzo del dolly (in puro stile Sergio Leone) per le strade dei quartieri periferici di Boston. Questo parallelismo è necessario per far capire il rapporto tra il fiume e gli abitanti del quartiere.
Siamo negli anni Sessanta (nel libro nel 1975), in un quartiere operaio di Boston dove in tempi rapidi tutto è cambiato. La speculazione ha fatto sì che i prezzi delle case del quartiere Flats aumentassero a dismisura. Eastwood, in due sequenze e poche battute, riesce a mettere in scena un macigno morale su cui poggerà tutto lo sviluppo del film. Ne viene fuori un flusso continuo di violenza e commozione che porterà inevitabili strascichi.
Ci sono 3 adolescenti, tre amici che passano il tempo giocando a hockey per strada o facendo piccoli atti di vandalismo. Si chiamano Sean, Dave e Jimmy. Decidono di scrivere il loro nome sul cemento fresco di un marciapiede, in modo tale che rimanga impresso.
La grandezza di Clint sta proprio in questo dettaglio che tornerà utile nell’epilogo. Proprio mentre Dave sta terminando di scrivere il suo nome, due poliziotti li ammoniscono. Constatando la natura quieta di Dave, lo fanno salire a bordo di una macchina.
Solo dopo si scoprirà che non sono poliziotti, ma due pedofili. C’è un piccolo dettaglio molto importante: quando Dave entra nell’auto, uno dei due uomini gli mostra un anello del clero. Nel libro non c’è questo particolare. Eastwood lo aggiunse perché nel 2003 a Boston stava scoppiando la piaga della pedofilia nella Chiesa, come testimoniato dal film “Il caso Spotlight”.
Dave riesce a scappare dai due pedofili dopo esser stato violentato, ma tornerà profondamente cambiato.Schermo nero.
25 anni dopo le vite dei tre hanno preso binari diversi. Dave (Tim Robbins de “Le ali della libertà”), semidisoccupato, vive sempre nel solito quartiere, si è sposato con Celeste (Marcia Gay Harden di “Into the wild”) e ha un figlio Michael. Sean (Kevin Bacon) è un poliziotto della scientifica, ma è stato abbandonato da una moglie misteriosa che non gli parla mai. Con lei ha avuto anche una figlia che vive con la donna. E poi c’è Jimmy (uno strepitoso Sean Penn) che è il proprietario di uno spaccio di alimentari e generi di prima necessità. Si è lasciato alle spalle una lunga attività criminale e qualche anno di prigione. Quest’ultimo ha 3 figlie: due dall’attuale moglie Annabeth (Laura Linney), mentre la diciannovenne Katie, la ebbe dalla prima moglie ormai morta. Jimmy per amore di lei e di Katie, smise di fare il gangster. Ma il passato tornerà a bussare alle loro porte.
Katie,19 anni, sta per partire per Las Vegas perché vuole sposarsi segretamente con Brendan Harris. Un amore, come dice Lehane nel libro, “come una canzone di Bruce Springsteen, tipo Born to run o Two Hearts”. Katie sa però che il padre è ostico perchè odia gli Harris per via di una vecchia storia con il padre soprannominato “Solo” Ray (nel libro invece la traduzione italiana è Ray e basta). La sera prima di partire, però viene assassinata in maniera inspiegabile. La vita dei tre ex amici viene di nuovo scombussolata: Jimmy vuole giustizia ed esige la verità, a Sean tocca risolvere il caso (insieme a Withey Powers/ Laurence Fishburne). Mentre Dave finisce per diventare uno dei testimoni chiave: ha visto Katie la sera dell’omicidio prima che venisse uccisa. E poi ci sono i timori, le paure della moglie Celeste sul marito Dave. Proprio la notte dell’omicidio, era tornato a casa inzuppato di sangue. Il detective Powers sospetta di Dave, ma Sean, conoscendolo, non lo vede a compiere atti di quel tipo.
Detta così sembra banale, ma vi posso assicurare che è molto difficile intuire l’identità dell’assassino. Tuttavia la cosa più raggelante è il movente dell’omicidio. Ma tutto torna se sapete ascoltare e osservare bene.
Un’opera dalle forti tinte tragiche dove la cupa fotografia (Tom Stern, fido collaboratore di Eastwood) contribuisce a rendere l’idea di un’umanità inquietante, fredda e violenta. Il male è fra di noi ed è impossibile da sconfiggere. Dobbiamo imparare a conviverci, ci dice Clint. La continua alternanza di luci e ombre dà spessore al racconto, i colori dominanti sono il blu (delle acque e degli interni), il bianco asettico degli interni della stazione di polizia, il nero (il male che tinge le acque del Mystic). Ma ovviamente c’è il rosso sangue e il verde del bosco dove viene ritrovata Katie.
La società descritta è subdola e ipocrita, incapace di essere vera e soprattutto sincera. Altrimenti non ci sarebbe stato il fiume a lavare le coscienze. Questo film è impressionante perché è un thriller psicologico vecchio stampo dal ritmo perfetto, una continua altalena di emozioni tra il purgatorio e l’inferno (il paradiso non esiste per Clint, a quanto sembra).
Grandissimo merito va all’impareggiabile maestria tecnica di Clint Eastwood, che riesce con poche inquadrature e poche battute a far capire i difficili concetti, e ai tre attori principali.
Kevin Bacon ha il ruolo meno evidente, ma essendo entrato in corsa ha grandi meriti. Impossibile non rimanere impressionati dalle performance di Tim Robbins e Sean Penn: il primo, introverso e stravolto dall’esperienza della pedofilia, è particolarmente credibile perché sottolinea la duplicità di sé stesso. Crede di dover fuggire da quella persona che è diventato, ma non sempre ci riesce. A fargli da contraltare, c’è un immenso Sean Penn, un gangster estroverso e risoluto che ha focalizzato il dolore sul suo corpo (“se la tensione si localizza alle spalle, è la prigione” – dice Whitey al collega Sean). Emblematica in tal senso la scena in cui scopre che gli hanno ucciso la figlia. Il lancinante urlo di dolore è un’autentica e maestosa lezione di recitazione (la potete gustare qui). Per amplificare l’effetto, l’attore chiese addirittura una bombola di ossigeno. Calarsi perfettamente nella parte per rispetto dello spettatore e per dedizione al proprio lavoro. Non a caso i due attori sono stati premiati con l’Oscar.
Rimane però l’ultimo motivo per cui il film “Mystic River” si può dire un capolavoro alla pari del romanzo: solo Eastwood con poche immagini è riuscito a scuotere le coscienze degli spettatori facendo capire le conseguenze della pedofilia su bambini e adolescenti. L’immagine di Dave che viene portato via con l’auto rimane impressa. Quando lo vidi per la prima volta, mi ero talmente immedesimato che mi sembrava di essere sull’auto. La mia teoria è confermata quando, diversi anni dopo il fatto, Sean dice a Jimmy: “Su quell’auto ci siamo saliti tutti e tre”. Tutti sono stati vittime, ma anche carnefici in modo diverso.
Jimmy, Sean e Dave si sono progressivamente trasformati nei mostri da cui hanno cercato di nascondersi o sfuggire per tutta la vita.
Non bastano i finti festeggiamenti della parata finale del 4 luglio (festa dell’indipendenza americana) per eliminare le tracce del passato e le cicatrici dell’America. Solo un maestro come Clint Eastwood poteva mostrarcelo in maniera così lampante.
Fonti: Mymovies.it, movieplayer, cinematographe, storiadeifilm.it
MYSTIC RIVER *****
(USA 2003)
Genere: Drammatico, Thriller
Regia: Clint Eastwood
Fotografia: Tom Stern
Sceneggiatura: Brian Hegeland
Musiche: Kyle e Clint Eastwood
Cast: Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon, Laurence Fishburne, Laura Linney, Eli Wallach, Marcia Gay Harden, Tom Guiry, Emmy Rossum
Durata: 2h e 17 minuti
Prodotto e distribuito da Warner Bros
Trailer Italiano qui
Vincitore di due premi Oscar 2003: Miglior Attore Non Protagonista (Tim Robbins) e Miglior Attore Protagonista (Sean Penn)
Budget: 30 milioni di dollari
La frase: A volte penso che ci siamo saliti tutti e tre su quella macchina
Regia ***** Interpretazioni ***** Musiche **** Fotografia ***** Sceneggiatura *****
Immagine da www.cubemagazine.it
Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant’altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.